La guerra in Ucraina potrebbe essere agli sgoccioli e per un motivo fondamentale: Kiev ha ricevuto tutti gli aiuti che poteva avere, sia da parte europea e, soprattutto, da parte americana e, poiché la sua controffensiva non ha dato i risultati sperati, sul terreno si è allo stallo, quindi, non resta che mettersi a un tavolo e cercare di disegnare un compromesso che vada bene a entrambe le parti.
È questa la conclusione del ragionamento di Alessandro Politi, direttore della NATO Defense College Foundation, l’unico centro di ricerca non governativo riconosciuto NATO, docente di geopolitica, geoeconomia ed intelligence presso la SIOI, la scuola che prepara alla diplomazia, docente di gestione di conflitto, crisi, pacificazione ed analisi presso istituti di formazione governativi, Consigliere di tre ministri della Difesa italiani e di uno greco.
Per quanto riguarda le diplomazie, l’ultimo summit, quello di Gedda in Arabia Saudita, tenutosi lo scorso weekend, ha messo insieme 40 Paesi, Cina compresa, e nonostante alcune divergenze, tutti si sono impegnati a partire nei colloqui di pace dall’integrità del territorio ucraino, nel rispetto della Carta delle Nazioni Unite, del diritto internazionale e dei principi di sovranità.
Sempre a Gedda è stata portata la proposta di pace redatta da Zelensky che include il ritiro delle truppe russe da tutta l’Ucraina, un tribunale internazionale per perseguire i crimini di guerra russi e garanzie di sicurezza internazionali per il Paese. Il prossimo passo sarà l’incontro di Putin e di Erdogan in Turchia entro la fine del mese.
Per quel che riguarda lo stallo militare, gli ucraini lo raccontano agli inviati dei giornali in maniera chiara: i nemici si sono trincerati benissimo. I loro campi minati si allungano sino alle periferie delle città più colpite, i russi hanno scavato un sistema formidabile di trincee, poi ancora meglio protetti ci sono i bunker con le artiglierie, i lanciarazzi e i tank interrati in ripari di cemento armato profondi anche tre piani, con i posti comando che guidano i droni. Insomma, questa prima fase della controffensiva non sta funzionando mentre gli osservatori occidentali rilevano la crescita esponenziale dei soldati morti o feriti: si parla di ormai 25.000 invalidi ucraini, la maggioranza con le gambe recise o comunque menomate dalle mine.
Questo è il quadro dal quale parte la conversazione con Politi.
“Sì, la guerra si è impantanata. La controffensiva ucraina fa progressi marginali mentre i russi hanno fatto uno sfondamento importante a nord est. Alla fine, il fronte si è stabilizzato. È accaduto anche perché è vero che gli ucraini hanno ricevuto molte armi, ma è altrettanto vero che spesso esse sono obsolete. A essere onesti, più di un Paese ha colto l’occasione per fare pulizia nei suoi arsenali inviando a Kiev le armi più vecchie per ricomprarne nuove e più performanti. È vero che ai soldati ucraini tutto va bene, ma se si deve prendere più tempo per addestrarsi, perciò le controffensive languono”.
Questo dovrebbe far supporre che la guerra continui all’infinito…
“No. Al contrario è possibile che siamo agli sgoccioli. La guerra non può continuare. Gli europei hanno dato il massimo di quello che avevano, gli americani tutto quello che potevano dare per indebolirsi di fronte al rischio più grosso, la Cina. Quanto però durano gli sgoccioli e quanto saranno crudeli, non lo possiamo dire”.
Se siamo agli sgoccioli della guerra si deve intravvedere un punto di partenza per arrivare alla pace. E quale sarà?
“Questo è punto spinosissimo. In un mondo ideale dovremmo arrivare perlomeno alla situazione 2014; con la Crimea e il Donbass che restano temporaneamente alla Russia che potrebbe inoltre convincersi di aver impedito a Ucraina di entrare nella Nato”.
Poco da punto di vista degli ucraini: non sembra una vittoria totale della Russia?
“No. Putin, non dimentichiamolo, voleva far cadere Zelensky e disarmare il paese. Per “denazificarlo”, secondo le sue parole, che tradotto significava metterlo sotto l’orbita di Mosca. Questo obiettivo è chiaramente fallito”.
E che cosa avrebbero guadagnato gli ucraini? Non entrano nella NATO e nemmeno nella Ue. E perderebbero in questa visione una fetta di territorio…
“Gli ucraini hanno dimostrato di essere tutt’altro che un paese finto. Hanno costretto Putin e il resto del mondo a riconoscerli come uno Stato vero e sono diventati un punto di riferimento per un’area geopolitica importante. Insomma, il futuro è dalla loro parte, dovrebbero esserne consapevoli. Partire dal 2014 non vuol dire cedere territorio, vuol dire essere diventato un interlocutore vero per l’ingombrante vicino. Se gli accordi di Minsk sono falliti è anche perché l’Ucraina è stata considerata da Mosca solo un pedone della Nato e non uno Stato con il quale fare i conti da pari a pari”.
Perché la diplomazia è stata, ma forse lo è ancora, così lenta?
“L’Europa sulla Russia e sulla Ucraina, nonostante le apparenze, non fa fronte comune: la prima divisione è fra chi vuole Kiev ‘santa subito’ e chi no. La seconda è tra chi vuole la disfatta russa e chi no. I primi al momento sono i più visibili, mentre la Germania, che dovrebbe essere al timone degli europei, non si capisce cosa voglia. Sembra al traino di interessi che non sono né nazionali, né europei, né del bene comune mondiale. Un vero problema, anzi un pericolo”.
Polonia e Paesi Baltici, lanciano allarmi su presunti attacchi russi ai loro confini. Non potrebbero spingere a un allargamento del conflitto?
“Il loro scopo è probabilmente di acuire la crisi, ma non accadrà, Biden e gli americani sono stati chiari: la guerra in Europa si limita all’Ucraina, la Cina è l’avversario principale”.