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Riforma pensioni 2015: ecco le proposte

L’obiettivo della riforma delle pensioni 2015 è ammorbidire la legge Fornero, garantendo una maggiore flessibilità in uscita – Sul tavolo varie proposte: dall’anticipo a 62 anni con il 20-30% in meno all’ipotesi Damiano, dalla Quota 100 all’Opzione donna – Pubblichiamo anche uno schema con i requisiti necessari oggi per andare in pensione

Riforma pensioni 2015: ecco le proposte

E’ in arrivo un’altra riforma della riforma Fornero? Dopo il Jobs act sul lavoro, stavolta il Governo sembra deciso a correggere la professoressa torinese in tema di pensioni. Ieri sera, dal salotto di Porta a Porta, Matteo Renzi ha annunciato che lo scopo è “liberare dalla legge Fornero chi accetta una piccola riduzione dell’assegno” previdenziale. Il Premier ha così ufficializzato un obiettivo su cui il Parlamento è già al lavoro da tempo. In commissione Lavoro alla Camera, infatti, sono stati presentati diversi disegni di legge per reintrodurre flessibilità nella normativa sulle pensioni. Ora la sfida è trovare un compromesso che sia in grdo di garantire la tenuta dei conti pubblici.

Ecco le principali proposte su cui si discute:

1) Un’ipotesi è di permettere di andare in pensione a chi ha 62 anni d’età e almeno 35 di contributi, ma con una penalizzazione sull’importo dell’assegno pari all’8 percento. La decurtazione però si riduce progressivamente fino ad azzerarsi per chi sceglie di ritirarsi avendo compiuto 66 anni. Infine, nel Ddl  presentato dal presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd), è inserito un bonus del 2% per i lavoratori che escono fra i 66 e i 70 anni d’età. Costerebbe allo Stato fra i tre e i quattro miliardi l’anno.

2) Una variante, al momento al vaglio dell’Inps, prevede una penalizzazione più pesante (circa il 12% dell’assegno) per la parte di pensione calcolata con il retributivo: in caso di uscita a 62 anni, il trattamento potrebbe ridursi in tutto di circa il 20-30%. Secondo alcune indiscrezioni, questa possibilità potrebbe essere concessa anche ai 60 anni. Per finanziarla, il presidente dell’Inps Tito Boeri propone di chiedere un contributo di solidarietà a chi è andato in pensione con il sistema retributivo, più generoso del contributivo. Ma ciò rischia di incappare in un nuovo verdetto contrario della Consulta.

3) Un’altra ipotesi prevede 41 anni di contributi per andare in pensione senza alcuna penalizzazione. Anche questa proposta è firmata Damiano, in questo caso insieme ai deputati Marialuisa Gnecchi e Pier Paolo Baretta (Pd).

4) Della “quota 100” esistono due versioni: una ancora di Damiano (62 anni d’età più 38 di contributi) e una della Lega (58 anni d’età più 42 di contributi). 

5) Un capitolo a parte riguarda la possibilità di prorogare o estendere la cosiddetta “Opzione donna”. In sostanza, fino al 31 dicembre 2015 le lavoratrici del settore pubblico e privato possono scegliere di andare in pensione a 57 anni e 3 mesi d’età (58 e 3 mesi se autonome) e con almeno 35 anni di contributi, ma con un assegno calcolato interamente con il metodo contributivo (che si basa soltanto sui contributi effettivamente versati nel corso della vita lavorativa), il che può determinare una riduzione fino a un terzo dell’importo (secondo calcoli pubblicati oggi da Il Sole 24 Ore, la maggiore spesa che il metodo retributivo comporta per le casse dello Stato vale 46 miliardi l’anno). La Lega chiede che la scadenza sia rinviata al 31 dicembre 2018, mentre Yoram Gutgeld, consigliere economico di Palazzo Chigi, vorrebbe estendere l’Opzione anche agli uomini. 

6) Enrico Giovannini, ex ministro del Lavoro nel governo Letta e prima ancora presidente dell’Istat, ha suggerito la formula del prestito pensionistico. L’idea, non racchiusa in una proposta di legge, prevede di garantire a chi si ritira in anticipo dal lavoro un assegno di 700 euro sotto forma di prestito, che sarà poi restituito dal contribuente, una volta maturati i requisiti, attraverso una decurtazione dell’assegno previdenziale. Si tratta di “una soluzione mirata sui lavoratori molto vicini all’uscita – ha spiegato l’ex ministro al quotidiano La Stampa – possono cessare di lavorare, ricevendo non una pensione anticipata, ma un anticipo di 7-800 euro al mese per un periodo di due o tre anni sulla futura pensione cui avranno diritto. Che rimborseranno attuarialmente dopo, a rate, prima di tornare a percepire l’assegno integrale”. 

QUALI SONO LE REGOLE OGGI IN VIGORE SULLE PENSIONI?

Di seguito, uno schema per ricapitolare i requisiti necessari oggi per andare in pensione. Ricordiamo che, se il governo Renzi non interverrà nei prossimi mesi, dal 2016 serviranno quattro mesi in più per ritirarsi dal lavoro, a causa dell’aggiornamento che adegua le norme all’aspettativa media di vita (ad oggi queste revisioni hanno cadenza triennale, ma la legge Fornero stabilisce che dal 2019 in poi diventino biennali).

Pensione di vecchiaia

Uomini – Oltre ad almeno 20 anni di contributi, dal 2016 serviranno 66 anni e sette mesi di età (non più 66 anni e quattro mesi) a tutti i lavoratori maschi, sia autonomi sia dipendenti pubblici e privati. 

Donne – Gli stessi requisiti varranno anche per le donne impiegate nel settore pubblico, mentre per quelle che lavorano nel privato l’incremento sarà maggiore: dall’anno prossimo avranno diritto alla pensione di vecchiaia a 65 anni e sette mesi e dal 2018 a 66 anni e sette mesi (oggi l’asticella è a quota 63 anni e nove mesi). Per le lavoratrici autonome, invece, dal 2016 si passerà a 66 anni e un mese e dal 2018 a 66 anni e sette mesi (dagli attuali 64 anni e nove mesi).

Pensione anticipata

Uomini – Per lasciare il lavoro in anticipo rispetto alle regole valide per la pensione di vecchiaia, dal 2016 serviranno 42 anni e dieci mesi di contributi (oggi servono 42 anni e sei mesi).

Donne – Alle lavoratrici serviranno invece 41 anni e dieci mesi di contributi (contro i 41 anni e sei mesi necessari oggi).

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