Mps-Mediobanca. Ma anche Unicredit-Commerzbank, Unicredit-Banco Bpm, Banco-Bpm-Anima. E ancora: Banca Ifis-Illimity e Banca Generali-Intermonte. Sullo sfondo Generali, con la sua joint venture con Natixis per la creazione del secondo polo europeo del risparmio gestito, ma anche con gli intrecci azionari legati all’ops che venerdì ha lasciato di stucco il mercato.
Tra prede e predatori, insomma, un fermento così in Italia non si era mai visto neanche nei ruggenti anni novanta. Soggetti coinvolti? Banche commerciali, banche d’affari, gestori di risparmio, assicurazioni. Tanto che parlare di semplice risiko bancario sembra riduttivo. In gioco ormai c’è l’assetto finanziario nostrano, con un obiettivo condiviso: quel consolidamento del credito più volte auspicato anche dall’Europa, che però è troppo ripiegata su se stessa per favorirlo. Ma se le istituzioni stanno ferme, le società hanno deciso di fare da sole.
Risiko bancario: Orcel, Caltagirone e Delfin protagonisti assoluti
Fino a pochi giorni fa non avremmo avuto dubbi. Nel thriller adrenalinico che è diventato il risiko bancario italiano, il ruolo di attore protagonista l’avrebbe interpretato Andrea Orcel, ceo di Unicredit e deal maker tra i più stimati d’Europa, che con le due operazioni lanciate su Commerzbank prima e su Banco Bpm poi ha sparigliato il mercato, dando ufficialmente il via in Italia alla febbre da M&A. Negli ultimi giorni però, la trama si è ulteriormente infittita, tanto da far emergere altri due attori che potrebbero ambire senza indugio al ruolo di co-protagonisti: l’immobiliarista Francesco Gaetano Caltagirone e la Delfin della famiglia Del Vecchio. Il motivo? Una serie di incroci azionari intricatissimi.
Partiamo dall’ultima partita, quella iniziata venerdì tra Mediobanca ed Mps. Caltagirone e Delfin possiedono quote di entrambe le banche, ma anche di Generali. Delfin ha infatti in mano il 9,8% di Mps, Caltagirone il 5% (primo azionista è il Tesoro con l’11%). Entrambi i gruppi sono soci di Mediobanca: Delfin con il 19,8%, Caltagirone con il 5,5%. E ancora: Mediobanca è primo azionista di Generali con il 13,1% e nell’azionariato del Leone ci sono anche Delfin (9,9%) e il gruppo Caltagirone (6,92%).
Non è finita qui, perché Caltagirone possiede quote anche in Banco Bpm (2%) e Anima (3,46%), che a loro volta detengono, rispettivamente, il 5% e il 3,99% del Monte dei Paschi dopo un’operazione realizzata lo scorso 14 novembre.
Senza contare che, se la difficile operazione tra Mps e Mediobanca andasse in porto, forse Unicredit potrebbe avere qualche chance in più di farcela su Banco Bpm, che a quel punto rimarrebbe fuori dal tanto atteso terzo polo italiano su cui il Governo punta da tempo.
Questo, almeno per il momento, è il riassunto del film sul riassetto del sistema bancario italiano.
L’offerta shock di Mps su Mediobanca
Fino a pochi anni fa, nessuno avrebbe mai potuto immaginare un’operazione del genere. Nella prima mattina di venerdì Monte dei Paschi ha lanciato un’offerta pubblica di scambio volontaria da 13,3 miliardi su tutte le azioni di Mediobanca, scatenando un vero terremoto ai piani alti della finanza italiana. Se andassero in porto, le nozze tra Mps e Mediobanca combinerebbero la presenza commerciale sul territorio dell’istituto toscano con le competenze di Piazzetta Cuccia nell’investment banking e nella gestione del risparmio. Ma soprattutto porterebbero alla nascita del tanto agognato terzo polo bancario.
