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Risparmio: meno liquidità, più bond. Gli italiani iniziano a spostare gli investimenti. Rapporto Abi

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La “scelta di non scegliere”, cioè la tendenza degli italiani a lasciare la loro liquidità immobile sui conti correnti nei mesi passati, potrebbe essere a una inversione di rotta. Complici la constatazione che l’inflazione galoppante ora sta erodendo il capitale, ma anche una maggiore apertura a elargire prestiti da parte delle banche, le quali a loro volta tirano un sospiro di sollievo vedendo diminuire le sofferenze. Un circolo virtuoso che potrebbe ripresentarsi dopo che si era inceppato fin dall’inizio della crisi innescata da Lehman Brothers nel 2008, ripercuotasi in Italia dal 2015 a cui si è aggiunta poi la pandemia. I dati emergono dall’ultimo Rapporto mensile dell’Associazione bancaria italiana (ABI).

Si riduce l’enorme massa di liquidità lasciata sui conti correnti

In primo luogo il rapporto mostra come gli italiani si stanno forse rendendo conto che lasciare i risparmi sui conti conrrenti significa farli erodere dall’inflazione, e hanno iniziato a investire. In dicembre risulta che la liquidità sia scesa su base annua di 24,1 miliardi di euro a 1.835,4 miliardi (-1,3%). Certo, rispetto al mese precedente risulta in aumento, ma c’è un altro dato che potrebbe essere indice di un cambio di trend: dopo un decennio (dal 2012) con il segno meno, gli investimenti nelle obbligazioni bancarie sono rimasti invariati su base tendenziale e sono cresciuti in dicembre di 1,7 miliardi a 209 miliardi rispetto al mese precedente.

La riduzione dei depositi, dice l’associazione guidata da Antonio Patuelli, è imputabile prevalentemente alle imprese (-33,4 miliardi di euro tra luglio e novembre 2022) che avevano registrato durante il periodo pandemico (tra dicembre 2019 e luglio 2022) un incremento dei depositi di oltre 130 miliardi di euro.
Invece, per la raccolta indiretta, cioè gli investimenti in titoli custoditi presso le banche (sia in gestione sia detenuti direttamente della clientela) si rileva un incremento, ben maggiore, di circa 82 miliardi tra luglio e novembre 2022, di cui 56,7 miliardi riconducibili alle famiglie, 7 alle imprese e il restante agli altri settori (imprese finanziarie, assicurazioni, pubblica amministrazione).

Un altro segnale dello spostamento dal conto corente all’investimento viene dall’enorme richiesta che si si sta verificando per il bond Eni rivolto alla clientela retail, che ha già superato i 2 miliardi.

Quanto rende un tasso sul deposito e quanto sulle obbligazioni

Del resto il mondo dei tassi è cambiato dall’estate scorsa, quando la Bce ha iniziato la sua stretta monetaria. E, seppur molto lentamente, le banche iniziano a offrire qualche rendimento in più per le loro obbligazioni, rispetto ai depositi.

Il tasso medio sul totale della raccolta bancaria da clientela (somma di depositi, obbligazioni e pronti contro termine in euro a famiglie e società non finanziarie) il mese scorso è stato dello 0,62%, (0,58% nel mese precedente) con una media sui depositi (conti correnti, depositi a risparmio e certificati di deposito dello 0,46% dallo 0,42% nel mese precedente e il tasso sui Pronto contro termine si colloca allo 0,92 % da 1,67% il mese precedente. Invece il rendimento delle obbligazioni in essere è salito al 2,12% dal 2,07% nel mese precedente.

Ma crescono molto di più i tassi sui prestiti

Torna a crescere la richiesta di prestiti: quelli a imprese e famiglie a dicembre sono aumentati del 2,1% rispetto a un anno fa. A novembre 2022, per i prestiti alle imprese si registra un aumento del 2,8% su base annua. L’aumento è del 3,8% per i prestiti alle famiglie.
Ma i prestiti hanno un costo. Il tasso medio sul totale dei prestiti è pari al 3,22% in crescita dal 2,96% nel mese precedente e dal 6,18% di prima della crisi, a fine 2007. Il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è pari al 3,44% dal 2,94% del mese precedente e dal 5,48% di fine 2007, mentre il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni è il 3,09% dal 3,06% del mese precedente e dal 5,72% a fine 2007. Lo spread fra il tasso medio sui prestiti e quello medio sulla raccolta a famiglie e società non finanziarie, a dicembre 2022, in Italia risulta pari a 260 punti base (238 nel mese precedente), inferiore rispetto gli oltre 300 punti base di prima della crisi finanziaria (335 punti base a fine 2007).

Migliora la qualità del credito

Dal rapporto emerge che le sofferenze nette (cioè al netto delle svalutazioni e accantonamenti già effettuati dalle banche con proprie risorse) a novembre si attestano a 16,3 miliardi di euro, in lieve calo (circa 350 milioni) rispetto al mese precedente (-2,1%) e inferiori di circa 1,3 miliardi rispetto a novembre 2021. Rispetto al livello massimo delle sofferenze nette, raggiunto a novembre 2015 (88,8 miliardi) il calo è di 72,6 miliardi. Il rapporto sofferenze nette su impieghi totali è pari allo 0,92% a novembre rispetto all’1,02% di novembre 2021 (4,89% a novembre 2015).

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Categories: Economia e Imprese