All’Olimpico l’atmosfera è quella uscita dal San Denis prima e dal Millennium Stadium poi. L’underdog, la svantaggiata, pare poter capovolgere le aspettative e aggiudicarsi un risultato storico. Anche qui la costante è l’equilibrio tra le compagini, entrambe nuove e da rodare. Tra le due, però, è l’Inghilterra quella più impacciata e che mal gestisce il minor possesso concessogli. A dispetto di ciò, comunque, le rose rosse riescono a portare in meta un’azione nata da fase statica.
Gli azzurri, al contrario, paiono ben organizzati e ben si fanno guidare da un Canna (il nostro playmaker n.10) ispirato e che ha tutte le intuizioni giuste. Sbaglia qualcosa nel compimento delle idee che, però, sono quel tipo di idee che se riesci a realizzare ti cambiano la giornata. I primi 40 si fermano sul 9 a 11 per gli inglesi, dalle cui facce traspare una sensibile preoccupazione per un pomeriggio che proprio non sta girando come si era prefigurati.
I sogni, però, sono tali perché solo poche volte si realizzano. Per il primo quarto d’ora del secondo tempo il risultato non si è mosso, poi non sfruttiamo l’occasione di andare sopra e infine commettiamo un errore imperdonabile nei nostri 22m che ci costa una meta d’intercetto. Da lì comincia la discesa inglese e la più faticosa salita per gli azzurri, che non si riprendono più.
Finalmente, il match si chiude sul 9 a 40 per gli ospiti, che cominciano ad avere ben oliati gli ingranaggi di questa macchina nuova. Condotta magistrale dell’impeccabile Eddie Jones che non sbaglia nulla, candidando questa Inghilterra a grandi risultati futuri.
FRANCIA VS IRLANDA
Sulla carta non ci sarebbe dovuta essere storia. Sul campo influiscono tante variabili. Su tutte, il fattore casa: la Francia, dopotutto, gioca di nuovo allo Stade de France, stavolta ben riempito dai francesi che non sembrano essere più influenzati dalle minacce terroristiche. In secondo luogo, la pioggia parigina va a limare il distacco tecnico tra le due compagini, permettendo ai francesi di rimanere meglio ancorati alle altrimenti inarrivabili abilità nel gioco aperto dei folletti irlandesi.
Tutto il primo tempo, perciò, scorre in un quasi completo equilibrio. L’Irlanda detiene la quasi totalità del possesso palla, questo si, ma non riesce nel monetizzarlo al meglio, raccogliendo solo nove punti. Tutti, tra l’altro, dal piede di un Sexton (apertura irlandese, fulcro dei verdi) più nervoso che mai – anche per i tanti colpi al limite che gli sono stati riservati dall’attentissima difesa galletta. Altra variabile, appunto, è proprio la cattiveria agonistica dei francesi, che ha fruttato nei primi quaranta minuti due sostituzioni irlandesi per infortunio e innumerevoli discese in campo del personale medico.
Per i primi 25 minuti del secondo tempo il tabellone non si muove e rimane costante anche il bollettino delle infermerie, soprattutto quella irlandese. Quattro minuti di mischia sotto i pali dei folletti portano a una meravigliosa meta dell’estremo francese Medard, grazie a una grande invenzione tattica dei mediani: mantenere il focus sui primi otto, lasciando pensare di stare lì a combattere a oltranza, per far uscire velocemente l’ovale e segnare in prima fase.
Nei restanti dieci minuti gli irlandesi non riescono a risalire il campo. La Francia porta a casa uno storico risultato per quelle che erano le premesse e si candida per la conquista del Grand Slam. L’Irlanda, al contrario, da campione in carica e massima favorita che era, si trova a dover fronteggiare una situazione che la vede quasi impossibilitata alla vittoria finale.
GALLES VS SCOZIA
Sulla carta non ci sarebbe dovuta essere storia. Sul campo influiscono tante variabili. Il prologo non cambia al Millennium Stadium di Cardiff dove i dragoni gallesi ospitano gli highlanders scozzesi. L’equilibrio, anche qui, è costante e viene rotto solo grazie a un clamoroso errore arbitrale che regala la prima meta del match a una comunque bella corsa del mediano gallese – frutto, però, di un fuorigioco ben visibile eppure non rilevato.
Immediatamente dopo, la Scozia comincia la sua sinfonia di cornamuse, stonando poco e infilando un multifase praticamente perfetto per la conclusione in meta dopo un calcio a scavalcare al limite dei cinque metri. La battaglia procede poi in prevalentemente in mischia e nei punti d’incontro – entrambe, fasi non sempre ben gestite dal direttore di gara. I primi quaranta, si chiudono con il vantaggio scozzese per 13 a 10, ottima sintesi delle cose viste in campo.
Il secondo tempo inizia di nuovo in equilibrio, rotto dal pareggio gallese e dal successivo sorpasso, sempre al piede, delle cornamuse. Al sessantacinquesimo un altro grossolano errore arbitrale in una mischia chiusa sotto i pali scozzesi, regala il sorpasso con la marcatura pesante per i gallesi. Cominciano a sorgere i dubbi sulla gestione di gara, se non per una non provata faziosità, quantomeno per una chiara e colpevole incompetenza – non perdonabile a questi livelli.
Cinque minuti dopo, l’ala North porta dietro i pali l’ovale passando la difesa scozzese – disorganizzata e demoralizzata – chiudendo definitivamente la partita e rendendo inutile anche la splendida mete in chiusura del centro scozzese. Finisce, 27 a 23 per i rossi, di cui i punti decisivi segnati tutti negli ultimi dieci minuti.
Un match su cui, però, rimane l’amaro in bocca per un’occasione mancata – l’ennesima – per la Scozia. Questa volta la colpa non può essere loro, per lo meno non può esserlo completamente, dato che le prime due mete gallesi – a rigor di regolamento – erano inesistenti.