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Riforma del catasto: il trionfo dei metri quadri

Un extraterrestre che si trasforma in un comune essere umano. E’ questa la metamorfosi che sta per compiere il catasto italiano, almeno nelle intenzioni del governo Monti. Il progetto di revisione dei criteri per la stima degli immobili ai fini fiscali sarà al centro del Consiglio dei ministri di questo pomeriggio, l’ultimo del 2011. Ma dopo la manovra appena archiviata, la nuova riforma sembra già una corsa a ostacoli.

Il problema fondamentale è il peso che potrà avere sulle tasche dei contribuenti. Il governo ha garantito che l’intervento sarà “a costo zero” per gli italiani, già colpiti duramente dalle misure approvate prima di Natale. Su questo fronte però i dubbi sono molti, soprattutto perché se davvero le tasche dei cittadini si salvassero, le casse dello Stato potrebbero alleggerirsi. Un rischio che nessuno sembra disposto a correre.

L’unica certezza è che il sistema attuale non ha nulla di verosimile. In primo luogo perché utilizza come unità di misura per stimare gli immobili il numero di vani, non dei metri quadri. Questo significa che – agli occhi del Fisco – il valore di un’abitazione piccola con quattro stanze è superiore a quello di un’abitazione più grande ma divisa in tre ambienti. Il mercato, naturalmente, non ragiona così.

Ma non basta. Le cifre che ancora oggi si prendono in considerazione sono state calcolate alla fine degli anni 80. E’ passato troppo tempo per pensare che quei numeri siano ancora realistici: non solo perché i prezzi delle case sono saliti a più riprese, ma anche perché i proprietari possono essere intervenuti sull’immobile, magari aumentando di molto il suo valore di mercato. Un’abitazione che era fatiscente vent’anni fa, oggi può essersi trasformata in un meraviglioso alloggio ristrutturato.

Insomma, delle modifiche sono necessarie, ma il governo si trova a camminare su un terreno piuttosto scivoloso. Il primo passo per umanizzare il catasto extraterrestre dovrebbe puntare su una distinzione più netta fra i metodi di calcolo per tassare la rendita di un immobile e il suo valore patrimoniale (su cui si applicherà la neonata Imu). Nel primo caso non si terrà conto delle spese di manutenzione, nel secondo invece si prenderanno a riferimento i prezzi delle case nella zona in cui si trova l’immobile.

Seconda grande novità è il passaggio – ormai scontato – dal criterio dei vani a quello dei metri quadri. Ed è qui che si teme la stangata: se oggi, in media, il valore catastale è in media di 3,7 volte inferiore a quello di mercato, riavvicinare le due lame della forbice vorrebbe dire aumentare la pressione sui contribuenti. Per scongiurare il pericolo, il Governo ha assicurato che interverrà sulle aliquote, che saranno rimodulate in modo da non alzare le tasse. O meglio, non alzarle in termini complessivi, perché lo scopo della riforma è proprio di far pagare di più chi ha di più. Alla ricerca dell’equità perduta.

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