La riforma delle aliquote Irpef è un obiettivo condivisibile, ma le risorse stanziate a questo scopo “sono insufficienti per centrare gli obiettivi” indicati dal governo nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza e nella bozza di Recovery Plan. Lo ha detto Giuseppe Pisauro, presidente dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, nel corso di un’audizione davanti alle commissioni finanze di Camera e Senato.
“Ad oggi le risorse stanziate per la riforma per il triennio 2021-2023 – ha spiegato Pisauro – sono 8 miliardi per il 2022 e 7 miliardi per il 2023, ma una quota di 5/6 miliardi è destinata all’assegno unico per i figli. Quindi, di fatto, per la riforma vera e propria, sanando le numerose criticità e discriminazioni, restano solo 2/3 miliardi per il 2022 e altrettanti per il 2023”.
Secondo il capo dell’Upb, “ulteriori risorse da destinare al ridisegno dell’Irpef” potrebbero potrebbero arrivare da varie fonti:
- un aumento del prelievo sui redditi più alti elevati per compensare le perdite di gettito provocate dalla riduzione delle aliquote sui redditi bassi e medio-bassi;
- un ripensamento dell’entità del prelievo sui redditi fuoriusciti nel tempo dalla base imponibile dell’Irpef riconducendoli nell’alveo della tassazione progressiva;
- la riforma del catasto;
- il taglio di deduzioni e detrazioni (tax expenditures);
- un’ulteriore stretta contro l’evasione fiscale;
- uno “spostamento della tassazione dai fattori produttivi verso i consumi”, cioè un aumento dell’Iva, “accogliendo una richiesta che viene riproposta annualmente dalla Commissione europea nelle Raccomandazioni specifiche per il paese e che favorirebbe la crescita riducendo le distorsioni del sistema tributario”.
In ogni caso, secondo Pisauro, “un obiettivo prioritario e non rinviabile della riforma dell’Irpef deve essere quello di eliminare l’andamento irregolare delle aliquote marginali effettive dei lavoratori dipendenti, per ridurre i conseguenti effetti distorsivi”.
Per quanto riguarda la cedolare secca sugli affitti, il Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio consiglia di valutare il “reinserimento dei redditi da locazione nell’ambito della base imponibile dell’Irpef”. Secondo Pisauro, “le motivazioni originariamente indicate per l’introduzione del regime cedolare sono state quelle di favorire l’emersione di base imponibile, di incentivare l’offerta di alloggi e aumentare l’accessibilità al mercato. Tuttavia, come rilevato anche dal Dipartimento delle finanze del Mef, la misura ha determinato un costo netto per il bilancio dello Stato, visto che l’effetto peso morto relativo ai contribuenti che già dichiaravano i redditi di locazione (minore imposta, mancata applicazione delle addizionali locali ed esenzione dalle imposte di bollo e di registro) ha pesato più dei benefici in termini di emersione di base imponibile e di riduzione dell’evasione fiscale. Non sono invece disponibili analisi sull’efficacia ex post della cedolare secca nel ridurre i canoni di locazione”.
Pisauro si concentra infine sulla necessità di ridurre e razionalizzare le spese fiscali: un’area “ampia”, che, “escludendo elementi strutturali”, vale “circa 15 miliardi”. Di questi, “la voce più importante è legata alle ristrutturazioni edilizie, pari a 8,7 miliardi”. Queste spese fiscali sono “di solito appannaggio dei contribuenti con redditi più alti: per le ristrutturazioni edilizie, l’1% top dei contribuenti trae un vantaggio pari al 10% del totale, il 15% top il 50% del totale del beneficio delle detrazioni”, con effetti sulla “progressività di fatto” del sistema, conclude Pisauro.
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