Riforma pensioni 2021: l’Inps analizza tre ipotesi sul tavolo e fa un po’ di conti. Nel suo ultimo rapporto annuale, l’Istituto di previdenza ricorda che “Quota 100 ha natura sperimentale e vi possono aderire solo i lavoratori che maturano i requisiti nel triennio 2019-2021”, perciò “il dibattito pubblico più recente si è concentrato su alcune proposte di revisione del sistema pensionistico”.
L’Inps punta l’obiettivo su tre possibili strade, concentrandosi sugli effetti economici che avrebbero sulla spesa pensionistica.
RIFORMA PENSIONI 2021: IPOTESI 1
La prima opzione è quella che potremmo chiamare “Quota 41”, ovvero “il pensionamento anticipato con 41 anni di contribuzione, a prescindere dall’età”, spiega ancora l’Istituto. Questa strada – che in Parlamento ha fra i suoi sostenitori la Lega di Matteo Salvini – è “la più costosa”, arrivando a “impegnare fino allo 0,4% del prodotto interno lordo”. In concreto si tratta di oltre 4,3 miliardi già nel primo anno fino a superare i 9,2 miliardi nell’ultima annualità di un tratto di percorso decennale.
RIFORMA PENSIONI 2021: IPOTESI 2
La seconda proposta è invece una sorta di variazione sul tema di Quota 100: in sostanza, si tratta della possibilità di andare in pensione anticipata con 64 anni di età e 36 di contributi, ma anche con l’intero importo dell’assegno calcolato in base al metodo contributivo (meno generoso del misto, che, in base alle regole attuali, prevede il metodo di calcolo retributivo per i contributi versati fino al 1995). Secondo l’Inps, questa alternativa è “più equa” rispetto alla prima “in termini intergenerazionali”, perché “produce risparmi già poco prima del 2035, per effetto della minor quota di pensione dovuta all’anticipo, ma soprattutto ai risparmi generati dal calcolo contributivo”. Nella fase di avvio la proposta farebbe lievitare la spesa di quasi 1,2 miliardi nel primo anno con un picco di 4,6 e 4,7 miliardi nel quinto e sesto anno del tratto decennale
RIFORMA PENSIONI 2021: IPOTESI 3
Infine, la terza ipotesi prevede l’anticipo della sola quota contributiva della pensione. Rispetto alle prime due opzioni – sottolinea l’Inps – ha il vantaggio di costare molto meno in termini di spesa pensionistica. Si partirebbe con non più di 443 milioni il primo anno per arrivare a poco più di 2 miliardi nell’ultima annualità su un arco decennale. Tuttavia, una misura di questo genere rischierebbe di essere poco appetibile per chi cerca il modo di andare in pensione anticipata, dal momento che garantisce flessibilità solo per la componente contributiva dell’assegno pensionistico.
In ogni caso, “nel lungo periodo – conclude l’Inps – tutte e tre le proposte portano a una riduzione della spesa pensionistica rispetto alla normativa vigente”.