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Roma, commissariare Ama e Atac e ripensare la Capitale

Per risollevare Roma dal baratro in cui la Raggi e gli ultimi sindaci l’hanno sprofondata occorrerebbe un patto tra Governo, Regione e Comune che ripensi il modello di città con grandi riforme istituzionali ed amministrative del tipo del District Capital di Washington e l’immediato commissariamento di municipalizzate tecnicamente fallite come l’Ama e l’Atac

Roma, commissariare Ama e Atac e ripensare la Capitale

Ha ragione Ernesto Galli della Loggia quando, sul Corriere della Sera, scrive che il sindaco Raggi si è rivelata una incompetente del tutto inadatta a governare Roma. Ma anche i suoi predecessori, Alemanno e Marino, si sono rivelati degli incapaci e lo stesso Veltroni, ad un certo punto, è sembrato rinunciare a governare la città preferendo occuparsi della sua immagine (la città più bella del mondo ,etc..) piuttosto che occuparsi delle sue quotidiane necessità (trasporti, nettezza urbana, manutenzione del verde, etc.).

Si potrebbe fare una eccezione per Rutelli che ha gestito bene il Giubileo. Ma dietro di lui c’era la formidabile macchina organizzativa del Vaticano che è l’unica vera struttura che a Roma ancora funzioni. Dunque, non è una questione di uomini. Chiunque venisse chiamato a ricoprire questo incarico: fosse anche un generale dei carabinieri, un alto magistrato o un grande manager, sarebbe destinato a fallire (o a morire d’infarto a poco più di quarant’anni come è accaduto a Luigi Petroselli). E questo per due ragioni fondamentali: la prima è che la “macchina burocratica“ capitolina è collassata (non funziona più neppure l’ordinaria amministrazione) e la seconda è che la “governance“ di Roma (Campidoglio e municipi) non consente, non dico di affrontare, ma neppure di impostare in modo corretto i grandi problemi della città (trasporti, urbanista, nettezza urbana). Per rendere Roma governabile servono perciò delle riforme amministrative ed istituzionali profonde che il Comune da solo non può realizzare e per le quali è necessaria una intesa con la Regione e, soprattutto, col Governo.

La riforma delle strutture amministrative richiederebbe una rivisitazione (per usare un eufemismo) del contratto di lavoro dei dipendenti comunali e dei relativi accordi integrativi (tipo il premio di produttività per tutti), ma questa è una via lunga ed impervia che richiede tempo e giudizio. Vanno invece affrontati subito e con grande determinazione i problemi delle due municipalizzate: Atac e Ama. Entrambe queste aziende sono da considerarsi tecnicamente fallite. Ripianare i debiti ed immettere nuovi capitali senza averne prima modificato le strutture organizzative, gestionali e finanziarie non servirebbe a nulla. Serve una rottura col passato che, allo stato dei fatti, si può avere soltanto se le due aziende vengano poste in una procedura fallimentare e poi commissariate.

Da qui può poi prendere il via un processo di riorganizzazione interna che consenta di rivedere gli accordi sindacali considerati illegittimi, di rovesciare il rapporto fra diretti e indiretti, di ripensare la politica tariffaria e quella delle manutenzioni. Una volta rimesse le cose in ordine si può e si deve, per l’Atac, pensare ad una struttura societaria che le consenta di collaborare e, se necessario, di integrarsi con altri grandi operatori del servizio di trasporto a livello nazionale. Anche l’Ama necessita di una radicale riorganizzazione per potere coprire l’intero ciclo dei rifiuti che, ricordiamolo, va dalla raccolta sino allo smaltimento dei rifiuti e che non può limitarsi a stoccarli per poi spedirli all’estero.

La seconda riforma necessaria è quella più propriamente istituzionale. Roma, a differenza di Parigi e Londra, non dispone delle istituzioni adeguate al governo di una vasta area urbana e al suo ruolo di Capitale. Si parla da tempo della creazione di un area metropolitana ma a Roma questo non è possibile e, comunque, non sarebbe sufficiente. Roma, non si offenda nessuno se lo ricordiamo, non è una “grande città” (come Londra o Parigi o anche Milano e Napoli) ma è, piuttosto, una “città grande“ (come il Cairo). Per essere una metropoli non basta disporre di un grande centro (che Roma ha) ma si deve essere circondati da Comuni (o istituzioni analoghe) che ne delimitino i confini. La metropoli è, insomma, una conurbazione che, per essere governata, richiede un forte coordinamento fra il centro e le strutture amministrative che lo circondano.

La politica dei trasporti, l’urbanistica, la scelta delle aree di specializzazione (sanità, università, centri di ricerca, etc) si possono decidere solo a quel livello. Per questo è stata creata la Grande Londra e si cerca ora di dare vita alla Grande Milano. Se poi, effettivamente, si riuscisse a creare una vera area metropolitana allora essa potrebbe diventare un formidabile driver dello sviluppo economico, civile e culturale di tutto il territorio. Roma, però, non ha queste caratteristiche. E’ una città che si è dilatata senza incontrare ostacoli amministrativi sul suo cammino come invece ne ha incontrato e ne incontra Milano, che alle sue porte ha Sesto San Giovanni, Cinisello, San Donato, etc. dei quali deve tenere conto e con cui deve coordinarsi se vuole crescere. Il modello dell’area metropolitana non è perciò replicabile a Roma. Roma ha dei municipi che non hanno una reale autonomia amministrativa e gestionale. Potenziarli è certamente necessario ma non è sufficiente.

Forse, per Roma, si potrebbe utilmente immaginare la creazione di una sorta di “District Capital”, simile a quello creato per gestire Washington. Una struttura amministrativa, cioè, in cui confluiscono i poteri del Comune, quelli della Regione e quelli del governo per tutto ciò che riguarda la vasta area urbana (trasporti, urbanistica, nettezza urbana, etc) e le sue funzioni di Capitale dello Stato. Mi rendo conto che parlare di riforme istituzionali dopo il risultato del referendum suona un po’ velleitario. Tuttavia, se non si vuole che Roma sprofondi nella sua crisi qualcosa si deve pur fare. Si mettano perciò intorno ad un tavolo il Comune, la Regione ed il Governo. Si individuino i livelli di responsabilità e le competenze di ciascuno e si indichino le politiche necessarie per risolvere i problemi della città. Forse, da questa collaborazione fra istituzioni locali e governo su di un problema cruciale come quello di Roma potrebbe ripartire il dibattito sulle riforme istituzionali di cui il paese avrebbe un così grande bisogno.

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