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Rischio climatico: solo il 6% delle aziende agricole è assicurato. Appena 2 miliardi di raccolta premi: il Rapporto Ivass 2023

Screenshot - FIRSTonline

Si chiama rischio climatico: siccità, alluvioni, frane, fenomeni climatici sempre più estremi. Si è visto cosa è successo in Emilia Romagna, solo per ricordare uno degli eventi disastrosi più recenti. Al rischio climatico e all’agricoltura Ivass ha dedicato giovedì la Giornata dell’Educazione assicurativa  nel corso della quale è stato presentato il Rapporto 2023 sui Rischi da catastrofi naturali e di sostenibilità. Si parte, dunque, dai numeri: solo il 6% delle aziende agricole e solo il 10% della superfice coltivata risultano assicurati. Con ampio divario nel Paese dove il maggior numero di aziende agricole è posizionato al Sud ma il 79% delle aziende assicurate è nel Nord. Il gap di coperture assicurative per eventi climatici è evidente e sta sempre più diventando un problema collettivo, non solo una questione di scelte individuali.

Rischio climatico e agricoltura: un gap di copertura sempre più ampio, perché?

Le ragioni del gap di protezione sono molteplici: una non corretta autovalutazione del rischio, la percezione delle polizze come costose e complesse, l’aspettativa dell’intervento statale dopo l’evento dannoso. Si è creato un circolo vizioso: cresce il rischio, la raccolta premi è bassa, le compagnie aumentano i costi di assicurazione, gli imprenditori desistono. 

L’intervento pubblico da solo non riesce a soddisfare la domanda che di solito segue un evento calamitoso: è incerto, spesso tarda, e agisce sulla base di criteri generali anziché in modo calibrato sui danni subiti da ciascuna persona o azienda. L’assicurazione privata, se corretta ed efficiente, è certa e commisurata al danno individualmente subito. Lo ha spiegato bene il presidente dell’Ivass Federico Signorini: “La presenza di forti esternalità è un motivo strettamente economico per considerare la sotto-assicurazione dei rischi catastrofali una questione di interesse pubblico e giustifica la cooperazione tra pubblico e privato. La maggiore prontezza e granularità del ristoro assicurativo rispetto a quello basato su provvedimenti pubblici generali ex-post dovrebbe ridurre le conseguenze economiche di un evento calamitoso. C’è evidenza che dove è maggiore l’incidenza dell’assicurazione del rischio contro la calamità, minori e più brevi sono le conseguenze del suo verificarsi sul prodotto e sulla crescita aggregata”.

La via maestra sembra dunque essere la cooperazione tra pubblico e privato. Se ne discute da tempo anche in Italia e Ivass già partecipa ad un tavolo di lavoro presieduto dal Mef, coordinando il gruppo di lavoro sulla scarsa copertura dei rischi catastrofali.

Il Rapporto 2023 sui rischi da catastrofi naturali e di sostenibilità

Ivass ha pubblicato il primo Rapporto sui rischi da catastrofi naturali e di sostenibilità. Riccardo Cesari, consigliere dell’Istituto di vigilanza sulle assicurazioni, ha chiarito come i rischi climatici possano impattare a vari livelli sul mercato assicurativo e che “devono essere pienamente integrati nei processi e nelle politiche di governance delle imprese assicurative”.

Venendo all’indagine, chiusa al 31 dicembre 2021, ha coinvolto le 94 imprese (vita, danni, composite) vigilate da Ivass cui fa capo tutta l’attività di sottoscrizione dei rischi climatici del settore assicurativo italiano. È servita a valutare da un lato il rischio di sostenibilità ESG, un rischio legato a fattori ambientali, sociali o di governance che, se si verifica, può avere un impatto negativo sul valore dell’investimento. D’altro lato sono stati esaminati gli investimenti ecosostenibili e le passività assicurative esposte al cambiamento climatico delle compagnie italiane. Gli “investimenti ecosostenibili” sono quelli che rispettano almeno 1 dei 6 obiettivi ambientali identificati nel Regolamento UE (la cosiddetta tassonomia). Si va dalla mitigazione climatica all’adattamento climatico, dalle risorse marine e acquatiche all’economia circolare, inquinamento, biodiversità.

