La crisi delle grandi banche europee è costata ai bilanci pubblici del Vecchio Continente 221 miliardi di euro, pari a 1,2 volte il Pil della Grecia e non distante dai 240 miliardi del salvataggio di Atene. Se si considerano anche le iniezioni di capitale statali a beneficio delle Landesbank tedesche o delle Cajas spagnole, si va ben oltre il costo del bail-in della Grecia. E’ il quadro che emerge dallo studio sulle “Principali banche internazionali” di R&S Mediobanca che prende in esame 32 big bancari europei, oltre a 15 colossi del credito del Giappone, 13 statunitensi e quest’anno anche 10 cinesi. La crisi bancaria in Europa ha ridotto gli introiti statali da imposte nel periodo 2009-2014 di 87 miliardi di euro. A questi vanno aggiunti i 180 miliardi di euro di aumenti di capitale a favore delle banche in difficoltà usciti dalle casse pubbliche, da cui però vanno detratti i 46 miliardi di capitale restituito. La fattura finale per i bilanci pubblici europei raggiunge così 221 miliardi.
Negli Usa la crisi delle grandi banche, tra mancati introiti e maggiori esborsi, ha pesato invece per 142,5 miliardi di dollari. Washington ha sborsato 196 miliardi per ricapitalizzare le banche in difficoltà e ha dovuto fare a meno di 103 miliardi di imposte. Le banche Usa hanno però già restituito 157 miliardi alle casse federali e quindi la bolletta finale è di 142,5 miliardi di dollari. I costi della crisi bancaria europea per il contribuente peggiorano ulteriormente includendo il peso delle Landesbank tedesche che in sette anni hanno ricevuto dai soci (per lo più pubblici) 25,3 miliardi e delle casse di risparmio spagnole che hanno ceduto alla pubblica Sareb 39 miliardi netti di posizioni deteriorate. A differenza di quello di Atene i salvataggi bancari non hanno trovato opposizione né al Nord e né al Sud dell’Europa.