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Riforma Senato: in Europa solo la Spagna ha due Camere elettive, ma la fronda Pd attacca

Con la riforma del Senato l’Italia si avvicina all’Europa. A sostenerlo è Roberto D’Alimonte, docente di Sistema Politico Italiano alla Luiss. In un intervento sul Sole 24 Ore, il politologo – considerato vicino a, e talvolta consigliere di, Matteo Renzi dopo aver collaborato alla stesura dell’Italicum, difende la trasformazione di Palazzo Madama.

“I Paesi dell’Europa occidentale che appartengono all’Unione europea sono 15 (oltre l’Italia) – scrive D’Alimonte – In 7 la seconda camera non esiste. Negli altri 8 paesi solo in Spagna la seconda camera è in gran parte elettiva. Eppure l’idea di un Senato non eletto direttamente dai cittadini suscita scandalo. Si arriva a parlare di svolta autoritaria”

Secondo D’Alimonte, la proposta di Renzi è una “soluzione moderata” che “solo alla luce dell’immobilismo degli ultimi 30 anni può apparire come una riforma rivoluzionaria.” La vera rivoluzione sarebbe stata l’abolizione del Senato. Con la riforma invece si avrà una Camera dei deputati sovraordinata all’altra. Un grande passo in avanti che non renderà l’Italia come la Svezia, ma – semmai – come la Germania, dove i membri del Bundesrat, che ha potere di veto soprattutto in materia finanziaria, sono nominati dai governi dei lander, mentre solo il Bundestag dà la fiducia al governo.

Rispetto al modello tedesco, la proposta di Renzi presenta analogie e differenze. Oltre ai rappresentanti delle regioni, nel nuovo Senato ci saranno anche quelli dei comuni e 21 senatori nominati dal capo dello Stato. Come a Berlino, Palazzo Madama non darà la fiducia all’esecutivo.

“In sintesi – sostiene D’Alimonte – la riforma in discussione da noi non si discosta dalla realtà degli altri Paesi europei, grandi e piccoli. Alla fine del percorso quello che conta è che la nuova assemblea abbia le quattro caratteristiche più volte ripetute da Renzi: non sia eletto direttamente dai cittadini; i suoi membri non percepiscano nessuna indennità; non dia la fiducia al governo (che dovrà ottenerla dunque solo dalla Camera); non abbia voce in capitolo sul bilancio dello Stato. Tutte cose assolutamente ragionevoli e lungamente attese.”

L’ostacolo al cambiamento, secondo il politologo, è costituito dall'”accanito conservatorismo provinciale di molti parlamentari e di altrettanti intellettuali”. Il riferimento sembra essere alla fronda del Pd vuole presentare proposta di eleggibilità del Senato. “Per questo – conclude – il ricorso alle urne, anche con il sistema elettorale della Consulta, è una opzione da mettere sul tavolo per non finire nella palude.”

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Categories: Politica