In un 2024 che si sta rivelando eccezionale per i mercati finanziari, il settore delle utilities ha cavalcato l’onda alla grande con un impressionante +30%. Tuttavia non si può per nulla attribuire il merito di questa performance alla transizione energetica e alle energie rinnovabili, come inizialmente si pensava. In effetti molti hedge fund, nonostante gli incentivi climatici e le politiche a supporto della transizione energetica, hanno assunto posizioni ribassiste proprio contro i settori legati alle energie rinnovabili, come il solare, l’eolico, l’auto elettrica
“La transizione energetica, per quanto inevitabile, non ha ancora convinto gli investitori, frenata com’è da fattori come tassi di interesse elevati, politiche protezionistiche e supply chain complesse legate soprattutto alla Cina” osserva Gabriel Debach, italian market analyst eToro. “Finché queste incertezze persisteranno, i capitali continueranno a evitare le rinnovabili e la mobilità elettrica, favorendo investimenti più consolidati e meno rischiosi.
In un S&P 500 da record, sono le utilities a guidare il mercato
Il 2024 si sta rivelando un anno eccezionale per i mercati finanziari, con lo S&P 500 che ha registrato 47 nuovi massimi storici da inizio anno e un rendimento superiore al 20%. Inoltre, ad oggi, lo S&P 500 si colloca sulla buona strada per realizzare la migliore performance del secolo, superando ogni altro anno dal 1999 in avanti.
In questo anno, in cui non sono mancate le incertezze economiche e geopolitiche, gli investitori hanno scelto un bilanciamento strategico tra crescita ed esposizione difensiva, “portando a un’interessante rotazione settoriale” dice Debach. “Settori come comunicazioni, sanitario, energia, utilities e tecnologia si sono alternati al vertice delle performance durante l’anno” dice Debach. Attualmente nessun settore dell’S&P 500 registra rendimenti negativi, ma “sono le utilities a guidare il mercato con un impressionante +30% nel 2024: nonostante il comparto sia spesso trascurato, per la difficoltà di costruire una narrativa accattivante attorno a servizi come luce e gas, quest’anno la domanda di energia e la ricerca di stabilità ha reso il settore particolarmente attraente per gli investitori, trasformandole in un’opzione di investimento di tendenza”. Non è la prima volta che le utilities brillano: dal 2001, questo comparto ha già raggiunto due volte, e questa sarebbe la terza, il primato tra i settori dell’S&P 500, sebbene abbia anche registrato il maggior numero di performance annuali inferiori (sei volte), insieme al settore energetico.
A oggi, il settore delle utilities rappresenta solo il 2,51% dell’indice S&P 500, con un peso superiore soltanto ai comparti dei materiali e del Real Estate. Le utilities sono tradizionalmente considerate un settore difensivo, offrendo rendimenti stabili con una volatilità contenuta rispetto ai comparti più ciclici, come tecnologia o consumi discrezionali. Questo approccio si riflette, dati dal 2001 al 2023, in una mediana dei rendimenti pari all’8,5%.
Anche in Italia ed Europa le utilities crescono, anche se meno
In Italia, il comparto delle utilities da inizio anno ha registrato una crescita del 13,67%, sottoperformando l’indice FTSE Italia All-Share e posizionandosi subito sotto la media del mercato, che vede i rendimenti migliori concentrati nei comparti finanziario (+44,31%), industriale (+24,02%) e delle materie prime (+23,97%).
Anche in Europa, con lo Stoxx 600 come benchmark, emerge una dinamica analoga: pur rimanendo immediatamente sotto la media del mercato, il settore delle utilities non riesce a tenere il passo delle migliori performance. Mentre lo Stoxx 600 guadagna l’8,58%, le utilities segnano un +4,34%. I settori media (+18%), retail (+16,5%), finanziario (+16,1%) e industriale (+15,54%) guidano le sovraperformance.
Prendendo in considerazione le principali aziende utilities europee con una capitalizzazione superiore ai 5 miliardi di euro, emerge che un portafoglio equiponderato su queste 35 società avrebbe generato un rendimento di circa il 4% da inizio anno. Tra le big del settore, Iberdrola ha registrato un notevole rialzo del 23%, mentre Enel ha segnato un +14%, confermando la forza relativa di alcuni leader nonostante la generale sottoperformance del comparto.
