C’è un libro che fa discutere. È Come ripartire, il saggio-manifesto di Giovanna Melandri (con Isabella Guanzini, Il Melangolo). Fa discutere perché parla di finanza e di economia ma in un modo nuovo e cioè legando l’economia, e la finanza che ne è strumento, al prodotto che generano e all’utilità per l’ambiente e per la sostenibilità sociale del contesto in cui operano. È questo il tema dell’economia d’impatto (impact economy): si può cambiare il capitalismo? E se si, come? Con una rivoluzione che incorpori nel profitto e nell’economia di mercato un beneficio ambientale e sociale quantificabile concretamente. Per questo lei stessa nel presentare il libro, parla di “economia generativa e non estrattiva”.
Capitalismo, impact economy e il libro di Melandri: “Come ripartire”
Il tema è sicuramente di attualità e non da oggi, dopo la pandemia, la guerra in Ucraina e i vari shock energetici e finanziari degli ultimi anni. Davanti c’è il Pnrr, parte del Next Generation Eu, il progetto europeo pensato proprio per rilanciare l’economia dopo la crisi Covid e che finalizza le risorse erogate al raggiungimento di obiettivi precisi. Un modello che si concilia molto bene con il concetto di impact economy.
Per presentare il libro di Melandri – già presidente del MAXXI, deputato, ministro della Cultura e ora tornata alla vocazione di economista – si sono scomodati Romano Prodi e il cardinale Matteo Maria Zuppi (presidente Cei) a Bologna e molti altri tra economisti, politici, filosofi, uomini e donne di cultura in un “giro d’Italia che ha toccato molte città e che si è concluso a Roma con un incontro – coordinato da Franca Giansoldati, vaticanista e firma del Messaggero – cui hanno partecipato, tra gli altri, Guido Maria Brera (Chief investment officer di Kairos) e il sindaco di Roma Roberto Gualtieri.
Impact economy: una sfida per la finanza pubblica e per quella privata
“Guardando al tema della finanza pubblica, calare in questo contesto il modello impact significa introdurre sulle linee di utilizzo del Pnrr appositi strumenti di valutazione d’impatto sociale, ambientale, di parità di genere, territoriale e così via. Questa è la vera sfida”, spiega Melandri che ha fondato e presiede dal 2009 la Human Foundation. Non meno importante è il capitolo della finanza privata. E qui entra in gioco la finanza a impatto, cioè quella che vuole ottenere intenzionalmente “un impatto positivo misurabile e addizionale rispetto a un investimento tradizionale”. Chiaro che tutto ciò richiede una capacità di misurazione dell’impatto attraverso processi di valutazione sempre più specifici e standardizzati per evitare il rischio del greenwashing.
Massimo profitto e regole: l’opinione di Kairos e Goldman Sachs
E la finanza cosa risponde dopo anni di corsa al massimo rendimento? Guido Maria Brera azzecca un commento efficace. “La finanza è come l’acqua: se ce n’è troppa si provocano danni e allagamenti; se ce n’è troppo poca, la siccità. Quindi servono regole in cui incanalare il flusso”. La finanza d’impatto si inserisce in questo solco se è vero che la richiesta di prodotti di investimento a impatto sociale è in continua crescita.
Lo testimonia, tra l’altro, l’ultima ricerca di Goldman Sachs Asset Management (GSAM) dal titolo “Investing in inclusive growth”. Prima della pandemia, nel 2019, sono stati emessi in totale 50 social bond; un anno dopo il numero era più che quadruplicato, a quota 227, rileva l’indagine che ha consultato 700 professionisti tra CEO, responsabili degli investimenti ESG e gestori di portafoglio. “Il potenziale di crescita del mercato renderà i social bond sempre più interessanti per una gamma più ampia di investitori. Le opportunità offerte dai social bond farà guadagnare loro un posto all’interno di qualsiasi portafoglio ben diversificato”, ha affermato Bram Bos, Global Head of Green, Social and Impact Bonds di GSAM.
Impact economy e bond. Gualtieri: “Uno sforzo si deve fare”
Il tema dei bond certamente interessa Stato ed enti locali che vogliono approfittare del momento favorevole legato al rialzo dei tassi. Ma, ha spiegato il sindaco di Roma Gualtieri, lo strumento dei bond è molto complesso da utilizzare per gli enti locali. “Uno sforzo in questa direzione per raccogliere le enormi liquidità finanziarie disponibili sul mercato – ha detto – lo faremo senz’altro ma lo strumento dei bond non può che essere marginale a livello di ente locale, mentre un balzo significativo può essere fatto a livello centrale nazionale”. Sono tutti stimoli incoraggianti che dovranno fare i conti, come saggiamente avvisa Don Nunzio Galantino, presidente Amministrazione del patrimonio della sede apostolica in Vaticano: “E’ chiaro che gli strumenti finanziari vecchia maniera non rispondono più alle necessità della società in questa fase dello sviluppo. Per sostituirli serve però una forte rottura. Ed è benedirlo con chiarezza”.