Il Senato fa poker sulla riforma del lavoro e passa la mano a Montecitorio. Palazzo Madama ha dato l’ok alla fiducia sui quattro maxi-emendamenti presentati dal Governo in sostituzione del testo originario. Un verdetto multiplo che poi si è trasformato nel via libera all’intero disegno di legge, arrivato con 231 sì, 33 no e 9 astensioni. In Aula, poco prima del voto finale, è arrivato il premier Mario Monti per votare in qualità di senatore a vita. Ora tocca alla Camera per la seconda lettura.
Il Ddl è stato parzialmente modificato da proposte bipartisan approvate in commissione al Senato. La singolare divisione del testo in quattro parti è da ricondurre alla mole particolarmente impegnativa della riforma, che avrebbe imposto un unico e interminabile super-emendamento. Per semplicità d’analisi si è scelta la strada dei quattro capitoli: flessibilità in entrata e in uscita, ammortizzatori sociali e formazione.
A questo punto rimane un solo dubbio sul cammino della riforma: a Montecitorio riprenderà ancora una volta la discussione o il testo sarà blindato? “A noi interessa il buon esito di questa riforma, che deve servire a dare fiducia – ha risposto il Premier senza sbilanciarsi -. Faremo le valutazioni che saranno necessarie”. In ogni caso, “siamo incoraggiati da questo successo al Senato, che ringrazio per aver lavorato così attentamente”.
Sulla stessa linea anche il ministro responsabile del Ddl, Elsa Fornero, che però ha sottolineato la necessità di concludere l’approvazione “in tempi rapidi anche alla Camera”, soprattutto per “le esortazioni che arrivano dagli ambienti internazionali”.
Il testo uscito da Palazzo Madama è “una sintesi razionale, laica e direi, se non fosse una sgrammaticatura, costituzionale e riformista”, ha detto il capogruppo del Pd al Senato, Anna Finocchiaro. Meno entusiasta il suo omologo del Pdl, Maurizio Gasparri: “Non è la nostra legge – ha detto -, non è quella che avremmo voluto fare, ma l’abbiamo migliorata”.
Molto critico rimane il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, che ha rimarcato come “ancora una volta il governo faccia pagare ai più deboli i costi della mala-politica e della mala-amministrazione, l’ingestibilità delle risorse pubbliche che troppe volte sono state usate male. Ci siamo opposti al Senato, ci opporremo alla Camera e nel Paese”.
Per il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, questa “riforma è esattamente ciò che non serve al lavoro. La mobilitazione della Cgil continua. Sullo sciopero, invece vedremo. Decideremo quando e come continuare”.