Trent’anni fa per la prima volta i sindaci delle grandi città venivano eletti direttamente dai cittadini con una legge che garantiva stabilità per cinque anni e forte autonomia delle Giunte rispetto ai consigli comunali: Cacciari a Venezia, Castellani a Torino, Domenici a Firenze, Rutelli a Roma, Bassolino a Napoli, Bianco a Catania, Orlando a Palermo. Una rivoluzione in un’Italia in cui istituzioni e partiti politici erano stati decapitati dalle inchieste di Tangentopoli. Si affacciava una nuova generazione di leader non legati ai vecchi partiti, capaci di coinvolgere nelle Giunte anche persone esterne alla politica ma che credevano nella possibilità di ricostruire il Paese e nel buongoverno della cosa pubblica, a partire dalle città. Quell’evento segnò un grande entusiasmo civico e una rivoluzione nella politica e nelle istituzioni.
Il rinascimento di Roma Capitale: da Rutelli in poi, cosa è cambiato
Francesco Rutelli ha pensato di ricordare questo avvenimento in un incontro pubblico che si terrà lunedì 4 dicembre all’Auditorium. Sarà anche l’occasione per ricordare la sua esperienza che in dieci anni ha segnato, a detta di molti, un vero e proprio rinascimento di Roma Capitale, esperienza cui ebbi la fortuna e l’onore di partecipare come Assessore al bilancio (e a molto altro). Oggi, guardando al degrado di Roma e al suo discredito nel mondo (la cocente sconfitta dell’Expo 2030 ne è stata l’ultima prova!) sembra impossibile. Vale quindi la pena di riflettere sugli strumenti che resero possibile rimettere in sesto e rilanciare le città.
Ovviamente nel nuovo secolo molto è cambiato, siamo nell’era di internet che allora non esisteva e che oggi condiziona drammaticamente l’azione politica e di governo schiacciandola sul presente e rendendo molto difficile lo sguardo lungo sul futuro. Ma offrendo anche nuove enormi opportunità a partire dalla velocità e dall’ampiezza delle comunicazioni. E’ vero tuttavia che, oggi come allora, se il presente non funziona – cioè i servizi essenziali di una città dalla pulizia ai trasporti, dalla viabilità al verde – il futuro non ha alcuna credibilità prima di tutto per i cittadini.
Il bilancio del Comune di Roma trent’anni fa: dal disastro al risanamento
Certo è che, nel 1993, la situazione finanziaria del Comune di Roma faceva apparire la sfida ai limiti dell’impossibile. Perdipiù la novità dell’elezione diretta del Sindaco coincideva con un’altra rivoluzione: quella delle nuove regole amministrative dei Comuni ispirate a due principi fondamentali, autonomia e responsabilità. Autonomia nell’imporre i tributi locali (tra cui l’odiatissima ICI), responsabilità finanziaria (niente più ripiani dei disavanzi a piè di lista e chi non fa pareggio di bilancio va a casa), responsabilità amministrativa (ovvero separazione tra politica e amministrazione e di conseguenza firma di tutti gli atti ai dirigenti; quindi, se i dirigenti non firmano si blocca tutto). Al di sopra di tutto la sfida delle sfide: l’entrata dell’Italia nell’euro e la realizzazione del progetto europeo. Roma, la capitale, non poteva non essere protagonista di quel processo con la sua rinascita economica e con il risanamento delle sue finanze. Non a caso quando nel ’97 ci sarà la decisione di ammettere l’Italia nell’euro, il ministro Ciampi festeggerà l’evento in Campidoglio dove nel 1957 erano stati firmati i Trattati di Roma.
Bisognava dunque curare una città ferita e risanare un’amministrazione disastrata e, insieme, costruire il futuro della Capitale. Una città spazzata da Tangentopoli, impoverita dai processi di privatizzazione e di riduzione degli apparati pubblici messi in atto nel 92-93 per avviare il percorso di entrata nell’euro. Un’amministrazione carica di debiti e intrisa di corruzione a tutti i livelli. Si cominciò con una rigorosa spending review, la riorganizzazione del bilancio per centri di costo ognuno responsabile del proprio budget; e poi una assoluta novità per una amministrazione comunale, ovvero la procedura per l’acquisizione del rating da parte di Standard&Poor’s che imponeva a tutta l’amministrazione di mettersi in discussione e impostare una linea di efficienza della propria azione sottoposta ad una revisione periodica non formale ma sostanziale. Una procedura propedeutica all’emissione dei primi BOC, uno strumento non importante in sé ma utile per coinvolgere i cittadini nella trasformazione delle finanze comunali e farli partecipare al finanziamento delle nuove infrastrutture. Per l’Amministrazione una vera e propria rivoluzione culturale.
Il risanamento di Roma Capitale: prima mossa ridare fiducia
Occorreva agire e ottenere risultati nel breve periodo perché ci fosse una evidente percezione del cambiamento e, allo stesso tempo, impostare le politiche di medio e lungo periodo delle quali cittadini, imprenditori, artigiani, istituzioni artistiche, università, fossero protagonisti attivi. Ma per realizzare tutto questo con le nuove regole, bisognava ridare fiducia e voglia di fare ad una macchina amministrativa in cui le persone (non poche) oneste e competenti erano state marginalizzate e umiliate dalle gestioni precedenti. Dirigenti e dipendenti ormai convinti che la politica avesse l’unico interesse di saccheggiare le risorse pubbliche e quelle della città e nessuna preoccupazione per le sorti dei cittadini. Bisognava costruire un rapporto solido e complementare tra politica e amministrazione pena il totale immobilismo. E così è stato perché la dirigenza si è a poco a poco convinta che i nuovi erano meglio dei vecchi e che, dopo tante umiliazioni e frustrazioni, era forse appassionante anche per loro lavorare a un progetto di trasformazione di Roma.