Il successo delle utilities non deriva da transizione energetica e rinnovabili
L’aspetto interessante è che l’attuale interesse per le utilities non sembra derivare direttamente dalla transizione energetica, come inizialmente previsto. Il 2024 ha infatti visto uno scenario energetico inaspettato: l’uranio si è affermato come una sorpresa positiva, mentre il petrolio ha mantenuto una certa stabilità, e le rinnovabili hanno faticato a sostenere lo slancio iniziale. Questo ha spostato l’attenzione degli investitori verso settori come le utilities e le infrastrutture, considerati baluardi di stabilità e crescita in un contesto di mercato incerto.
Hedge fund ribassisti su settori legati alle energie rinnovabili
Nel 2024, molti hedge fund hanno assunto posizioni ribassiste contro i settori legati alle energie rinnovabili, nonostante gli incentivi climatici e le politiche a supporto della transizione energetica.
“Questo scetticismo nasce principalmente da due fattori: l’attuale contesto di tassi d’interesse elevati, che rende più costoso finanziare nuovi progetti, e la forte dipendenza della supply chain dalla Cina, già aggravata dalle tensioni commerciali globali” osserva Debach.
Come ha sottolineato Claudio Descalzi, Ceo di Eni, commentando i primi sei mesi del 2024: “La transizione energetica è irreversibile, ma sarà sostenibile solo se consentirà rendimenti che attraggono capitale privato”. Questa dichiarazione evidenzia la sfida chiave per le rinnovabili: senza profitti competitivi, diventa difficile attrarre gli investimenti necessari per accelerare la transizione.
In netto calo gli Etf sui settori solare, eolico e mobilità elettrica
Nel frattempo, gli hedge fund hanno intensificato le loro scommesse al ribasso su settori chiave della transizione energetica, come il solare e la mobilità elettrica, segnalando scarsa fiducia nella velocità della transizione verso un futuro più sostenibile. A ciò si aggiungono le difficoltà legate ai tassi di interesse elevati, alla guerra dei prezzi e alle interruzioni nella supply chain, in particolare per componenti provenienti dalla Cina: tutti elementi che hanno reso meno attraenti questi investimenti.
L’Invesco Solar ETF (TAN) ha perso quasi il 25% da inizio anno, mentre il KraneShares Electric Vehicles ETF (KARS) è sceso del 11%, evidenziando un sentiment negativo degli investitori verso queste industrie emergenti. Un esempio concreto delle difficoltà del settore è l’ETF TAN (-23% da inizio anno), che rappresenta il comparto solare. Questo ETF ha subito pressioni significative a causa della dipendenza dalle forniture cinesi e dei dazi commerciali, riducendo la competitività del solare e spingendo molti hedge fund a posizionarsi con vendite allo scoperto. Tuttavia, non tutti gli operatori nel settore solare hanno sofferto allo stesso modo. First Solar, grazie a una catena del valore interamente localizzata negli Stati Uniti, ha registrato un guadagno del 22% nel 2024, dimostrando che la gestione strategica della supply chain può fare la differenza anche in un contesto difficile.
Anche il comparto eolico ha faticato, con l’ETF FAN che ha registrato un modesto +4,95% YTD, ben lontano dalle aspettative iniziali.
L’energia in controtendenza: dal nucleare al petrolio
Tuttavia, un’energia in controtendenza nel 2024 è stata il nucleare, con il Global X Uranium ETF (URA) che ha guadagnato oltre il 16%. L’uranio ha catturato l’attenzione degli investitori grazie alla necessità di fonti energetiche stabili e a basse emissioni, sostenuto dagli sforzi di Europa e Asia per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Nel frattempo, l’iShares Global Energy ETF (IXC), che traccia le principali compagnie petrolifere e del gas, ha segnato un +6,8%, confermando il ruolo strategico ma non dominante del petrolio nel contesto energetico odierno. Nonostante i conflitti geopolitici e le esigenze energetiche a breve termine, il prezzo del WTI Crude Oil è rimasto praticamente invariato, con un modesto -6% su anno, indicando che il petrolio non è stato il principale driver della performance del mercato quest’anno.