La scena politica in Romania, oggi, vede protagonisti i due principali gruppi parlamentari, l’Unione Nazionale per il Progresso della Romania (NUPR) e il Partito Conservatore (CP). La coalizione di governo formata da questi due schieramenti, garantisce la governabilità per entrambe le camere del parlamento rumeno. La Romania è membro dell’UE dal 1° gennaio 2007. Periodicamente Bruxelles monitora il progresso economico e istituzionale del Paese che rappresenta uno dei covenant per l’ ingresso della Romania nella UE. Nell’ ultimo report di gennaio 2015, gli esperti di Bruxelles, pur valutando positivamente i progressi nell’adeguare la legislazione nazionale a quella comunitaria, hanno individuato alcune riforme strutturali in tema di corruzione, sistema giudiziario e privatizzazioni delle Imprese Statali (su quest’ultimo punto si veda l’approfondimento, realizzato dal collega Guido Michieletto, al seguente link: https://www.firstonline.info/a/2015/02/07/romania-ripensare-ora-il-ruolo-delle-imprese-di-st/b700b372-c9e2-48c9-b17b-2f6a3dd2d817).
Dopo la profonda recessione del 2009 (-7,1% ), la Romania ha recuperato con una dinamica accelerata del PIL nel 2013 (+ 3,5%), dovuta principalmente all’export (+ 5,3 punti percentuali sul PIL). Nei primi nove mesi del 2014 il PIL è cresciuto ancora del 2,9% anno/anno grazie alla forte spinta della produzione industriale, in aumento del 7,4% anno/anno. Anche l’export è continuato a crescere, raggiungendo + 8,1% anno/anno. Grazie ad un tasso di disoccupazione molto contenuto (5,2 % a novembre), aumentano la domanda interna e i consumi privati, contribuendo in larga parte alla crescita del PIL (4,3 punti percentuali). Tuttavia, il rafforzamento della domanda interna ha determinato un aumento delle importazioni. Ciò, a sua volta, ha inciso negativamente sul saldo della bilancia commerciale.
Dal lato dell’offerta, nel 2014, crescono servizi (+ 1,9%) e settore manifatturiero (+8,4% anno/anno da gennaio a ottobre), con il comparto macchinari e impianti (in espansione del12,7%) tra i più dinamici insieme a quello dei beni durevoli (+9,0%).
Per il 2015, gli analisti di Intesa San Paolo prevedono una crescita del PIL pari al 2,8%, grazie anche al recupero dei trasferimenti UE, bloccati nel 2009 per la procedura di deficit eccessivo e riammessi con successiva delibera nel giugno 2013. Altri fattori a sostegno della crescita economica rumena saranno il maggior reddito le famiglie, il contenuto tasso di disoccupazione e l’orientamento espansivo delle politiche monetarie sia nazionale sia europea.
L’inflazione è diminuita a 0,8% a dicembre, portando la media dell’anno all’1,1%. Nonostante l’abbassamento del prezzo del petrolio, nei prossimi mesi ci si attende un aumento dei prezzi al consumo come conseguenza dell’aumento della domanda interna.
Si prevede che già nel 2014 il deficit di bilancio in Romania si sia ridotto all’1,9% del PIL dal 2,5% dell’anno precedente.
Sul fronte delle entrate, la riduzione dell’IVA e l’aumento dei contributi sociali sono stati controbilanciati dall’incremento delle accise sul carburante e dall’estensione della base imponibile della tassa sul patrimonio. A dicembre scorso il Governo ha approvato il budget 2015. Diversamente da quanto dichiarato, il Governo, su indicazione del FMI (Fondo Monetario Internazionale), non ridurrà ulteriormente l’aliquota IVA,. Questa mossa consentirà al governo di ridurre ulteriormente il deficit di bilancio, che nel 2015 è stimato intorno all’ 1,6% del PIL, e conseguentemente anche il debito pubblico, previsto a circa il 39% del PIL( stime dell’ Economist Intellingence Unit).
Dal 10 anni a questa parte, la politica monetaria è condotta in regime inflazionistico. Per l’anno in corso e per il 2015, la Banca nazionale della Romania (NBR) ha stabilito l’obiettivo per l’inflazione di fine periodo al 2,5%. A fronte di tali aspettative, la NBR ha allentato la politica monetaria riducendo, durante questi anni, il tasso d’interesse di policy fino all’attuale 2,5%.
Il contenimento del deficit, unito alle ottime performance dell’economia reale, hanno favorito una sostanziale stabilità del tasso di cambio, fissato intorno a 4,44 leu per euro nell’ultimo anno.
Anche il deficit corrente della bilancia commerciale è stato relativamente contenuto (2,4% del PIL) ma si prevede un suo aumento nel 2015, a causa della crescita attesa della domanda interna e, quindi, delle importazioni.
Analizzando i principali indicatori di liquidità non emergono, attualmente, particolari criticità per la Romania. Il Reserve Cover Ratio, che indica la capacità del Paese di coprire con le riserve ufficiali il deficit corrente e gli impegni finanziari in scadenza, è stimato dall’EIU (Economist Intelligence Unit) pari a 2, ovvero ben al di sopra della soglia di allerta rappresentata dall’unità. Tuttavia, la principale minaccia per l’ economia rumena rimane l’eccessivo indebitamento estero, pari a circa il 67% del PIL. Le previsioni che danno il deficit corrente in aumento, spaventano Paese e mercati. Ad ogni modo, se pur aumentando, il deficit dovesse mantenersi al di sotto del 3%, il debito estero potrebbe scendere ancora nei prossimi anni, stabilizzandosi intorno al 60%.
Le riforme istituzionali e il rafforzamento dell’economia hanno ridato speranza e competitività ad un Paese, la Romania, dalle enormi potenzialità economiche. Nel 2015, il FMI prevede che il PIL possa tornare a crescere a ritmo del 3,5% l’anno e le agenzie di rating, Fitch e S&P, attribuiscono alla Romania un rating pari a quello italiano, BBB-. Il futuro della Romania, dopo le aperture di Bruxelles, rimane dunque nelle sue mani: “Homo faber fortunae suae”. Se il governo sarà in grado di realizzare la riforme giudiziaria, combattere la corruzione e privatizzare le imprese di stato, la Romania potrebbe divenire, oggi più che mai, la nuova Mecca per molte imprese italiane che guardano ad Est. Il conflitto russo-ucraino ha, infatti, indebolito la migrazione delle nostre imprese nelle regioni balcaniche e incentivato il re-shoring. In tale contesto, la crescita Rumena potrebbe, da un lato, rappresentare un nuovo incentivo per le imprese italiane a reinvestire in quell’ area; dall’altro ridare speranza ad un’intera regione, quella balcanica, che oggi vive al limite tra due opposte realtà: la guerra Ucraina e la fiorente ripresa europea.