Il risanamento di Roma Capitale: dal rifacimento facciate al cantiere Auditorium
Mentre si bloccava l’espansione urbana, si rilanciava l’edilizia con il rifacimento delle facciate attraverso un meccanismo di agevolazioni fiscali e bancarie che sarebbe poi stato copiato da molte altre città ed anche a livello nazionale (niente a che vedere con l’infausto bonus facciate!). Partì il cantiere dell’Auditorium completamente finanziato dal bilancio comunale, inaugurato poi da Veltroni, che segnava l’orizzonte di una Roma attrattiva perché centro di grandi avvenimenti culturali. Mentre la leva del patrimonio comunale, abbandonato e rapinato per decenni, veniva utilizzata per realizzare operazioni culturali come il Teatro India, o commerciali come l’Ikea realizzata su un terreno venduto dal Comune. O ancora la restituzione alla città del Parco Casilino divorato dagli sfasciacarrozze e ancora la riqualificazione del Mattatoio o il rilancio della Casina Valadier con la prima sperimentazione di project financing. O la acquisizione dallo Stato e la restituzione alla città di Villa Torlonia fino ad allora serrata e inselvatichita. O la regolarizzazione con canoni calmierati delle occupazioni abusive realizzate negli anni da una miriade di associazioni, centri culturali, centri sportivi che rendevano e rendono vivo il tessuto sociale della città, soprattutto nelle periferie, ma che senza un supporto stentano a sopravvivere.
La trasformazione delle municipalizzate e il buco nero di Atac
E poi la trasformazione delle vecchie municipalizzate. La cessione della Centrale del Latte (che aldilà delle incredibili vicende giudiziarie) è oggi un asset prezioso e la migliore azienda lattiera d’Italia! Ma soprattutto l’Acea che da azienda inefficiente e decapitata dalla corruzione è oggi una società quotata che opera a livello nazionale e internazionale e un importante motore di sviluppo della città, protagonista delle strategie green. Ma già allora, con uno sguardo lungo alla trasformazione tecnologica che proprio allora stava iniziando, agli albori di internet, si iniziò a valorizzare le reti di ACEA per la posa della rete in fibra stipulando un accordo strategico con la Stet: la Stet posava i cavi nei cavidotti del Comune e di Acea, mentre il Comune realizzava servizi on line iniziando a stimolare la domanda che in altri Paesi europei era già piuttosto sviluppata . Un progetto strategico per il Paese che sarebbe stato travolto dalla sciagurata privatizzazione di Stet. Ma anche in quel caso si guardava avanti per lo sviluppo e l’attrattività di Roma.
Rimane ancora oggi il buco nero dei trasporti che la politica ha sempre rifiutato che si aprissero al mercato e che ora il Comune sarà forse finalmente costretto ad assegnare mediante gara grazie alla recente decisione dell’Antitrust. Perché solo il confronto competitivo potrà costringere Atac a raggiungere livelli accettabili di efficienza e di economicità a costi sostenibili per il bilancio comunale e per i cittadini.
Ciascuna di queste operazioni dava visibilità internazionale alla città, attirava investitori esteri, alimentava i flussi turistici, attraeva gli head quarters di grandi aziende con manager e dipendenti che stimolavano l’insediamento di scuole e università straniere con conseguente aumento dei consumi e della dinamicità culturale di Roma .
E ognuna di queste iniziative richiedeva allora (e forse richiederebbe ancora oggi) un tasso di innovazione amministrativa e di coraggio non indifferenti. Il rifiuto della firma che oggi paralizza molte amministrazioni ne è una spia e rende evidente come ancora oggi, dopo trent’anni, non sia stata risolta la questione del ruolo della Corte dei Conti e come rimanga urgente la cancellazione del reato di abuso d’ufficio.
Rutelli sindaco di Roma: le chiavi di un successo che si può ripetere
Ma le chiavi del successo delle amministrazioni Rutelli furono, a mio avviso, innanzi tutto la capacità organizzare e dirigere una squadra di persone competenti e leali ispirate da un progetto chiaro e coerente. In secondo luogo, la capacità di raccogliere le idee dalla città, di elaborare grandi progetti, di condividerli e sostenerli con gli attori civici e non limitarsi a lavorare in modo burocratico nel chiuso delle stanze del Campidoglio. Ascolto, progettualità, condivisione. Sono entrambi chiavi ripetibili ma, come è evidente, scomparse da molti anni dal metodo di governo della capitale.
Si può sempre sperare che qualcuno trovi ispirazione dal ricordo di quegli anni.
***L’autrice è stata Assessore al Bilancio di Roma nella prima Giunta Rutelli e successivamente Ministro degli Affari Regionali e vicepresidente del Senato
Periodo fortunato per Roma grazie. Al governo di squadra voglio ricordare anche Di Carlo che purtroppo non ha potuto portare a termine il suo progetto sul traffico
Bei tempi per la nostra città
Grazie linda