Condividi

Risiko bancario: chi ha deciso di restare fuori dal consolidamento e perché

La partita del risiko bancario diventa sempre più affollata e ormai si fa più fatica a contare chi c’è dentro che chi è rimasto in panchina. Tre banche, al momento, restano fuori dal caos. I loro Ad spiegano il perché

Risiko bancario: chi ha deciso di restare fuori dal consolidamento e perché

Volendo utilizzare una metafora calcistica si potrebbe dire che ormai “la panchina è sempre più corta”. E non a causa degli infortuni o della stagione di mercato invernale, ma perché, di giorno in giorno, i giocatori che decidono di scendere in campo e di giocare la partita del “risiko bancario” aumentano sempre di più.

Tra attaccanti e difensori, predatori e prede, si fa più fatica a contare chi c’è dentro che chi è rimasto fuori e ha scelto di mettersi in quarantena per non farsi contagiare da quella febbre del risiko che da mesi riempie le prime pagine dei giornali. Ad oggi, infatti, sono solo tre, forse quattro, le banche che non stanno comprando o non sono state oggetto di alcuna offerta, restando – per motivi differenti – ai margini di un processo di consolidamento che sembra inarrestabile. Stiamo parlando di Intesa Sanpaolo, Banca Mediolanum e Finecobank, che nelle ultime ore hanno ribadito la loro volontà di non partecipare al campionato di “M&A” in corso e guardare le partite comodamente sedute in poltrona davanti alla tv. Il triangolare potrebbe diventare un quadrangolare considerando anche Banca Generali, che però è scesa in campo nelle amichevoli di pre-campionato con l’offerta da quasi 100 milioni lanciata il 16 settembre 2024 su Intermonte, il cui periodo di adesione si è concluso con successo, portando al delisting del titolo del broker milanese.

Risiko bancario: chi gioca

A dare il calcio d’inizio è Unicredit, prima con la scalata fino al 28% tra azioni e derivati di Commerzbank poi con l’opa da oltre 10 miliardi su Banco Bpm. Quest’ultima a sua volta lancia un’offerta da 6,20 euro per azione su Anima e compra il 5% di Monte dei Paschi per circa 370 milioni di euro. Nell’ambito della stessa operazione, che ha visto il Mef vendere una quota complessiva del 15,7% della banca senese, acquistano anche Anima (3% più 1% già in mano), Caltagirone e Delfin (3,7% ciascuno). 

La partita continua e diventa ancora più serrata, tra prede d’eccezione e incroci azionari intricatissimi. Si arriva al 24 gennaio, giorno in cui, di prima mattina, Mps sorprende il mercato e lancia un’opa totalitaria da 13,3 miliardi su Mediobanca che coinvolge anche le Generali. Ed è a questo punto che l’intreccio si infittisce: Caltagirone e Delfin possiedono infatti partecipazioni di entrambe le banche, ma anche della compagnia del Leone. Delfin ha in mano il 9,8% di Mps, il 19,8% di Mediobanca e il 9,9% di Generali. Caltagirone possiede il 5% di Monte dei Paschi, il 5,5% di Mediobanca e il 6,92% di Generali. Mediobanca è a sua volta il primo socio della compagnia assicurativa con una quota del 13,1%. E volendo complicare ancora di più le cose, bisogna tener conto anche che Caltagirone detiene quote in Banco Bpm (2%) e Anima (3,46%), che a loro volta hanno, rispettivamente, il 5% e il 3,99% del Monte dei Paschi.  

Nel frattempo, arriva un altro colpo, stavolta nell’ambito del risparmio gestito: Generali annuncia una joint venture con Natixis volta a creare un campione dell’asset management con 2 mila miliardi di masse gestite, un’operazione che però fa storcere il naso al Governo e soprattutto ai due soci Caltagirone e Delfin. A questo punto, la partita Mps-Mediobanca-Generali diventa una sorta di match a sé, al quale decide di partecipare anche Unicredit che compra il 4,1% del primo istituto assicurativo italiano.

Finisce qua? Nemmeno per sogno. Perché giovedì 6 febbraio entra in gioco anche il secondo gruppo assicurativo italiano: Unipol che detiene il 24% di Bper e il 19% della Popolare di Sondrio. Ieri sera, infatti, Bper ha lanciato un’Ops da 9,527 euro per azione sulla banca valtellinese, per una valorizzazione complessiva di 4,32 miliardi di euro.

C’è infine un’altra operazione da non dimenticare: l’opas volontaria su Illimity Bank da 3,55 euro per azione lanciata da Banca Ifis circa un mese fa. 

LEGGI ANCHE: Risiko bancario, i 4 mesi che hanno sconvolto la finanza italiana

Risiko bancario: chi resta fuori 

Spettatore interessato della partita in corso è Intesa Sanpaolo, con il Ceo Carlo Messina che più volte ha interpretato il ruolo di “commentatore esperto”, intervenendo per dire la sua sul riassetto. Come quando ha affermato che “i governi dovrebbero rimanere fuori dal risiko bancario”, sottolineando però la volontà della prima banca italiana di stare alla larga dal caos attuale: “Non abbiamo alcuna intenzione di partecipare al consolidamento in Italia. Staremo molto lontani da questa confusione che c’è sul mercato”, ha ribadito Messina pochi giorni fa, spiegando che anche per questioni Antitrust sarebbe difficile fare operazioni capaci di creare valore. “Non abbiamo intenzione di fare alcun tipo di M&A in Italia”, ha detto il banchiere, che ha anche escluso acquisizioni di minore dimensione nell’asset management, chiudendo la porta in faccia a qualsiasi speculazione: “Per Intesa Sanpaolo non vedo alcun tipo di acquisizione in futuro’”. “Quando si gestisce un’organizzazione come la nostra, con 100mila dipendenti, bisogna essere chiari nella direzione che si segue”, ha concluso.

Sugli spalti c’è anche Banca Mediolanum, con l’Ad Massimo Doris che giovedì ha commentato lo studio di Citi, che nei giorni scorsi tornava a ipotizzare una fusione tra l’istituto e Mediobanca. “La mia scrivania è piena di proposte di investment banker fatte varie volte con ipotesi di fusioni di Banca Mediolanum”. D’altra parte, ha evidenziato l’imprenditore, “non c’è niente sul tavolo” e Banca Mediolanum continuerà a crescere per via organica.

Banca Mediolanum è però anche un socio storico di Piazzetta Cuccia, con una partecipazione del 3,49% interamente conferita all’accordo di consultazione. In questo contesto, Doris ha rivelato che è stato colto di sorpresa (“una bella sorpresa”, ha detto) dall’Ops lanciata da Mps su Mediobanca. Si tratta di “un’operazione importante, ma non è il sottoscritto a prendere la decisione se aderire o meno, ma sono i cda che devono decidere sul tema”, ha affermato Doris, passando la palla ai cda di Mediolanum Vita e Banca Mediolanum, “perché la partecipazione è suddivisa tra queste due società”.

E a completare le fila degli spettatori più o meno interessati, c’è Finecobank, anch’essa fuori dal risiko bancario, anch’essa senza nessuna voglia di entrarci: “Il nostro posizionamento è talmente straordinario che non abbiamo bisogno per crescere di passare attraverso un processo di consolidamento“, ha detto l’ad della banca Alessandro Foti durante la conferenza stampa sui risultati 2024. “Le raccolte che effettuiamo tutti gli anni equivalgono all’acquisizione di una piccola banca”, ha aggiunto.

Commenta