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Riciclare plastica per importare meno petrolio. A che punto è l’Italia con la strategia europea?

Riciclare plastica è un obiettivo europeo che qualifica il cammino verso un’economia meno inquinante. Uno studio del REF analizza i vantaggi della plastica

Riciclare plastica per importare meno petrolio. A che punto è l’Italia con la strategia europea?

L’economia del riciclo è qualcosa con cui gli italiani non hanno ancora fatto bene i conti. Il sistema industriale ha fatto passi avanti ma le statistiche a volte ingannano e la capacità di estrarre materie prime dal riciclo, per esempio, è un’eccellenza tutta da raggiungere. Il caso della filiera della plastica, su cui è opportuno insistere, è stato preso a modello dai ricercatori del laboratorio Ref – Andrea Ballabio, Donato Berardi, Roberto Bianchini, Andrea Tenconi, Nicolò Valle– già noti per altre ricerche in campo energetico e ambientale. Lo studio è “Riciclo della plastica:la decarbonizzazione a portata di mano”.

In partenza, diciamo che l’utilizzo di materie prime da riciclo in sostituzione delle materie prime vergini garantisce molti benefici. Il più rilevante sul piano sociale e ambientale è la riduzione dei gas serra. Per ogni tonnellata di plastica riciclata si possono risparmiare fino a 3,6 tonnellate di CO2 equivalente. La variazione delle quantità è conseguenza del polimero considerato nell’involucro o confezione. I consumatori non hanno dimestichezza con questi processi industriali che avvengono a monte dei prodotti. Sappiamo tutti che la plastica ci ha reso la vita più facile. Ma proprio per la sua vasta diffusione, l’Europa la ritiene strategica nella transizione ecologica. Nel 2018 ha preso corpo una Strategia per la plastica nell’economia circolare. “È uno dei tasselli decisivi per sostanziare l’economia circolare, che punta a trasformare le modalità in cui i prodotti in plastica vengono progettati, prodotti, impiegati e riciclati nell’Unione Europea”, scrivono il ricercatori del Ref.

Riciclare ha effetti importanti sui combustibili fossili: aspetto notevole per tutte le politiche di contenimento dell’uso del petrolio. Di petrolio non ne faremo a meno in pochi anni per un’infinità di applicazioni e per il passo lento a svoltare dell’economia occidentale. Lo studio Ref, però, è interessante anche per le debolezze che mette in evidenza, come il basso tasso di riciclo degli imballaggi plastica. Solo quattro anni fa, quasi un terzo di questi imballaggi in plastica, dichiarati come riciclati, veniva mandato fuori dall’Unione europea. Da gennaio 2021 è vietato e gli industriali devono mostrare capacità di adeguamento. Come si stanno comportando ? “Si, è un percorso, quello degli obblighi crescenti di contenuto riciclato- rispondono Ballabio e colleghi- che potrebbe essere rafforzato, fissando obiettivi intermedi più graduali e cadenzati nel tempo.” A che scopo ? “Per assicurare lo sviluppo delle raccolte e degli impianti per trasformare questi flussi in materie prime impiegabili nella fabbricazione di nuovi prodotti. I benefici ambientali assicurati dai processi di riciclo sono consistenti e quanto allo sviluppo degli impianti il governo non ci entusiasma.

Politiche a costo zero

Nella filiera della plastica, l’impiego di Materie Prime Seconde (MPS) è preferibile, a quello delle materie prime di origine fossile. ” I processi produttivi della plastica vergine poggiano sull’estrazione e sul consumo di risorse naturali non rinnovabili, a partire dal petrolio e dai suoi derivati”. Impiegare le MPS vuol dire limitare la dipendenza dai paesi produttori di petrolio. “Ma c’è poi  risparmio energetico garantito dall’utilizzo del prodotto riciclato che richiede quantitativi di energia di molto inferiori a quelli necessari alla produzione di plastica vergine” aggiungono al Ref.

Tutte le idee che portano a una riduzione della C02 in atmosfera e, in questo caso a non sprecare soldi per acquistare greggio, sono condivise dai consumatori nella vita di tutti giorni purché i costi delle migliori performance ambientali non ricadano sui prezzi finali. Quando accade la clientela si trasformai n una sorta di clientela selezionata diventando unico e precario sostegno a un economia sostenibile. L’industria deve prepararsi e rifuggire dalla tentazione di scaricare sui consumatori finali i propri progressi verdi. I ricercatori sostengono che “sono politiche a costo zero che non comportano oneri per la finanza pubblica“. Vorremmo essere certi che al tavolo negoziale tra tutti gli interessati, citato nello studio, non emergano pretese.

Ci sono strumenti esistenti che come sostegno alle politiche ambientali appaiono adeguate: il sistema ETS degli scambi sulle emissioni, le Garanzie d’Origine (GO), i Certificati Bianchi. Cosa sa di tutto questo l’italiano medio che acquista prodotti di ogni tipo ? Oggi, poco. Dal Ref arriva la proposta di estendere le Garanzie di origine ai prodotti riciclati. Da un lato si avrà più trasparenza sui mercati, dall’altro si dovrebbero contare benefici a tutto il sistema industriale, inclusi i settori hard to abate, come cementifici, siderurgia, produzione di energia e petrolchimica, chiamati anche loro a sostenere obiettivi ambiziosi di decarbonizzazione. Una proposta che chi vuole, può raccogliere.

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