Il blocco del 2012-2013 e le successive misure sulla rivalutazione delle pensioni hanno causato a 5,5 milioni di pensionati italiani una perdita pro-capite di 1.779 euro, per un totale di 9,7 miliardi di euro in quattro anni. I numeri sono stati calcolati e diffusi oggi dal sindacato Spi-Cgil con una ricerca che s’inserisce nel dibattito sulla riforma delle pensioni 2015.
Nel dettaglio, l’analisi propone il seguente schema:
– per le pensioni fra i 1.500 e i 1.749 euro la perdita è stata di 1.138 euro;
– fra 1.750 e 1.999 euro di pensione sono stati persi 1.309 euro;
– fra 2mila e 2.249 euro di pensione, perdite per 1.479 euro;
– fra 2.250 e 2.499 euro di pensione, perdite per 1.725 euro;
– fra 2.500 e 2.999 euro di pensione, perdite per 2.037 euro;
– oltre i 3mila euro di pensione, la perdita è stata invece di 3.567 euro.
Uno scenario, sottolinea Spi-Cgil, destinato a peggiorare se il tasso d’inflazione dovesse tornare a crescere, spinto soprattutto dal Quantitative easing targato Bce.
“Occorre correggere i meccanismi attuali di rivalutazione per non penalizzare ulteriormente i pensionati italiani – scrive Spi Cgil –. Bisogna applicare a tutti il 100% di rivalutazione fino a 5 volte il trattamento minimo, pari a 2.500 euro lordi al mese, per poi scendere al 50% per gli importi eccedenti tale cifra. Si tratta di una correzione non particolarmente onerosa, realizzabile con un costo di circa 350 milioni di euro per ogni punto di inflazione”.