La riforma del trasporto aereo sarà una riforma anti-low cost? A giudicare dal disegno di legge delega per il riordino del trasporto aereo che ha per prima firmataria Giulia Lupo, un tempo hostess Alitalia e ora senatrice M5S, sembra proprio di sì. E forse per questo c’è già chi lo ha ribattezzato Ddl anti-Ryanair. A leggere il testo, quello sembra sia il punto d’arrivo – rendere più costoso alle low cost lavorare in Italia – per favorire il rilancio-rinazionalizzazione di Alitalia che vede schierate le Fs da un lato e dall’altro il ministero dell’Economia, pronto ad entrare nel capitale attraverso la conversione in azioni di una quota del prestito-ponte da 900 milioni erogato alla compagnia di bandiera e in scadenza il prossimo giugno. Una linea in contraddizione con la trattativa, appena annunciata da Fs per Alitalia, con l’americana Delta e l’inglese easyJet, una low cost appunto.
Proprio la concomitante scelta dei due partner industriali per Alitalia potrebbe avere consigliato prudenza tanto che sul Ddl, recentemente assegnato alla commissione Lavori Pubblici del Senato, non è ancora stata avviata la discussione. Discussione che potrebbe però diventare imminente a seconda delle scelte che farà il governo. L’alternativa è che diventi un nuovo terreno di scontro con la Lega, ma lo si vedrà a breve. Il testo è tutto interno al M5S – oltre a Lupo gli altri firmatari sono tutti pentastellati – e sono in parecchi a chiedersi, anche tra le compagnie aeree, cosa vorrà fare la Lega e quale sarà il punto di caduta.
Giova ricordare infatti che Ryanair è prima in Italia per quota di mercato (28%), vola in 29 aeroporti e conta di “trasportare nel periodo aprile 2019-marzo 2020 di trasportare 40 milioni di passeggeri, un milione in più rispetto ai dodici mesi precedenti», ha dichiarato al Corriere della Sera Kenny Jacobs, Chief marketing officer della compagnia irlandese. EasyJet, invece, ha i suoi punti di forza a Milano Malpensa e Napoli e opera complessivamente in 18 scali italiani.
Cosa prevede il nuovo disegno di legge di riforma del trasporto aereo?
NEL MIRINO LOW COST E IL CO-MARKETING
Nel mirino ci sono la revisione delle tariffe aeroportuali, delle concessioni (molte scadranno nel 2040), degli spazi aerei. E poi contratti di lavoro uguali per tutti gli operatori che volano in Italia, siano essi italiani o stranieri, e fine dei contratti a termine. In particolare i 5 Stelle vedono come il fumo negli occhi il cosiddetto co-marketing ovvero quegli accordi, superato il primo periodo di tre anni, che vedono compagnie e regioni alleate nella pubblicità agli scali e alle località turistiche collegate. Accordi nei quali i senatori M5S vedono – e non sempre a torto visto che le stesse Regioni non sempre li rendono pubblici – delle forme di finanziamento poco trasparenti.
Che ci sia bisogno di rendere più razionale ed efficiente il trasporto aereo – nel Paese dei 120 mini-aeroporti – sono in parecchi a sostenerlo e non da oggi; ma come sempre è sulla scelta dei rimedi da adottare che cade il Ddl. Ovunque infatti traspare un’impronta dirigista.
TRASPORTO AEREO: ALITALIA FIRST
Ecco alcuni passaggi della relazione al Disegno di Legge:
“I vettori europei possano operare in Italia senza l’obbligo di stabilire nel nostro Paese una sede secondaria o una rappresentanza stabile. Questo ha determinato svantaggi competitivi a danno del vettore aereo nazionale e ha ridotto la tutela normativa dei passeggeri-consumatori italiani che si rivolgono a vettori i quali, pur abilitati ad operare in Italia, applicano regole diverse. Tra gli Stati europei, l’Italia è il Paese in cui le compagnie low cost hanno raggiunto le quote di mercato più elevate nel trasporto aereo di linea”.
E poi ancora:
” Le compagnie aeree in questione si trovano in una posizione di forza, poiché si stabiliscono con la maggior parte degli aerei su un dato aeroporto, costringendo il gestore aeroportuale ad investire somme consistenti in infrastrutture, uomini e mezzi”.
“I benefici dell’espansione del mercato del trasporto aereo italiano vengono assorbiti e sfruttati da compagnie straniere e gran parte di questa fuga di proventi è foraggiata da contributi palesi o occulti erogati da aeroporti o enti locali italiani a favore delle compagnie low cost”.
Appare chiaro, dunque il disegno che, attribuendo la crisi di Alitalia all’avanzata delle low cost, punta – ridimensionandole – a garantire un mercato protetto per la compagnia di bandiera.
Altri aspetti del disegno pentastellato puntano a concentrare il traffico passeggeri prevalentemente verso Roma Fiumicino e Milano Malpensa. Il calo di traffico per gli scali minori, verrebbe parzialmente coperto con la possibilità per alcuni aeroporti di venire utilizzati soprattutto per i veicoli della protezione civile, del servizio anti-incendio, della Polizia, per i volo da diporto e sportivo e i voli cargo. La gestione degli scali verrebbe tolta agli enti locali e per risolvere il nodo degli scali in perdita arriva una proposta-choc: “si potrebbe mutuare il modello spagnolo dell’Aena che gestisce tutti gli aeroporti spagnoli – scrivono i senatori M5S – in modo che i profitti degli uni vadano a coprire le perdite degli altri”. Non è chiaro se includendo anche Adr (controllata da Atlantia, che gestisce Fiumicino) e Sea (controllata al 54% dal comune di Milano, che gestisce Linate-Malpensa) oppure no.