“Mai stato così bene ed è il mio anno nero”. In questa antitesi, in questo ossimoro se vogliamo, si sintetizza il personaggio di Roger Federer, 30 anni suonati, svizzero di Basilea e da molti considerato il tennista più forte e talentuoso di tutti i tempi.
Questa frase, pronunciata proprio in questi giorni al Masters di Londra, prestigioso torneo fra i migliori 8 del mondo dove Federer è tornato a far faville eliminando Nadal e guadagnando la finale, vale più di tutti i magici colpi ai quali ci ha abituati nell’ultimo decennio. E’ l’essenza del tennista puro, che si sente bene quando gioca bene, non necessariamente quando vince.
E infatti re Roger viene dalla stagione peggiore della sua carriera: nessuno Slam vinto e per la prima volta si è presentato al Masters di fine stagione addirittura da numero 4, recentemente superato nella graduatoria Atp dallo scozzese Andy Murray.
Sarebbe stato uno shock, per molti. O per lo meno una triste rassegnazione al declino. Soprattutto per uno che al primo posto in classifica ci è stato per 285 settimane (più di chiunque), di cui 237 consecutive, quattro anni e mezzo dal febbraio 2004 all’agosto 2008 (anche qui, meglio di chiunque). O per uno che detiene il record assoluto di tornei del Grande Slam vinti: 16, meglio persino del leggendario Pete Sampras. Basterebbe creare una voce sull’enciclopedia tennistica: “Meglio di chiunque altro” e apparirebbe sempre il nome di Roger Federer.
Ma non sono solo questi infiniti record – che per qualsiasi altro sarebbero giusti da ricordare ed elencare uno ad uno, mentre per lui non basterebbe un intero giornale e si annoierebbe il lettore – a rendere Re Roger “meglio di chiunque altro”.
Lo dicono gli stessi fans, tramite l’Atp fans favourite awards, votazione ufficiale che Federer vince da 9 anni consecutivi. Persino in quest’anno così avaro di successi, evidentemente oltre che star bene lui ha fatto ugualmente stare bene anche i suoi tifosi, che lo considerano sempre il loro beniamino a dispetto di un carattere apparentemente timido e poco comunicativo, a differenza del passionale rivale storico Rafael Nadal e del quasi cabarettistico nuovo numero 1 Novak Djokovic.
Ma da ragazzino il campionissimo svizzero, padre elvetico e mamma sudafricana, sposato dal 2009 con l’ex tennista di origine slovacca Mirka Vavrinec e a sua volta padre di due splendide gemelline di due anni, Myla Rose e Charlene Riva, non era proprio così pacato come lo vediamo adesso.
Lo ricorda benissimo il suo primo allenatore, Paul Dorochenko, che lo portò dal numero 680 al 36 del ranking mondiale: “Quando decisi di allenarlo era un ragazzo difficile da gestire, iperattivo dalla mattina alla sera, che non stava un attimo zitto, spaccava racchette, cantava e urlava come un matto quand’era sotto la doccia. Difatti lo punivano spesso: un giorno lo mandarono a ripulire i campi alle 6 del mattino, con temperature sotto lo zero. Io però mi sono accorto che era un predestinato: la sua tecnica era ed è rimasta scolastica, ma il suo gioco di gambe e il suo talento facevano la differenza. E poi è sempre stato molto esigente e perfezionista e questo alla fine conta: i suoi avversari hanno costruito la carriera soprattutto sulla forza mentale e sulla forza fisica, così cali di concentrazione e infortuni diventano determinanti”.
Così l’ex ragazzo terribile è diventato campione. Nel gioco, e pure nel comportamento. Anche qui, “meglio di chiunque altro”, e a dirlo stavolta, a scanso di equivoci, sono gli stessi colleghi, che gli riconoscono lo stile e l’aplomb degni dell’elegantissimo campione svedese Stefan Edberg, al quale è intitolato il premio fair play dell’Atp che Federer ha vinto per 7 volte negli ultimi 8 anni.
Probabilmente sarebbe d’accordo lo stesso Edberg, lui che appartiene a quel tennis di una volta tutto tecnica e poco muscoli, tutto attacco e poca difesa. Giocare sempre per fare il punto, per divertirsi e per divertire gli altri. E magari, ma solo per coincidenza, vincere più di 800 partite, 16 tornei dello Slam e battere tutti i record possibili. Questo è stato ed è Roger Federer, “meglio di chiunque altro”.