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Russia, l’ammiraglia di Putin affonda in fiamme nel Mar Nero: Kiev rivendica il colpo, i russi negano

FIRSTonline

L’incrociatore Moskva, orgoglio della Marina Russa e simbolo della riscossa di Mosca dopo il disfacimento dell’Urss, si è incendiato ed è affondato nel Mar Nero. Gli ucraini rivendicano il colpo come un successo attribuendolo a un loro missile ma i russi negano e sostengono che l’incendio e l’affondamento della nave è stato dovuto a un problema tecnico legato alle munizioni a bordo. Gli americani non confermano né smentiscono le versioni, ma tutti concordano sul fatto che l’affondamento dell’ammiraglia russa sia uno smacco non solo simbolico per lo zar Vladimir Putin, che può avere conseguenze pratiche ed immediate sulla guerra tra Russia e Ucraina e forse segnare un’altra svolta.

L’affondamento dell’ammiraglia russa può aiutare la controffensiva ucraina

“Senza la protezione dei suoi missili e dei suoi radar – scrive stamattina la Repubblica – la flotta da sbarco russa che fin dall’inizio dell’invasione ha minacciato Odessa diventa imbelle e per i generali di Mosca si dissolve ogni possibilità di aprire un altro fronte”.

Non solo: secondo il quotidiano romano, ora da Odessa può partire la controffensiva dell’Ucraina, perché i reparti destinati a proteggere la città possono spostarsi e mettere in crisi i piani del Cremlino. Non a caso nei comandi militari russi sembrerebbe guadagnare terreno l’ipotesi di rinviare all’estate la battaglia finale sul Donbass, permettendo così alle truppe di Mosca di riorganizzarsi e di preparare meglio l’attacco decisivo.

L’affondamento dell’incrociatore russo, le sue cause e i suoi effetti

La dinamica dell’incendio e poi del clamoroso affondamento dell’incrociatore russo non è del tutto chiara e le sue cause restano oggetto di polemica tra Mosca e Kiev, ma il valore emblematico della novità del cinquantesimo giorno del conflitto non sfugge a nessuno: nemmeno a Putin, che è ancora alla ricerca di trofei da esibire nella parata militare del 9 maggio, ma che forse si sta rendendo conto di essersi infilato in un tunnel che comincia ad assomigliare a quelli lunghissimi della Siria e dell’Afghanistan e che certamente non contribuisce a migliorare l’umore né dello zar né delle sue truppe.

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