“Elimineremo la Fornero”. Nonostante gli slogan il governo di centrodestra non ha mantenuto, neanche quest’anno, le sue promesse in ambito previdenziale. Il problema è sempre lo stesso: i ristretti margini della finanza pubblica lasciano poco spazio di manovra per la riforma delle pensioni. Non solo. Le novità del 2024 sembrano persino peggiorative, andando addirittura a rafforzare il sistema basato sulla riforma Monti-Fornero del 2011. Ma il problema del sistema previdenziale italiano è un altro: il continuo susseguirsi di formule per il pensionamento anticipato, senza una strategia precisa, ha creato flessibilità ma vanificato risparmi. Ne è convinto Alberto Brambilla, presidente di “Itinerari previdenziali” e già sottosegretario al Lavoro, che nell’ultimo rapporto del Centro studi “Il bilancio del sistema previdenziale italiano. Andamenti finanziari e demografici delle pensioni e dell’assistenza per l’anno 2022” indica una ricetta di riordino pensionistico su quattro punti: riduzione dei canali per l’anticipo pensionistico, mantenimento dell’anzianità contributiva, superbonus per chi lavora fino a 71 anni, e equiparazione delle regole contributive.
Riforma pensioni: il piano di Itinerari previdenziali
Dal rapporto emerge la necessità di affrontare le deroghe alla legge Fornero, che hanno permesso 946mila pensionamenti anticipati tra il 2012 e il 2022, con un costo di 48,3 miliardi di euro su 86 miliardi di risparmio di spesa previsti dalla riforma Fornero. Secondo Brambilla la strada per mantenere in equilibrio il sistema pensionistico nel medio lungo periodo è di alzare gradualmente l’età di pensionamento, considerando l’attuale scenario italiano con un’età effettiva di uscita tra le più basse in Europa, limitando le vie di uscite anticipata a pochi strumenti.
Un freno alle “Quote”
Prima di tutto, propone una significativa riduzione dei canali per l’accesso al pensionamento anticipato, limitandolo a casi specifici come i fondi esubero, l’isopensione e i contratti di solidarietà riportando però l’anticipo a un massimo di 5 anni). Questa strategia, secondo Brambilla, dovrebbe porre fine all’eccessivo ricorso alle cosiddette “Quote” (100, 102 e 103), ripristinando una maggiore coerenza nel sistema.
Mantenimento dell’anzianità contributiva
Un secondo punto cruciale nel piano di Brambilla riguarda il mantenimento dell’anzianità contributiva, fissata attualmente a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Tuttavia, il presidente di “Itinerari previdenziali” suggerisce alcune riduzioni per categorie specifiche, come le donne madri e i lavoratori precoci, per garantire un approccio equo e personalizzato.
Superbonus a chi resta e stesse regole per contributivi e misti
La proposta di un superbonus rappresenta il terzo pilastro del piano. Un incentivo simile alla “versione Maroni” sarebbe offerto a coloro che scelgono di prolungare la loro vita lavorativa fino ai 71 anni, consentendo loro di godere del 33% di contributi netti sulle buste paga per un periodo di tre anni. Questo dovrebbe non solo incentivare l’attività lavorativa prolungata ma anche contribuire a rafforzare la sostenibilità del sistema pensionistico.
Il quarto aspetto fondamentale del piano di Brambilla riguarda l’equiparazione delle regole dei cosiddetti “contributivi puri” a quelle degli altri lavoratori, garantendo uniformità e coerenza nel trattamento pensionistico.
Separazione di assistenza e previdenza
Infine, il rapporto affronta la questione dell’assistenza, che pesa sul welfare e la finanza pubblica per 157 miliardi), proponendo la separazione netta dalla previdenza. Brambilla suggerisce una revisione dell’Isee e controlli più rigorosi, compresi quelli fiscali e contributivi, per ottimizzare l’assistenza senza compromettere la solidità finanziaria.