Rai sotto i riflettori. Non solo per l’offerta pubblica di acquisto e scambio lanciata da Mediaset su Rai Way che ha scatenato tensioni politiche e dietrologie a non finire. L’altro fronte caldo è la riforma della governance di Viale Mazzini insieme al piano di riorganizzazione interna del direttore generale Luigi Gubitosi. Sulla riforma i rumors dicono che il premier Matteo Renzi deciderà entro domenica. Il piano Gubitosi, che prevede l’accorpamento dei Tg, arriva invece oggi in Cda.
La riforma che Renzi ha minacciato di presentare per decreto, si snoda su un doppio binario. Prima ipotesi: la nascita di una fondazione cui trasferire la proprietà della Rai, consiglio d’amministrazione snello a cinque membri, direttore generale forte. Tempi, però, piuttosto lunghi per il passaggio delle azioni. Seconda ipotesi: rivedere velocemente i criteri di nomina della legge Gasparri con un sistema duale in cui un Consiglio di sorveglianza nomina il Consiglio di gestione, lasciando a quest’ultimo i poteri di riformare la Rai del futuro. I tempi, decreto o no, sono comunque molto stretti se l’intenzione è di nominare il prossimo consiglio Rai con le nuove regole. L’attuale Cda, presieduto da Anna Maria Tarantola, scade tra poche settimane.
Ne parla oggi a lungo il Corriere della Sera ricordando che: “Renzi vuole chiudere sulla Rai e ha sul tavolo le riflessioni del sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, e di Lorenza Bonaccorsi, responsabile cultura del Pd. Due le ipotesi. La prima, «classica»: nascita di una fondazione che erediti la proprietà della Rai, Consiglio di amministrazione snello, a cinque membri, direttore generale che riunisca (modello Ettore Bernabei) poteri editoriali ed economici. Incognita: i tempi lunghissimi di trasferimento delle azioni Rai alla fondazione. Seconda ipotesi, che sembra prendere corpo nelle ultime ore, esposta dall’ex consigliere Rai Carlo Rognoni il 17 febbraio sull’ Huffington Post: rivedere rapidamente la legge Gasparri sui criteri di nomina dei vertici, un sistema «duale», un Consiglio di sorveglianza allargato alla società civile che nomina un Consiglio di gestione con un presidente-amministratore delegato «con tutti i poteri per rifondare la Rai di domani». Renzi pensa a una Rai produttrice di cultura diffusa, con una sola redazione giornalistica, ridotta nel numero dei canali tematici, forte nell’imporre la sua fiction all’estero. Il problema, Renzi lo sa bene, sono i tempi. Il Consiglio di amministrazione presieduto da Anna Maria Tarantola scade tra poche settimane. Inimmaginabile il commissariamento: la vendita parziale di Rai Way permetterà al direttore generale Luigi Gubitosi di chiudere il bilancio 2014 in attivo di alcune decine di milioni di euro”.
Rai o Bbc? L’accorpamento dei Tg Rai voluto dal direttore generale Gubitosi è stato bocciato dalla commissione parlamentare di vigilanza che ha dato, sì, il suo via libera a condizione però che i Tg rimangano tre oltre a Rainews, Tg regionali e Rai Parlamento. Anche su questo si registrano polemiche e prese di posizione in difesa del piano Gubitosi sul quale il Pd, in commissione di vigilanza della Rai, si è astenuto dal presentare emendamenti con un implicito assenzo al progetto del direttore generale. Milena Gabaneli si è schierata a favore del taglio dei telegiornali, come riporta oggi Huffington Post: “Nessuno al mondo ne ha tre”.
E dunque saluta con entusiasmo il piano di Gubitosi: “Per la prima volta, dalla caduta del muro di Berlino, un direttore generale ci sta provando: accorpamento sotto un’unica direzione di Tg1 e Tg2 , che trasmetteranno due prodotti diversi; il Tg1 le notizie rilevanti del giorno e quelle istituzionali, mentre il Tg2 si dedicherà a fatti di costume e grandi eventi. Sotto un’unica direzione finiranno poi il Tg3 (con un’offerta posizionata sull’informazione estera e sociale), Tgr, e Rainews 24, con implemento dell’edizione online che ingloberà anche le notizie locali. Un primo passo verso la “modernità” che dovrebbe essere, in un futuro (speriamo prossimo), quella di avere un unico sistema organizzativo a cui faranno capo tutte le piattaforme news e un solo tg nazionale. Ci sarà anche da sistemare la spinosa questione delle sedi locali: troppe, occupano spazi enormi, inutilizzati e onerosi.
Allo stesso tempo, mette in guardia Matteo Renzi dal pericolo di far rientrare i partiti dalla finestra: “Il vero punto cruciale dovrebbe invece essere il criterio di nomina dei nuovi due direttori. Se non vengono pescati fra chi ha competenze dimostrate sul campo, fallirà l’intera operazione (nell’auspicabile ipotesi che vada in porto). Siamo sicuri che Renzi non mente quando dice che vuol buttare fuori i partiti dalla Rai, e pertanto non si sognerà di metterci becco. Mentre sarebbe interessante sapere cosa intende quando dice che vuole cambiare le regole. Non darà indicazioni sul nome del nuovo direttore generale? Vuole abolire la Commissione di Vigilanza perché di fatto è un parlamentino, e sostituirla con un organo più simile al BBC Trust? Benissimo”.
La parola torna ora alla politica.