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Rischio idrogeologico, troppo pochi i fondi per la messa in sicurezza

Giorgio Minguzzi on Flickr

Ottantacinque milioni di euro per il 2020, 128 per il 2021, 170 per il 2022 da rendicontare come spesa per la progettazione esecutiva, per la messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico. Qualcosa (poco) si muove nella tutela del paesaggio e dei Comuni. La legge di bilancio appena approvata ha stanziato quei fondi per il primo triennio e per gli anni successivi . Dal 2022 al 2034 la previsione sale (poco) a 200 milioni all’anno. Soldi destinati per l’efficientamento energetico delle scuole, degli edifici pubblici e del patrimonio comunale, di messa in sicurezza di strade. I Comuni comunque dovranno comunicare al Ministero dell’Interno entro il 15 gennaio dell’anno dell’esercizio di riferimento i valori della spesa. 

Non si può cantare vittoria, ma è un passo avanti rispetto alle enormi necessità di Regioni, Comuni e Comunità montane per tenere al sicuro milioni di cittadini. Laddove ogni anno si contano danni per miliardi di euro, quando non ci tocca contare morti e feriti. L’Anci ha comunicato, comunque, che il totale del contributo attribuito a ciascun Ente locale è stabilito entro il 28 febbraio di ogni anno dal Ministero dell’Ministero dell’Interno e da quello dell’Economia. Alla base una griglia di priorità: messa in sicurezza del territorio a rischio; messa in sicurezza di strade, ponti e viadotti; messa in sicurezza ed efficientamento energetico degli edifici, con precedenza per gli edifici scolastici, e di altre strutture di proprietà dell’ente.

Quanto sono adeguate queste scelte del Conte 2? Obiettivamente poco se soltanto consideriamo gli interventi di prima emergenza a carico delle Regioni che poi alla fine transitano nel bilancio generale dello Stato, ma sotto altre voci. In più dobbiamo ricordarci che il 2019 è stato davvero un anno terribile per l’Italia dove gli eventi estremi sono costati la vita a 42 persone. Ci sono stati inoltre 157 eventi climatici classificati da Legambiente come nubifragi, siccità, ondate di calore, alluvioni. Tutti con conseguenze sui territori, sull’urbanistica, sulla vivibilità.

Superfluo fare l’elenco dei disastri ma anche della confusione organizzativa e politica che ha accompagnato il Conte 1 o delle incomprensibili polemiche sulle responsabilità centrali o periferiche dei disastri. Il Conte 2 poteva dare segnali più forti, soprattutto con la sinistra al governo che per anni ha proposto leggi sul consumo di suolo e governa ancora due terzi dei territori a rischio. C’è da sperare solo in un 2020 assai diverso dal 2019.

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