La transizione ecologica avrà effetti di lungo periodo sui rifiuti. Il giro di affari intorno al trattamento e riciclo crescerà, ma bisogna farsi trovare pronti. Quando, qualche anno fa, il tema veniva proposto come fattore di crescita verso un’autentica economia circolare, c’era sempre chi si opponeva a nuovi impianti e tecnologie avanzate. Si sono persi anni preziosi a scapito di affari e nuova occupazione. E’ diventato davvero urgente, invece, adeguare l’impiantistica attuale ai fabbisogni presenti e futuri. “Dal percorso di transizione energetica origineranno nuove tipologie di rifiuti, che possono diventare risorse preziose per il Paese“. A sostenere questa necessità con la implicita richiesta di decisioni forti della politica, è un gruppo di studio del Laboratorio REF Ricerche composto da Andrea Ballabio, Donato Berardi, Nicolò Valle. Nell’ultimo lavoro “Rifiuti da attività economiche” hanno studiato gli effetti di tutto ciò che si produce e viene gestito in Italia.
SCARTI VERDI
Nel prossimo futuro il Paese dovrà occuparsi di rifiuti nuovi ” come quelli decadenti dalla sostituzione delle infrastrutture energetiche, pale eoliche, turbine di prima generazione, batterie elettriche, del parco auto circolante. Se sapremo come affrontare il futuro favoriremo senz’altro la creazione di valore aggiunto e lavoro” dicono. Ma da dove si parte ? ” In Italia si ricicla molto, è la risposta. Ma la produzione di rifiuti delle attività economiche rimane saldamente ancorata all’andamento del Pil, a differenza di quanto accade in altri Paesi europei. Mancano impianti adeguati alla chiusura del ciclo“. E’ l’ennesimo dito nella piaga sostenuto da dati tecnici. L’Italia, però, per quanto riguarda i rifiuti speciali, guida la classifica del riciclo con percentuali vicino all’80 %. Risultati che derivano dalla cronica mancanza di materie prime vergini e da un buon apporto delle filiere industriali. “Si, le imprese hanno consolidato nel tempo la spinta al recupero dei materiali e l’Italia occupa la prima posizione quanto a produttività delle risorse, espressa in euro di Pil per chilogrammi di risorse consumate.” Il sistema può migliorare ? Certamente, tenendo conto che negli ultimi anni l’industria ha dovuto sopportare criticità come aumenti dei costi di gestione, rincari dei corrispettivi di trattamento, perdite di competitività .
RIFIUTI E PIL
Gli analisti del Ref a questo punto hanno studiato il legame tra reddito e produzione di rifiuti. Una seria analisi di economia circolare ci dice, infatti, che ad una maggiore intensità dell’attività economica ( maggiore flusso di reddito creato) corrisponde anche una maggiore quantità di rifiuto prodotto. E’ una situazione che in Italia è nota visto che la produzione di rifiuti delle attività economiche resta attaccata al Prodotto interno lordo. Un’intensità di lavorazione che non si riduce nel tempo di cui bisogna tenere conto. Tra il 2010 e il 2018, Italia e Spagna sono i due Paesi europei che sono cresciuti nei volumi di rifiuti prodotti con incrementi contenuti di Pil. Dinanzi ad un Prodotto reale rimasto sostanzialmente fermo, c’è stato l’ aumento del 23 per cento dei rifiuti prodotti dalle attività economiche. Insomma, l’Italia resta un paese ad alta intensità di rifiuto con strutture non all’altezza..
I NUOVI INVESTIMENTI
Bisogna svoltare, anche perché se si guarda al trattamento dei rifiuti urbani altra pena per Sindaci e Governatori, si scopre ” l’abitudine tutta italiana di utilizzare i trattamenti intermedi come strumento per disarticolare il principio di autosufficienza regionale nello smaltimento e dello smaltimento dei rifiuti indifferenziati”. Peraltro, una recente sentenza della Corte di giustizia europea ha chiarito che i trattamenti meccanici della spazzatura non cambiano la natura del rifiuto. Mettendo queste analisi nella transizione ecologica e nell’ utilizzo delle risorse del PNRR se ne conclude che una rete “integrata adeguata di impianti di smaltimento e per il recupero energetico dei rifiuti permetterebbe di trovare collocazione a quei rifiuti o scarti difficilmente valorizzabili altrimenti”. La sfida lanciata dal governo per un nuovo sistema di produzione e consumo con oltre 2 miliardi di euro di investimento deve recuperare ritardi strutturali improntati all’efficienza, senza più strumentalizzazioni o fughe in avanti. “Si aprono spazi per un efficientamento degli impianti di trattamento, volti in particolare ad accrescere il recupero di materia lì realizzato, per ridurre il volume di rifiuti prodotti dalle imprese” scrivono i ricercatori REF . Sembra incredibile, ma se non vengono selezionati per creare altra ricchezza, finiscono per andare allo smaltimento. Un evidente controsenso.