Venerdì sciopereranno piloti e assistenti di volo di Ryanair in Italia, mercoledì 20 dicembre seguiranno i colleghi irlandesi e tedeschi. La società ha scritto una dura lettera ai dipendenti minacciando sanzioni se aderiranno allo sciopero: nel mondo prima della globalizzazione si sarebbe definito un comportamento antisindacale, e dovrebbe essere contrastato come tale. Nelle settimane scorse accese controversie sindacali hanno investito anche Amazon, nel suo centro di smistamento di Piacenza, e Ikea, l’azienda “verde” e amica dei consumatori che ha licenziato una lavoratrice madre di un disabile.
Intanto Facebook ha rotto il fronte delle grandi aziende Itc e ha accettato di aprire una stabile organizzazione nei paesi in cui opera, riconoscendo che un po’ di tasse dovrà pur pagarle. Un risultato che segue evidentemente la decisione di alcuni grandi paesi europei, Italia in testa, di incominciare a tassarne i ricavi nel proprio paese senza tanti complimenti. Apple ha riconosciuto la sanzione inflitta dalle autorità europee di concorrenza (un doppio urrah per il Commissario europeo Vestager), versando al governo irlandese (che non li voleva) 13 miliardi di imposte non pagate.
Insomma, sta venendo al pettine il nodo intricatissimo della globalizzazione che consente di saltare tutte le regole, sindacali, fiscali, ambientali e quant’altro. Gli Stati e ancor meglio l’Unione europea stanno dimostrando che, pur che si voglia, queste imprese possono essere ricondotte a rispettare i loro doveri di corporate citizens. Non aiuta il fatto che alcuni paradisi fiscali e legali siano costituiti proprio da paesi dell’Unione – ma anche loro possono essere ricondotti alla ragione, come mostra il caso irlandese.
FONTE: Inpiu.net
°° L’autore è il Direttore generale di Assonime