Pierferdinando Casini, Pierluigi Bersani e Angelino Alfano per ora sono d’accordo soltanto sull’obiettivo di mettersi d’accordo per fare prima le riforme istituzionali e subito dopo (fine del 2012) quella elettorale. Non è poco, ma non è neanche tutto.
Andiamo per ordine. Si dovrebbe puntare ad una ravvicinata diminuzione del numero dei parlamentari, che saranno ridotti a 500 deputati e 250 senatori. Quindi si punterà al superamento del bicameralismo perfetto: non più due camere fotocopia, ma diversi compiti tra la Camera e il Senato. Al tempo stesso dovrebbe essere introdotta la sfiducia costruttiva e dovrebbero aumentare i poteri del presidente del Consiglio. Il quale così potrà nominare e revocare i componenti del Governo. Nel frattempo i partiti dovrebbero provvedere ad una propria autoriforma, piuttosto urgente anche alla luce dei più recenti scandali di finanziamenti irregolari che hanno caratterizzato la seconda repubblica, quasi più della prima.
Come si vede, un programma vasto e non breve. Ma è importante (e questa è una cosa concreta) che i tre leader del Terzo polo, del Pd e del Pdl si siano trovati d’accordo nel prevedere di approvare entro tre settimane un comune documento d’indirizzo parlamentare, per dare un concreto punto di partenza a questo complesso iter di riforme. Iter che sarà soltanto nelle mani dei partiti e del Parlamento. Il Governo infatti non intende entrare in quella che è materia prettamente parlamentare.
Certo se il proposito di varare il documento parlamentare in tre settimane diverrà realtà il passo avanti sarà concreto. Ma ricordiamoci il vecchio motto di Trappattoni: “Non dire gatto se non lo hai nel sacco”. E perché il gatto sia davvero nel sacco ci dovrà essere anche la riforma elettorale, vale a dire l’abolizione del Porcellum. Non dimentichiamo poi che per la legge elettorale è un po’ come per la nazionale di calcio. Tutti hanno una propria ricetta e si sentono commissari tecnici. E questo per la nazionale non è un buon viatico per l’allenatore. Per la politica non lo è per chi le riforme deve farle in concreto: partiti e Parlamento.