Se per Gertrude Stein “una rosa è una è una rosa” a Gorizia una rosa è anche un ortaggio di colore rosso carico, brillante che sfuma verso il rosa o il rosso granato dal sapore intenso, appena amarognolo, croccante, una qualità di radicchio che per la sua caratteristica forma floreale prende il nome di Rosa di Gorizia.
Apprezzata fin dall’800, un tempo era coltivazione comune negli orti cittadini e nelle zone agricole poste alla periferia della città. La prima citazione ufficiale della Rosa di Gorizia compare in un trattato del Barone Carl von Czoernig-Czemhausena, “Gorizia – la Nizza austriaca” del 1873, dove viene definita come “cicoria rossastra”, coltivata nella piana tra Gorizia e Salcano e dal piacevole gusto.
La rosa di Gorizia ha goduto a lungo di una certa popolarità a Gorizia e dintorni in quanto richiesta non solo in Italia ma anche da negozi e cuochi in Europa. Gli agricoltori più anziani della zona ricordano di aver sempre prodotto questo tipo di radicchio che, per le aziende di indirizzo produttivo misto (orto, stalla, coltura estensiva), un tempo prevalenti nella zona, rappresentava una tra le poche colture che dava un certo reddito durante l’inverno. Ma con il passare del tempo la sua produzione si è drasticamente ridotta perché gli agricoltori hanno riservato la loro attenzione ad altre coltivazioni più redditizie rispetto alla rosa di Gorizia che richiede lunghe e laboriose lavorazioni esclusivamente manuali. Unitamente a questo fattore economico va detto anche che al termine della seconda guerra mondiale con il trattato di pace, Gorizia dovette cedere i tre quinti circa del proprio territorio alla Jugoslavia con il 15% della popolazione residente. E i terreni un tempo dedicati alla coltivazione della Rosa di Gorizia subirono una consistente riduzione e per buona parte vennero destinati ad altri usi. Questa progressiva riduzione produttiva ha fatto si che la Fondazione Slow Food includesse la Rosa di Gorizia nell’elenco dei presidi nati allo scopo di sostenere le “piccole produzioni tradizionali che rischiano di scomparire, valorizzano territori, recuperano antichi mestieri e tecniche di lavorazione, salvano dall’estinzione razze autoctone e varietà di ortaggi e frutta”.
Sulle sue origini si può discutere a lungo. Secondo alcuni un certo signor Vida, fuggito dal Veneto per salvarsi da una epidemia di peste avrebbe trovato rifugio a Gorizia dove avrebbe seminato alcune sementi di radicchio rosso veneto che sui terreni avrebbe subito modificazioni morfologiche. Altra ipotesi molto più fascinosa fa riferimento a una badessa del monastero di Castel Badia, la contessa Leukardis di Gorizia che avrebbe ricevuto le sementi dalla val Pusteria e piantandole nell’orto del convento avrebbe visto nascere un radicchio diverso da quelli conosciuti fino ad allora.
Sia come sia oggi la rosa di Gorizia è stata riscoperta dai grandi Chef, che nel corso di una recente manifestazione si sono sbizzarriti su come usarla in cucina. E parliamo di Norbert Niederkofler e Massimo Bottura, tre stelle Michelin, Renè Redzepi, Yoshihiro Narisawa, Roberto Franzin altra stella Michelin.
L’estetica basterebbe da sola a rendere unico questo prodotto ma la sua unicità sta nel gusto reso fragrante dalla croccantezza . Una particolarità che l’ha resa protagonista delle tavole degli chef che la richiedono per le loro creazioni di alta cucina.
La lavorazione di questa varietà locale di radicchio rosso (Cichorium intybus) è lunga e particolarmente impegnativa. La gestazione della Rosa può arrivare a durare anche otto mesi. La semina avviene da marzo a giugno nel caratteristico terreno di tipo alluvionale del goriziano, ricco di scheletro, calcareo e ferretizzato. Un’operazione semplice ma delicata in quanto viene fatta a campo aperto e richiede molta manualità e un buon colpo d’occhio per distribuire la giusta quantità di seme.
La selezione dei singoli “boccioli” viene fatta a mano da ogni famiglia che inverno dopo inverno disegna geneticamente le foglie, la dimensione e la struttura della sua “rosa”, risaltando ulteriormente l’unicità di ogni singolo produttore.
A fine novembre inizia quindi la raccolta delle piantine che legate in mazzi vengono avviate alla forzatura in campo. Da questo momento si avvia la fase dello sbiancamento che avviene in modo naturale portando in mazzi dal campo in locali riparati e privi di luce e adagiati su un letto caldo. Ed è in queste sere buie che avviene un’alchimia che piacerebbe ai lettori delle favole animate da operosi gnomi notturni: le foglie esterne marciscono e dal cuore nasce il bocciolo di Rosa di Gorizia. Per esaltare e conferire alla rosa la sua bellezza finale mani esperte devono ancora intervenire per la pulizia finale operando una delicata toelettatura nel corso della quale l’ottanta per cento delle foglie va scartato.
Si può ben capire a questo punto perché riducendosi i terreni e rarefacendosi anche gli anziani contadini che la coltivavano con religioso attaccamento alle tradizioni di queste terre, la Rosa di Gorizia sembrasse avviata verso un inesorabile declino. Che fortunatamente grazie al fatto di essere stata riconosciuta come PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale) dalla Regione Friuli Venezia Giulia quindi di essere entrata a far parte dei presidi Slow Food e sostenuta dall’Alleanza fra i cuochi ha preso una direzione opposta.
Il suggerimento di First&Food
Azienda Agricola Lucia
Via Molin, 17
33057 Palmanova (UD)
www.aziendaagricolalucia.it
+390432928600
+393393521904
+3933393506679
La continua ricerca, la passione per la terra e la tradizione che lega la signora Lucia Mulatti, titolare dell’azienda, e i suoi due figli Andrea e Marco al territorio si sono fuse in un progetto ambizioso che anno dopo anno è cresciuto dando vita all’Azienda Agricola Lucia.
L’azienda produce la Rosa di Gorizia sia fresca che sott’olio. Ed inoltre speck d’oca affumicato, specialità d’oca e anatra, farine di polenta antiche friulane, salumi e insaccati freschi e stagionati di suino secondo tradizione.
“Per noi – ama dire la signora Lucia – fare agricoltura, è tuttora non solo un lavoro, ma una missione, e di questo ne siamo fieri”.
Negli anni, l’Azienda Agricola ”Lucia”, nata per passione, è venuta crescendo, ha saputo modificarsi ed attuare politiche diverse di commercio e produzione, diventando sul mercato Italiano ed Europeo, il punto di riferimento nell’alta ristorazione per la produzione della Rosa di Gorizia, il radicchio per eccellenza.
La filosofia aziendale è mantenere vivi una tradizione ed un sapere agricolo centenario del Friuli, perseguendo l’idea di un’agricoltura sostenibile, lontana dai concetti di produttività e profitto “che da sempre si accompagnano a bassa qualità ed insalubrità”.
Conseguentemente ’allevamento delle oche è totalmente a campo aperto ed auto alimentato con i prodotti delle colture aziendali.
L’azienda si fa un punto d’onore di garantire che la produzione della Rosa di Gorizia è totalmente assente da contaminazioni chimiche, infatti vengono rigorosamente seguiti i ritmi della natura, senza alcuna forzatura od intervento umano al fine di aumentare la produttività.
Per l’Azienda Agricola “Lucia”, l’amore ed il rispetto per la Natura, “rappresentano il nostro passato, presente e futuro”.