La matassa delle pensioni comincia a dipanarsi. Venerdì, o al più tardi martedì prossimo, il Consiglio dei ministri darà il via libera a un decreto legge per stanziare 3-3,5 miliardi di euro solo nel 2015. Questa somma – recuperata in parte con il tesoretto da 1,6 miliardi di cui si è parlato nelle scorse settimane, in parte con i proventi della voluntary disclosure – sarà impiegata per avviare i rimborsi imposti dalla recente sentenza della Consulta, che ha dichiarato incostituzionale il provvedimento con cui nel 2012 il governo Monti ha bloccato la rivalutazione degli assegni previdenziali a partire dai 1.400 euro.
Il Governo prevede di restituire le somme non corrisposte nel biennio 2012-2013 in modo graduale e differenziando gli importi: i soldi diminuiranno al salire delle fasce di reddito, interrompendosi a partire dai trattamenti che marcano il confine delle pensioni alte, ovvero quelli che valgono fra i 2.500 e i 3.500 euro lordi al mese. L’operazione, che in tutto dovrebbe costare fra i 4 e i 4,8 miliardi, si chiuderà verosimilmente con una serie di rimborsi scaglionati in diversi anni.
Le coperture dovrebbero esserci, ma Bruxelles ha già lanciato più di un avvertimento all’indirizzo di Roma, sottolineando l’importanza di non compromettere la stabilità dei conti pubblici, soprattutto per quanto riguarda il limite del 3% imposto dall’Europa al rapporto deficit-Pil. Per garantire il rispetto del Patto di Stabilità, quindi, molto probabilmente il Governo italiano affiancherà al decreto sui rimborsi delle pensioni una clausola di salvaguardia: se i fondi previsti non basteranno, per rispettare la sentenza della Corte Costituzionale non si produrrà ulteriore disavanzo, ma scatteranno automaticamente nuovi tagli alla spesa pubblica. Non è ancora chiaro quale voce del bilancio statale sarà coinvolta dalla misura.
In ogni caso, ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha rassicurato ancora una volta la Commissione europea: nel 2015 il deficit italiano non andrà oltre il 2,6% del Pil e il nostro Paese ribadisce l’impegno a rispettare la regola del 3% anche negli anni a venire. “Mi congratulo per la grande fantasia con cui sono state ipotizzate dalla stampa cifre e soluzioni”, ha detto ieri da Bruxelles il numero uno del Tesoro, chiedendo ai giornalisti di aspettare la decisione ufficiale dell’Esecutivo “per non allarmare i pensionati”. Padoan ha quindi garantito che la soluzione sarà trovata “nel rispetto pieno dei principi che hanno condotto alla sentenza. Il Governo sta lavorando per una soluzione che minimizzi l’impatto sulla finanza pubblica e permetta di rispettare tutti i parametri di finanza pubblica come scritto nel Def”.
In mattinata il premier Matteo Renzi aveva assicurato che non cambieranno i saldi “e comunque ci manterremo nelle regole Ue. Ci prenderemo il tempo necessario per evitare di fare degli errori come chi ci ha preceduto: la sentenza non dice che bisogna pagare domani mattina tutto”. Sui tempi, però, Bruxelles dovrebbe aver convinto il Presidente del Consiglio a seguire la linea di Padoan, con cui lo stesso Renzi ha avuto ieri sera una lunga riunione dopo i tavoli tecnici al Tesoro.
Ad ogni modo, anche se il decreto fosse varato venerdì, l’Inps non riuscirebbe a far partire i rimborsi prima di luglio, lo stesso mese in cui, per effetto dello stesso decreto, dovrebbe iniziare anche il livellamento dei pagamenti previdenziali al primo del mese.