Nell’ultimo triennio la banche sono state molto attive nella distribuzione di prodotti di risparmio gestito e questo ha consentito di recuperare redditività da servizi in una fase di significativa debolezza del margine di interesse. Per le commissioni, però, siamo arrivati a un inevitabile punto di svolta.
Nel triennio 2013-2015 le banche hanno collocato quasi 200 miliardi di euro di fondi comuni, gestioni patrimoniali e prodotti assicurativi vita. Ciò si è tradotto in un aumento delle commissioni da gestione e intermediazione del risparmio di oltre il 15% medio annuo. Di rilievo è stata soprattutto la raccolta in fondi comuni, grazie ai prodotti target maturity, sui quali la crescita dei ricavi è stata in media del 25%.
L’intenso sviluppo dei ricavi è da mettere in relazione non solo con i volumi di raccolta ma anche con le caratteristiche dei fondi comuni target date offerti agli sportelli, che tipicamente prevedono l’applicazione di una commissione di collocamento pre-contata alla fine della finestra di collocamento (up-front) e ammortizzata dalla società di gestione per la durata dell’investimento. L’introduzione delle commissioni di collocamento ha modificato le modalità di remunerazione delle reti distributive, meno incentrate sulla retrocessione delle commissioni di gestione. Nell’insieme, le nostre stime indicano che, rispetto al passato, la componente di redditività che proviene dalle up-front è arrivata a costituire il 25% delle commissioni complessive sui fondi comuni nel 2015. I margini unitari sui prodotti (calcolati sugli stock medi annui) sono aumentati da circa 85pb del 2012 agli attuali 95.
Queste tendenze proseguiranno? Negli ultimi mesi del 2015 la raccolta netta in prodotti target date è calata perché sono sempre più difficili da strutturare agli attuali tassi di interesse, se non con un aumento significativo della componente azionaria del portafoglio. Tale rallentamento è stato solo in parte compensato dai fondi comuni tradizionali, sia per una maggiore difficoltà a collocare fondi comuni multiasset in una fase molto volatile sui mercati finanziari, sia per il netto ridimensionamento dei flussi in prodotti obbligazionari, caratterizzati da ridotte prospettive di redditività. Il canale bancario ha pertanto sperimentato un rallentamento non solo rispetto ai volumi record della prima metà del 2015 ma anche a quanto in media intermediato nel 2014.
Il nostro scenario conferma che, in prospettiva, la raccolta netta non potrà ripercorrere i volumi dell’ultimo triennio, anche come effetto della riduzione del bacino di raccolta amministrata da cui attualmente provengono in larga misura gli investimenti in strumenti gestiti della clientela bancaria. I volumi intermediati potranno comunque restare ampiamente positivi nell’ipotesi che, superata la fase di maggiore incertezza sui mercati, l’offerta trovi nuove soluzioni gestite per i target di clientela più tradizionali, in uscita dai titoli pubblici e bancari e avvicinati finora agli strumenti gestiti con i prodotti a cedola.
Le ridotte prospettive di raccolta sui fondi comuni target date, inoltre, determineranno minori commissioni di collocamento e una conseguente flessione dei margini unitari, anche nell’ipotesi di ricomposizione verso asset class con margini unitari più elevati e di repricing sui prodotti flessibili. Tale tendenza riguarderà soprattutto gli operatori che hanno “privilegiato” la maggiore redditività di breve termine ottenibile con commissioni di collocamento elevate in luogo di commissioni più basse ma ricorrenti, come le retrocessioni delle management fee, in grado di contribuire in maniera più “stabile” al conto economico.
Per il sistema bancario nel suo complesso, pertanto, le commissioni nette daranno ancora un contributo importante alla redditività, ma i ricavi da risparmio gestito e assicurativo si espanderanno a un ritmo ampiamente inferiore a quello dell’ultimo triennio.
Si tratta comunque di un cambiamento molto importante nei conti economici delle banche, in cui la redditività non da interessi è tornata ad assumere un rilievo che aveva perso nella prima metà degli anni 2000 (quando il settore bancario aveva privilegiato l’espansione del credito) e ancora di più negli anni della crisi finanziaria, e consente al margine di intermediazione di tornare ai livelli pre-crisi. Alle attuali condizioni del credito e dei mercati, la sola redditività da interessi non sarebbe bastata.