Le elezioni presidenziali in Romania hanno riservato sorprese inattese, smentendo i pronostici della vigilia. Con il 99% delle schede scrutinate, il candidato indipendente Calin Georgescu, noto per le sue posizioni nazionaliste ed euroscettiche, si è piazzato in testa con il 22,94% dei voti. A seguire, un altra sorpresa, Elena Lasconi del partito progressista Unione Salva Romania (Usr), che ha ottenuto il 19,16% posizionandosi al secondo posto.
Clamorosa la sconfitta del premier uscente Marcel Ciolacu, dato per favorito ma escluso anche dal ballottaggio, chiudendo al terzo posto con il 19,16% dei voti. Un altro grande sconfitto è stato George Simion, leader del partito sovranista Alleanza per l’Unità dei Romeni (Aur), che si è fermato al quarto posto con il 13,9% dei consensi, deludendo le aspettative del fronte ultraconservatore. Simion, infatti, era dato in forte ascesa nei sondaggi pre-voto e considerato uno dei principali contendenti di Ciolacu. L’affluenza alle urne ha superato appena il 53%.
Il ballottaggio finale, previsto per l’8 dicembre, vedrà quindi Georgescu confrontarsi con la Lasconi. Prima di quella data, però, altre elezioni in programma con quelle parlamentari in programma per il 1° dicembre.
Calin Georgescu: il nazionalista che scuote l’Europa
Calin Georgescu, ingegnere e accademico noto per le sue posizioni nazionaliste ed euroscettiche, ha sorpreso tutti i sondaggi della vigilia piazzandosi al primo posto. La sua campagna elettorale si è basata su temi come l’autosufficienza economica, la riduzione della dipendenza dalle importazioni e lo stop agli aiuti militari all’Ucraina. Georgescu ha anche cavalcato lo scetticismo verso l’Unione Europea e la Nato, attirando il malcontento di un elettorato stanco della politica tradizionale.
Nonostante le critiche per le sue posizioni controverse, tra cui accuse di antisemitismo e simpatia per il movimento fascista romeno del Novecento, Georgescu ha saputo catalizzare l’attenzione dei giovani attraverso una campagna virale sui social media, specialmente su TikTok: “Questa notte il popolo romeno ha gridato per la pace. E ha gridato molto forte, fortissimo”, ha dichiarato dopo i risultati.
Elena Lasconi: la sfidante progressista
Al ballottaggio dell’8 dicembre, Georgescu sfiderà Elena Lasconi, sindaca di centro-destra di una piccola città, che sorprendentemente si è piazzata al secondo posto, con un margine di circa 700 voti sul Ciolacu. La sua ascesa, inaspettata per molti analisti, ha evidenziato un programma elettorale focalizzato su riforme sociali ed economiche, contrastando la retorica nazionalista di Georgescu e rappresentando il cambiamento moderato.
Delusione per il premier Ciolacu, che, nonostante fosse accreditato di circa il 25% dei voti nei sondaggi, non ha raggiunto il ballottaggio. Deluso anche George Simion, inizialmente dato al secondo posto con il 19%, che ha terminato fuori dalla corsa.
Indipendentemente dal risultato finale, “l‘estrema destra è di gran lunga il grande vincitore di queste elezioni“, ha osservato il politologo Cristian Pirvulescu, sottolineando la presenza di due candidati di estrema destra su quattro.
Romania: paese strategico per la Nato
La Romania, con circa 19 milioni di abitanti, è una repubblica semipresidenziale in cui il presidente, figura politicamente attiva, nomina il primo ministro e rappresenta il Paese all’estero. Negli ultimi dieci anni, la carica è stata ricoperta da Klaus Iohannis del Partito Nazionale Liberale (Pnl), favorevole al sostegno dell’Ucraina. Attualmente, il governo è una coalizione tra il Pnl e il Partito Socialdemocratico di Ciolacu, nato nel 2021 dopo una crisi politica.
Con un confine di 650 chilometri con l’Ucraina, la Romania riveste un’importanza strategica per la Nato, ospitando oltre 5.000 soldati e fungendo da hub per il transito del grano ucraino.
La campagna elettorale di queste elezioni si è concentrata sull’aumento del costo della vita, con il Paese che ha la percentuale più alta di abitanti a rischio di povertà nell’Unione Europea.
La vittoria di Georgescu potrebbe segnare un avvicinamento del Paese al blocco dell’estrema destra europea, rafforzando la posizione di leader come Viktor Orbán. Al contrario, un successo di Lasconi consoliderebbe un percorso di integrazione con l’Unione Europea, mantenendo la Romania come partner stabile dell’Alleanza Atlantica.