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Riforma del lavoro: non solo articolo 18

L’articolo 18 cambia e resta al centro dei commenti, ma nella riforma del lavoro non si parla solo di licenziamenti. Il Ddl messo a punto dal Governo, e ormai pronto per essere discusso in Parlamento, si fonda anche su altri due pilastri fondamentali: la riorganizzazione dei contratti e degli ammortizzatori sociali.

Ecco le novità: 

 

CONTRATTI

Il tempo indeterminato. “L’obiettivo è di fare del contratto dipendente a tempo indeterminato quello dominante che comincia con la fase d’apprendistato, cui noi intendiamo dare enfasi”, ha spiegato ieri il ministro Fornero. In sostanza, la scommessa è di incentivare le assunzioni a tempo indeterminato rendendo più costosi i contratti precari e premiando le aziende che stabilizzano i lavoratori, ma anche rendendo più facili i licenziamenti, in modo che le imprese non abbiano più alcun “alibi” per non assumere.

L’apprendistato. La durata minima del contratto è di sei mesi, ma quella canonica arriva a tre anni. Alla fine di questo periodo, il bivio: l’azienda potrà scegliere se chiudere il rapporto con l’apprendista oppure stabilizzarlo con un contratto a tempo indeterminato. La facoltà di incamerare apprendisti sarà però concessa solamente a quelle imprese che “nell’ultimo triennio abbiano assunto almeno il 50% degli apprendisti”, ha sottolineato ancora Fornero. Per i primi tre anni dall’entrata in vigore della legge, però, “ci accontenteremo del 30%”. Il rapporto fra numero di apprendisti e  “maestranze specializzate in servizio” sale da 1/1 a 3/2.

Il tempo determinato. “Abbiamo eliminato il cosiddetto ‘causalone’ per il primo contratto a tempo determinato, ed è una liberalizzazione importante”, ha detto il ministro. Questo significa che i primi contratti “di durata non superiore a sei mesi” potranno essere sciolti anche senza bisogno di indicare il motivo preciso del licenziamento. L’aliquota contributiva su questi contratti viene alzata all’1,4%, e il gettito in più verrà utilizzato per finanziare la nuova Aspi. C’è però un premio per la stabilizzazione: in caso di assunzione a tempo indeterminato, l’aliquota viene restituita alle aziende per un importo pari a sei mesi di contribuzione. 

Il periodo di tempo da far trascorrere fra un contratto e il successivo sale da 10 a 60 giorni per i rapporti che durano meno di sei mesi e da 20 a 90 giorni per quelli che durano di più. Scompare il contratto d’inserimento, mentre per i co.co.pro è previsto l’incremento dell’aliquota contributiva Inps, in modo da avvicinarla a quella prevista per i dipendenti (al 33% nel 2018). Inoltre, se nel contratto manca la definizione precisa del progetto, scatta automaticamente il tempo indeterminato. 

Partite Iva. Per quelle che mascherano un rapporto di lavoro subordinato arriva l’obbligo d’assunzione. Questa norma però non sarà valida da subito, ma solo dopo un anno dall’entrata in vigore della riforma. Si tratta di una concessione del Governo alle richieste degli imprenditori. 

AMMORTIZZATORI SOCIALI

Aspi, la nuova indennità di disoccupazione.  Le risorse stanziate per i nuovi ammortizzatori dovrebbero valere 1,8 miliardi. L’assicurazione sociale per l’impiego sostituirà gradualmente ogni forma di mobilità ed entrerà a regime nel 2017. Si applicherà a tutti i dipendenti con contratto a tempo determinato, ma per averne diritto bisognerà avere almeno due anni di anzianità assicurativa e 52 settimane lavorative negli ultimi due anni. L’ammontare sarà pari al 75% delle retribuzioni fino a 1.150 e al 25% oltre questa soglia, ma l’assegno massimo sarà di 1.119 euro lordi al mese. La durata standard del trattamento sarà di 12 mesi: solo per gli over 55 arriverà a 18 mesi. L’aliquota contributiva dovrebbe essere dell’1,3% (2,7% per i precari). 

La mini-Aspi. Sarà riservata a chi non ha maturato i requisiti per l’Aspi tradizionale e rispetto a questa avrà un importo inferiore. Non ne avranno diritto i lavoratori precari, ma solo quelli con un contratto di lavoro subordinato. 

Fondo di solidarietà per gli over 58. Con la nuova riforma delle pensioni non si può più sperare di ritirarsi dal lavoro prima dei 66-67 anni. D’altra parte, chi perde il posto ed è già in età avanzata ha davvero poche speranze di trovarne un altro. Per queste persone arriva un fondo di solidarietà coperto dalle aziende, che impiegheranno in questo modo almeno parte dell’aliquota che risparmieranno sulle indennità di mobilità, destinate a scomparire. 

Contro le dimissioni in bianco per le donne. Durante la maternità e fino ai primi tre anni di vita del figlio le dimissioni e le risoluzioni consensuali del contratto dovranno passare al vaglio del ministero del Lavoro. Gli abusi saranno puniti con sanzioni da 5 mila a 30 mila euro.  


Allegati: Riforma del Mercato del Lavoro.pdf

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