Alla fine, 23 a 21 può sembrare un buon risultato. In realtà, i punti che mancano dal nostro storico spread con i cugini francesi sono da imputarsi a uno e uno solo elemento: la spocchiosa inesperienza francese. Che, comunque, ha portato a casa il risultato. L’ha fatto in maniera brutta, con tanti aiuti arbitrali, troppi – ancora una volta – ma l’ha fatto.
A partita vista, però, le cose, come sempre, sono tanto più complicate. La partita andava vinta, punto. Abbiamo avuto tante occasioni nel primo tempo, mai sfruttate fino in fondo per mancanza di un fondamentale di questo sport: il sostegno al possesso. Mai più di un giocatore andava in aiuto dei tanti break creati dai vari Campagnaro, Sarto e Canna. Dal secondo tempo i francesi si sono dati un po’ più d’ordine e con un’azione una hanno portato a casa un risultato, se pur – lo si deve ripetere – beffardo e bugiardo.
Tra le note, poche, positive degli azzurri i soliti giovani noti – quelli citati prima –, il gran bel lavoro di Biagi e una bella scoperta all’ala con Bellini. Lode, come sempre, a capitan Parisse, vero timoniere esperto e d’immenso valore di un vascello, ahinoi, allo sbaraglio. Premiato miglior giocatore del Top14 francese, campionato in cui milita come capitano – anche lì – allo Stade Francais di Parigi da due lustri, si è imposto come fa il vecchio zio che torna per le feste dall’America. Forte di esperienza estranea sia a chi l’ha adottato sia a chi è rimasto in patria. Tante, tra l’altro, le critiche arrivategli da tifosi e tecnologhi in merito al suo drop allo scadere. In un post su facebook del tardo pomeriggio di domenica ha sipegato anche quello, da grande campione quale è: “sicuramente con il senno del poi è facile pensare che si potevano ricercare altre soluzioni, personalmente ho sempre preferito assumermi i rischi di una scelta”.
Per dare un giudizio super partes sul match, si è visto un gioco sfilacciato e disorganizzato ambo i lati, per una partita brutta e tecnicamente molto indietro da quello che ci si dovrebbe aspettare da un incontro del Sei Nazioni.
Scozia vs Inghilterra
I presupposti c’erano tutti e le aspettative non sono state deluse. Partita emozionante, veloce, con tanti capovolgimenti di fronte con sorpassi e controsorpassi. L’ha spuntata l’Inghilterra, 15-9, a testimoniare la vicinanza tra le due formazioni. Anche qui, una squadra nuova contro una meglio rodata e, anche qui, quella nuova porta a casa il risultato. Lo fa, anche qui, in modo sfilacciato e disordinato ma, a differenza delle Francia, è più solida e incredibilmente precisa in difesa e nei punti d’incontro – sopperendo verso la fine anche a gravi mancanze in touche e mischia.
La Scozia lascia tutti un po’ con l’amaro in bocca – molto più di quanto abbia fatto l’Italia con i suoi tifosi. Occasione mancata, infatti, non solo sulla carta quanto piuttosto su quello che ha fatto vedere in campo. Soprattutto tra il 20esimo del primo tempo e il 60esimo del secondo, gli highlanders hanno collezionato molti break arrivando per ben tre volte sui 5 metri inglesi, senza mai capitalizzare a meta. Questo ha pesato, oltre che sul mero risultato, sulla self confidence delle cornamuse. Infatti, nell’ultimo quarto d’ora si è vista una sequenza di attacchi sterili, agilmente respinti da Hartley e compagni.
La cura Eddie Jones funziona, a quanto pare. Viste le forze in campo, gli inglesi non avranno grossi problemi con Italia e Francia. Altra storia con le ben più solide compagini irlandese e gallese.
Irlanda vs Galles
Appunto, lo avevamo detto. Il pareggio 16-16 tra i dragoni e i folletti a Dublino meglio non poteva rendere l’algebrica eguaglianza tra le due migliori formazioni dell’Emisfero Nord. C’è veramente poco da dire su questa partita. Impeccabile tecnicamente da ambo le parti, ricca di impatti spregevoli dell’umanità di chi li crea. Placcaggi ai limiti delle regole, talvolta oltre. Organizzazioni difensive che non si facevano trovare impensierite nemmeno dopo 28 fasi ad alto ritmo. Invenzioni offensive all’avanguardia che, però, mai sono riuscite a portare fino in fondo l’ovale – se non due volte, una per parte, quando proprio fermare l’abbrivio sarebbe stato impossibile.
Si è giocato fino all’85esimo, quando il mediano irlandese Murray ha coscientemente deciso di mettere fine alle fatiche – sue, dei compagni e degli avversari. Una decisione, seppur legittima e forzata dall’azione e dalla fatica, che è costata un milione di euro. Già, perché il milione in più in palio per il vincitore con Grand Slam del Sei Nazioni non potrà più spettare né a Irlanda né a Galles. Rimangono in corsa Inghilterra e Francia che, però, difficilmente riusciranno a correggere in corsa la direzione del loro gioco – troppo indietro rispetto a queste due regine ovali.