Dopo una lunga gestazione, arriva dal guardasigilli Andrea Orlando il testo del nuovo disegno di legge anti-corruzione, che contiene le nuove norme sul falso in bilancio e sull’auto-riciclaggio.
Quanto al primo capitolo, si reintroduce la procedibilità d’ufficio da parte dei magistrati, un principio abolito con la depenalizzazione del reato operata nel 2001 dal secondo governo Berlusconi. Sono previste però alcune eccezioni, e non di poco conto: i pm possono muoversi soltanto dietro querela “della società, dei soci o dei creditori” per le piccole imprese. Inoltre, il fatto non è punibile “se le falsità o le omissioni non hanno determinato un’alterazione sensibile della rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene”.
La norma sull’auto-riciclaggio, invece, viene introdotta per la prima volta nel nostro codice penale, ma in una versione assai meno incisiva rispetto a quella del testo di partenza, probabilmente per le pressioni di Forza Italia e Nuovo Centrodestra. Ora la legge prevede di punire con una pena da due a otto anni di carcere e una multa da 5mila a 25mila euro soltanto chi reinveste i soldi frutto di “un delitto colposo punito con la reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni”, nel senso che ai magistrati sarà concessa una doppia azione: contro il reato iniziale e contro le attività finanziate con i proventi del reato iniziale.
La definizione contenuta nel nuovo testo, tuttavia, esclude la seconda possibilità per reati tipici dei riciclatori come truffa, appropriazione indebita e irregolarità nella dichiarazione dei redditi, che sono punibili al massimo con tre anni. I berlusconiani volevano andare ancora oltre, pretendendo che il reato fosse contestabile soltanto per delitti di mafia e di traffico di stupefacenti. E’ stato questo braccio di ferro a bloccare il ddl anti-corruzione per settimane.