Immediata la reazione della Borsa, con i due titoli che nel corso della seduta sono sempre rimasti in vetta (Mediobanca) e in coda (Mps) al Ftse Mib, andamento che testimonia l’inquietudine degli investitori e trasforma de facto il premio del 5% messo sul piatto dalla banca senese in uno sconto dell’offerta rispetto ai corsi borsistici. Poco convinti gli analisti, che nel corso di un venerdì incandescente hanno sollevato diversi dubbi sull’affare e parlato di sinergie difficilmente individuabili. La mossa non è invece piaciuta per niente all’Ad di Mediobanca Alberto Nagel, che ha bollato l’Opa come “non concordata e ostile”. Chi invece sembra apprezzarla è il Governo: la linea è quella di lasciar fare al “il libero mercato”, una cortesia di cui il libero mercato non ha goduto nell’ambito di altre operazioni, prima tra tutte quella tra Unicredit e Banco Bpm.
Sullo sfondo di un’operazione che ha sconvolto il mercato italiano c’è inoltre Generali, che secondo molti sarebbe il vero obiettivo dell’asse Caltagirone-Delfin, contrari tra l’altro alla joint venture con Natixis annunciata martedì dal Leone che creerà “uno dei maggiori campioni globali con 1.900 miliardi di asset in gestione, al nono posto a livello mondiale per Aum e leader nell’asset management in Europa”.
Risiko bancario: Unicredit apre le danze con Commerzbank e Banco Bpm
Nei dintorni di piazza Gae Aulenti dicono che Andrea Orcel mangi pane e M&a da quando era bambino. E guardando il suo curriculum e le iniziative degli ultimi mesi non si fa fatica a crederci. Anzi, in molti si chiedevano come mai, dopo oltre quattro anni alla guida di Unicredit, non si fosse ancora mosso, anche perché nel frattempo la banca era stata descritta come vicina alle nozze in innumerevoli occasioni. Prima con Mps, unica ipotesi concreta finché Orcel non ha deciso di abbandonare il tavolo col Governo, poi con Mediobanca, con Société Générale e via dicendo. L’11 settembre 2024, la svolta: lasciando a bocca aperta l’intera Europa, Unicredit ha annunciato di aver acquistato il 9% di Commerzbank, poi diventato il 21% e infine, il 28%. Almeno per ora, vedremo cosa dirà la Bce tra febbraio e marzo. Una scalata ufficiosamente ben vista dalle istituzioni europee, ufficialmente avversata dal Governo di Berlino e dal cda della banca tedesca, con la Ceo Bettina Orlopp che qualche giorno fa avrebbe rifiutato un incontro con Orcel per parlare di una possibile aggregazione.
Dell’affare si riparlerà dopo le elezioni tedesche del 23 febbraio, ma nel frattempo Unicredit non è rimasta con le mani in mano, e con un occhio all’internazionalizzazione e con un altro al consolidamento, il 25 novembre 2024 ha lanciato un’opa totalitaria da 10,1 miliardi di euro su Banco Bpm, terzo istituto del Paese. Altra mossa inaspettata, altra mossa che ha suscitato reazioni contrastanti, con il ceo Giuseppe Castagna intenzionato a vendere cara la pelle e il Governo italiano, che su Banco Bpm aveva altri progetti (leggasi terzo polo con Mps), che storce il naso e pensa al possibile uso del golden power. Come andrà a finire? Orcel mostra sicurezza su entrambe le operazioni e va avanti, sperando di aumentare la propria quota di mercato in Italia e di convincere il governo che nascerà in Germania a dare una chance alle nozze con Commerz. “Alla fine del 2025 Unicredit sarà molto più grande grazie a operazioni di M&a”, ha detto Orcel, attribuendo a questo scenario “più del 50% delle possibilità”.
