Ci sono segnali positivi nell’Indagine sul risparmio e le scelte finanziarie degli italiani nel 2019. Il tradizionale appuntamento di metà anno condotto da Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi mette in luce che torna ad irrobustirsi il reddito del ceto medio e recupera parte della prosperità perduta durante la lunga crisi. Sale infatti al 57,5% (dal 51,7%) la quota delle famiglie che percepiscono un reddito tra 1.500 e 3.000 euro al mese.
Nelle scelte di investimento, il primo obiettivo degli italiani continua a rimanere la sicurezza mentre la liquidità mantiene il secondo posto e al terzo si trova il rendimento di lungo termine. Il risparmio gestito raggiunge il 15,3% degli intervistati ma, soprattutto, oltre l’80% di loro si dichiara molto o abbastanza soddisfatto dell’investimento.
Infine, il 2019 registra un record di proprietari di case che rappresentano il 63% del patrimonio complessivo. Tornano a crescere le aspettative pensionistiche e aumenta il numero delle assicurazioni a copertura dei rischi per la salute e a favore della longevità.
Certo, lo scenario congiunturale conserva dei profili di incertezza -dall’inflazione che ristagna alle guerre commerciali tra Usa e Cina – che lasciano prevedere un rallentamento della crescita globale stimata entro il 3%. Tuttavia i segnali incoraggianti, rileva Gregorio De Felice, Chief economist Intesa Sanpaolo, nel presentare l’Indagine, non mancano. E la quota di chi dichiara di essere riuscito a risparmiare raggiunge nel 2019 il 52 per cento, picco degli ultimi sedici anni.
“L’immagine che emerge dall’approfondimento – scrive De Felice – è quella di un’Italia vitale, dinamica e proattiva, disponibile a mettersi (o rimettersi) in gioco contando soprattutto su se stessa e sulle proprie risorse. Sotto questo profilo, è interessante sottolineare che la ricchezza delle famiglie italiane risulta assai meno concentrata rispetto ad altri paesi. Il 10% degli italiani più benestanti detiene infatti il 42,8% della ricchezza netta complessiva; lo stesso dato in Francia è pari al 50,6%, in Germania al 59,8%, negli Stati Uniti al 79,5%.
A questi aspetti positivi va ad aggiungersi la presenza di un nucleo molto forte di piccole e medie imprese che hanno saputo reggere con successo alla pressione della concorrenza internazionale, assicurando al nostro Paese un saldo commerciale positivo e tra i più elevati al mondo. La ricetta del loro successo è condivisa: una spiccata proiezione internazionale, sia con esportazioni che con investimenti diretti produttivi e commerciali; una propensione altrettanto forte a innovare, valorizzando competenze e talenti. I nostri studi dimostrano che le imprese che basano la propria competitività su questi fattori crescono nettamente più delle altre e hanno una profittabilità superiore.
Il sistema economico italiano non è in declino. L’Indagine 2019 conferma che l’Italia ha gli anticorpi per riportarsi su un sentiero di crescita più sostenuto: capacità imprenditoriali, un buon sistema di welfare, un basso livello del debito privato, grande e diffuso spirito di iniziativa, una elevata (e meno diseguale che altrove) accumulazione di risparmio familiare”.
E così gli “ottimisti” – cioè coloro i quali, malgrado le difficoltà dell’economia, hanno creduto nelle proprie possibilità e hanno investito denaro ed energie per realizzare un progetto – sono poco meno del 60% nella fascia di età tra i 24 e i 65 anni.Guadagnano circa 283 in più dei non ottimisti. Il 57% ha ristrutturato la casa o un altro immobile. Infine il lavoro: il 37% ha visto aumentare la propria retribuzione anche se le donne rimangono in coda rispetto agli uomini.