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Ristoranti chiusi anche a Natale ma al Nord riaprono i negozi

Imagoeconomica

Cinque Regioni “promosse” con cambio di colore ma niente deroghe per i ristoranti a Natale. Queste in sintesi le decisioni prese dal Governo per organizzare la gestione dell’emergenza nelle prossime settimane, quelle che portano alle festività natalizie. Intanto, come era nell’aria e come i presidenti delle Regioni in questioni aspettavano da giorni, è arrivato il via libera per Lombardia, Piemonte e Calabria, che passano da zona rossa a zona arancione, e per Liguria e Sicilia, che da arancioni diventano gialle. Questo significa che a partire da domenica 29 novembre nei territori che entrano in fascia arancione i negozi potranno riaprire fino alle 21, per diluire le presenze) e i ragazzi di seconda e terza media torneranno a scuola.

Non sarà così però, in tutto il territorio nazionale, per ristoranti e scuole superiori. Le secondo resteranno in didattica a distanza fino al 7 gennaio, mentre quest’anno, ora è ufficiale, niente cenone fuori casa, né a Natale né a Capodanno: bar e ristoranti, come già avviene adesso, dovranno chiudere alle 18 e restare completamente chiusi il 25 e 26 dicembre. Le feste saranno dunque blindate, e il Governo sta pensando – per il decreto che entrerà in vigore dal 3 dicembre – una stretta anche sulle possibili deroghe: confermati lo stop agli spostamenti anche tra le regioni gialle, il coprifuoco dalle 22 alle 6 (da valutare la situazione per le notti del 24 e del 31, ma l’orientamento è quello di non concedere allentamenti), la quarantena obbligatoria per chi torna dall’estero e niente sci sulle piste italiane. Unica eccezione: il rientro a casa dei residenti.

Vince dunque l’ala rigorista del Governo, che sceglie di seguire alla lettera le indicazioni del Comitato tecnico scientifico. Per gli esperti la situazione epidemiologica del Paese non consente allentamenti. Il consiglio è di tenere duro, costi quel che costi, perché l’impatto del virus sui sistemi sanitari regionali è ancora troppo forte e troppo alto il rischio di una pericolosa “inversione di tendenza” rispetto al lieve miglioramento dei dati recenti.

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