Banco Bpm su Anima e Mps
Solo qualche settimana prima di finire nel mirino di Unicredit, la banca guidata da Giuseppe Castagna aveva fatto la sua mossa: un’opa da 1,58 miliardi, 6,2 euro per azione, su Anima, di cui possiede già il 22,8%, tramite la controllata Banco Bpm Vita. Obiettivo: riportare a casa il risparmio gestito di Anima e delistarla. L’operazione ha ricevuto il via libera del Governo che ha fatto sapere che non eserciterà i poteri speciali, mentre si aspetta l’ok della Consob e dell’Ivass, ma soprattutto la valutazione della Bce sul Danish Compromise. Nel frattempo, il mercato attende un possibile rilancio, sia perché Anima in Borsa si mantiene stabilmente sopra il prezzo di Opa (è a 6,6 euro), sia perché alzare la posta incrementerebbe anche la valorizzazione implicita di Banco Bpm. Una delle contromosse che, insieme all’aumento dei dividendi, Castagna avrebbe in mente per resistere alla corte di Unicredit.
Ma non c’è solo Anima: il 14 novembre, Banco Bpm ha deciso di rompere gli indugi e ha comprato dal Tesoro il 5% del Monte dei Paschi di Siena per circa 370 milioni di euro. Un colpo che non solo ha rafforzato la sua posizione su Mps, ma che, grazie all’Opa su Anima con cui la banca senese ha un importante accordo di distribuzione, potrebbe aprire anche a nuove sinergie. Nell’ambito della stessa operazione che ha visto il Mef vendere una quota complessiva del 15% del Monte, hanno acquistato anche Anima (3% più 1% già in mano), Caltagirone e Delfin (3,7% ciascuno).
Banca Ifis su Illimity
A differenza delle colleghe, Banca Ifis ha atteso il nuovo anno per agire e l’8 gennaio ha lanciato un’opas volontaria su Illimity Bank da 3,55 euro per azione in un deal misto che prevede 0,10 azioni Banca Ifis di nuova emissione e una parte in denaro di 1,414 euro per un corrispettivo totale di 298,49 milioni e un premio del 5,8% sul prezzo di chiusura di Illimity precedente all’offerta. L’operazione ha immediatamente suscitato l’interesse del mercato e degli azionisti, con Banca Sella, socio di primo piano di Illimity con il 10% del capitale, che ha valutato con favore “l’interesse di una controparte solida e credibile” e “le prospettive di valore industriale di breve e lungo periodo” legate all’operazione. In attesa di capire come finirà, il cda della banca fondata da Corrado Passera ha varato un nuovo assetto organizzativo che prevede due co-ceo, Enrico Fagioli e Giovanni Lombardi, e l’uscita del co-fondatore Andrea Clamer e ha nominato due advisor finanziari: Jefferies e Wepartners. Illimity “non trascura alcuna opzione strategica che possa contribuire all’obiettivo di creare valore per gli azionisti e per tutti gli stakeholders della banca”, ha fatto sapere l’istituto pochi giorni fa.
Banca Generali su Intermonte
Si è concluso venerdì 24 gennaio il periodo d’adesione all’offerta di Banca Generali, che lo scorso 16 settembre ha messo sul piatto 98 milioni di euro per acquisire il broker milanese Intermonte. Il prezzo, pari a 3,04 euro per azione, incorpora un premio del 21,9% rispetto al prezzo di Intermonte al 13 settembre (2,49 euro). “Un’operazione che allunga la catena del valore”. Così l’ha definita l’Ad Gian Maria Mossa, che al Corriere ha spiegato di voler fare entrare la banca in una “nuova fase del concetto di protezione patrimoniale”.
In attesa della diffusione dei numeri definitivi, il 17 gennaio Banca Generali ha fatto sapere che dall’inizio dell’Opa erano state portate in adesione 25.105.724 azioni, pari al 77,733% del totale.
Il risikino
Ha raggiunto il traguardo lo scorso novembre l’aggregazione tra DoValue e Gardant, mentre continuano le trattative esclusive tra la banca MCC, Mediocredito Centrale, e Banca del Fucino per l’acquisto dell’85,3% della Cassa di Risparmio di Orvieto e i suoi circa 40 sportelli tra Umbria e Lazio. Lo scorso 30 novembre è invece diventata effettiva la fusione tra Banca Agricola Popolare di Ragusa (Bapr) e Banca Popolare Sant’Angelo(Bpsa), che ha dato vita al primo polo bancario siciliano con il nuovo nome di Banca Agricola Popolare di Sicilia (Baps).