I principali risultati del Report 2023

Le linee di business dove si concentra la quasi totalità della produzione assicurativa per i rischi naturali sono due, le “assicurazioni incendio e altri danni ai beni” e “altre assicurazioni danni”.

A livello nazionale emerge una significativa concentrazione delle coperture assicurative dei rischi climatici in cinque gruppi assicurativi, leader a livello nazionale nel business danni, che insieme raccolgono il 77% dei premi relativi ai rischi climatici

Il 51% delle imprese ha effettuato investimenti in obbligazioni green o comunque con caratteristiche di sostenibilità (green e social bond, sustainable e sustainability-linked bond). Il 25% dichiara di aver pianificato questa attività, mentre il restante 24% non ha ancora né acquistato né pianificato tale attività di investimento.

È emersa una generalizzata difficoltà da parte delle imprese nella raccolta dei dati in materia di investimenti eco-sostenibili, in particolare di quelli ammissibili ai fini della Tassonomia europea.  

La materialità  del rischio climatico è considerata significativa dal 70%-80% delle imprese che esercitano le aree di attività danni e che hanno in portafoglio coperture dei rischi (40 imprese). Solo il 20% di tali imprese indica di aver implementato e di svolgere valutazioni di impatto dei rischi climatici (fisici e di transizione) sul portafoglio assicurativo

Il 56% delle imprese (sia in termini di numero che di quota investimenti sul totale di mercato) ha valutato non materiale il rischio climatico legato al portafoglio investimenti. Il 12% delle imprese (28% in termini di investimenti) lo ha invece valutato materiale.

Gran parte delle imprese ha indicato di aver stabilito obiettivi di decarbonizzazione del portafoglio investimenti. Il valore medio delle emissioni carboniche finanziate dalle compagnie assicurative attraverso i loro investimenti è di circa 215 tonnellate di CO2 equivalenti per milione di euro di investimento nel settore privato. Va sottolineato che quasi il 60% delle imprese hanno fornito dati parziali in quanto la disponibilità di dati di qualità è ancora scarsa.

Protezione da rischi climatici: i dati di mercato

La raccolta premi per rischi climatici è di 2,1 miliardi di euro nel 2021 (6% del totale rami danni) e quella per il rischio sismico è di 0,4 miliardi di euro (1% della raccolta premi). La grandine è il rischio climatico con la maggior raccolta premi (1,2 mld, pari al 57% dei premi a copertura dei rischi climatici), per il quale le compagnie registrano il combined ratio più elevato, superiore al 100 per cento. Seguono i premi per tempeste (619 mln, pari al 30% dei premi complessivi) e per inondazioni (261 mln pari al 13% dei complessivi). Le compagnie utilizzano la riassicurazione per le coperture contro i rischi climatici in misura superiore a quanto fanno per il complesso dei rami danni. 

Negli ultimi tre anni (2019-2021) gli oneri per i sinistri causati da rischi climatici sono aumentati di circa il 30% (440 miliardi di euro) a fronte di una raccolta assicurativa stabile (da 1,9 mld a 2,1 mld nel periodo)

A fronte di un inasprimento degli impatti (in termini di sinistri e spese di liquidazione) da eventi climatici estremi sul territorio nazionale, nei prossimi 5 anni le compagnie prevedono un incremento dell’attività di sottoscrizione accompagnata da un probabile incremento delle tariffe.

L’indagine verrà svolta anche per l’esercizio 2023 al fine di stimolare le imprese a intensificare gli sforzi per dotarsi di idonei sistemi di catalogazione delle informazioni, costruzione degli indicatori richiesti dalle disposizioni, modellizzazione degli scenari sottostanti tanto alle attività di investimento che di sottoscrizione.

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Categories: Economia e Imprese