“Ripartire, Rinascere” : si condensa in questi due termini la parola d’ordine che attraversa tutta Italia per chiedere alle Istituzioni di sostenere la migliore agricoltura d’Italia e la ristorazione di qualità. All’appello lanciato dai cuochi dell’Alleanza Slow Food hanno aderito fino ad oggi oltre 2500 fra cuochi, contadini, allevatori, artigiani e cittadini. Nel settore agroalimentare, ma non solo, una possibile soluzione è fare rete: dal campo al ristorante.
“Facciamo sì che questa grande crisi ci insegni qualcosa- si legge nell’appello – Non si può ripartire con il sistema produttivo e di sviluppo di prima perché proprio quel sistema è all’origine di questa crisi. Larga parte della comunità scientifica, e con loro la società civile pressoché unanime, ma anche molti economisti, sono concordi nell’affermare che il futuro deve essere più green. Ci vuole un radicale cambio di paradigmi, e l’agricoltura, i sistemi alimentari, possono davvero costituire un perfetto punto di partenza, utile anche a ispirare altri settori. I 17 obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite non sono archiviati, anzi la pandemia li ha resi ancor più attuali e urgenti. E noi di Slow Food non dimentichiamo la lezione dello Stockholm Resilience Centre, che nel rileggere quei 17 obiettivi ci ha detto che il cibo, e solo il cibo, li connette tutti quanti. Dal cibo, da sistemi alimentari buoni, puliti e giusti, da un’agricoltura vocata a questa missione, può ripartire tutto quanto”.
“Grazie alla nostra cucina – si legge nell’appello aperto alla firma di tutti coloro che credono in un futuro basato sulla cura dei territori, sui saperi delle comunità, sul piacere della condivisione – abbiamo diffuso conoscenza, bellezza, piacere. Abbiamo raccontato territori e culture locali. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza il lavoro quotidiano di contadini, allevatori, casari, viticoltori e artigiani che producono con passione e rispetto per la terra e per i loro animali. […] Oggi siamo in crisi, e con noi lo sono i nostri produttori, una parte dei quali faticava già prima a reggere la concorrenza dell’agroindustria e le logiche del mercato e della distribuzione. La parte migliore dell’agricoltura di questo Paese dipende, infatti, fortemente dalla ristorazione di qualità. Crediamo che l’immagine di questo Paese sia legata alla sopravvivenza di queste aziende e di chi, proponendo i loro prodotti, li rappresenta al meglio”.
Secondo recenti dati di Unimpresa, il 30% delle attività commerciali di vendita al dettaglio e somministrazione a giugno non avrà le condizioni economiche per ripartire e non riaprirà. Nella ristorazione, in particolare, non si sa ancora bene cosa accadrà alla riapertura: è un settore terribilmente in crisi. E proprio da questo settore arriva la richiesta forte di maggiore attenzione a tutto il comparto agricolo e alimentare, consapevoli che oltre ai ristoratori e al loro personale, sta andando in crisi anche tutto un mondo di produttori virtuosi di piccola scala, inclusi quelli supportati e messi in rete dai progetti di Slow Food (Presìdi, Mercati della Terra, Comunità di produttori, le reti Slow Beans e Slow Mays, e altre). Produttori che riescono a mantenere un tipo di produzione fatto di cura e rispetto per la terra e per chi la lavora anche grazie al rapporto privilegiato con la migliore cucina del nostro paese, che ai loro prodotti attinge a piene mani. Oggi questi produttori registrano cali che arrivano fino al 60% del proprio fatturato in conseguenza della prolungata chiusura dei ristoranti.
I cuochi dell’Alleanza che hanno lanciato l’appello riconoscono l’importanza delle richieste fatte dalle associazioni di categoria, ma hanno voluto evidenziare un elemento in più, la forza del dialogo interno alla filiera.
“Chiediamo quindi di estendere il credito di imposta, già previsto per alcune spese legate all’emergenza Covid-19 – si legge nel documento – agli acquisti di prodotti agricoli e di artigianato alimentare di piccola scala legato a filiere locali (dove per locale si intende la dimensione regionale), in una misura pari almeno al 20%, da aumentare al 30% nel caso in cui tali aziende pratichino un’agricoltura biologica, biodinamica, o siano localizzate in aree marginali, disagiate e di particolare valore ambientale del nostro Paese. Un provvedimento come questo rappresenterebbe una grande occasione, economica, sociale e culturale: permetterebbe di innalzare il livello dell’offerta gastronomica italiana, garantendo una maggiore qualità, e al tempo stesso sosterrebbe e rilancerebbe le piccole e medie aziende agricole locali e il turismo rurale, che vive essenzialmente di paesaggi agrari. Infine, aiuterebbe i ristoratori ad affrontare mesi e forse anni difficili.
Rete dei cuochi e Slow Food si dicono consapevoli del ruolo centrale che possono avere le istituzioni per sviluppare iniziative a sostegno di chi genera economie e benessere per tutta la comunità e non solo per la propria impresa. Per chi acquista prodotti di agricoltori, allevatori e artigiani del proprio territorio. Perché i veri nemici da combattere nel post pandemia saranno ancora la perdita di biodiversità, l’erosione del territorio, l’inquinamento dell’aria, dell’acqua, l’impoverimento della fertilità nei nostri terreni, la cementificazione, l’abbandono delle aree rurali e dei piccoli borghi, lo spreco alimentare, lo sfruttamento del lavoro, l’indifferenza per chi produce con attenzione alle ragioni e ai tempi della natura e l’individualismo, che fa prevalere l’io sul senso di comunità.
Firmare questo appello è il primo passo che Slow Food propone per una nuova strategia che abbraccerà tutti i temi su cui l’associazione lavora da oltre 30 anni, cercando nuovi strumenti e nuove alleanze per fronteggiare non solo questa emergenza, ma una lunga crisi da cui possiamo e dobbiamo uscire migliori.