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Rossi, Bankitalia: “Serve lo sviluppo per conti in equilibrio”

FIRSTonline

E’ la via dello sviluppo quella che deve imboccare l’Italia se vuole ritrovare l’equilibrio finanziario nei propri conti. “Rilanciare lo sviluppo economico nel nostro paese, dopo oltre vent’anni di ristagno o di avanzamento troppo lento, – ha affermato Salvatore Rossi, direttore generale della Banca d’Italia nel suo intervento alla Giornata del Credito – è la priorità assoluta dell’intera società. Se la nazione non accumula più ricchezza alla fine declina, nonostante i talenti e le capacità che il mondo ci riconosce. Lo sviluppo deve essere armonico e sostenibile nel tempo, ma non può non esserci. Gli stessi equilibri finanziari del Paese possono essere ritrovati soltanto grazie a un maggiore sviluppo”

Ma rilanciare lo sviluppo non è un’operazione facile, “occorre modificare in profondità tratti caratteriali e scelte politiche della nostra comunità nazionale che affondano le radici nel passato anche remoto” prosegue Rossi.  Quali sono allora le scelte politiche e i tratti caratteriali che andrebbero modificati e in quali settori è più urgente intervenire. Rossi, nella sua analisi molto dettagliata, ne individua innanzitutto tre:  “il sistema d’istruzione, la capacità competitiva, il sistema finanziario. Non dobbiamo stancarci di dibattere questi temi, non dobbiamo avere diffidenze o paure per le parole. Se le parole sono giuste e convincenti, i fatti seguiranno”, afferma.

Scendendo più nel dettaglio, l’analisi di Rossi è divisa in più capitoli: sviluppo, competenza, competitività e credito. Soffermandosi solo su quest’ultimo – al centro della Giornata e del convegno – si legge che “si tratta di una componente storicamente importante in Italia, paese in cui le banche sono da sempre al centro del sistema finanziario. Ma da qualche anno andiamo riflettendo su quale sia la struttura finanziaria più adatta a sostenere il rilancio dello sviluppo economico dell’Italia”. Il tema è come finanziare l’innovazione, essenziale per la crescita partendo dal fatto che il sistema finanziario italiano è circa 4 volte il Pil, un valore molto inferiore a corrispettivi non solo inglese, ma anche francese o tedesco. Altro problema è l’incidenza del peso delle banche all’interno del sistema finanziario nel suo complesso. L’industria del Venture Capital per esempio è del tutto insufficiente alla domanda di capitale di rischio.  Di conseguenza, “l’autofinanziamento – osserva ancora Rossi – ha coperto il 90 per cento di questi investimenti, venti punti in più rispetto al 2012. L’aumento dei mezzi propri si è accompagnato alla flessione dei debiti bancari, il cui peso sul totale delle passività delle imprese è sceso dal 24 per cento del 2012 al 19 registrato nel 2017″.

Il problema si pone soprattutto per le startup posto che le aziende più consolidate possono ricorrere più facilmente all’equity per finanziare investimenti in tecnologia e innovazione. Negli ultimi anni ha preso maggiore spazio il ricorso all’emissione di obbligazioni per finanziare l’innovazione, specialmente da parte delle imprese più grandi e già quotate, ma “gli investitori istituzionali italiani detengono poche obbligazioni private e molti titoli pubblici nel confronto con gli altri maggiori paesi europei“. Si torna quindi al rilievo centrale delle banche che, avverte Rossi, “possono giocare un ruolo nel favorire una maggiore diffusione del finanziamento obbligazionario fra le imprese più piccole, in particolare nel collocamento e nella sottoscrizione iniziale dei titoli. Farebbero il loro stesso interesse ottenendo ricavi da commissioni che sono diventati nel frattempo interessanti e riequilibrerebbero un mercato ora dominato dalle banche estere”.

Per leggere il testo integrale dell’intervento di Salvatore Rossi clicca qui

 

 

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Categories: Economia e Imprese