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Richard Wagner, il grande musicista che scriveva personalmente i libretti delle sue opere: la sua storia

Anche quest’anno, dal 25 luglio al 1 settembre, Beyreuth, piccola cittadina nella Baviera, è un punto riferimento per gli amanti della musica: cantanti, musicisti, direttori d’orchestra si mescolano alla folla giunta per il Festival di musiche wagneriane

Richard Wagner, il grande musicista che scriveva personalmente i libretti delle sue opere: la sua storia

Il Festspielhaus, teatro dove si svolge il Festival è stato costruito sullo stesso bozzetto di Wagner, è un edificio di mattoni rossi, decisamente austero che assomiglia più ad un conservatorio che a un teatro.

La musica di Richard Wagner è conosciuta in tutto il mondo anche da persone che non hanno mai messo piede in Festspielhaus sala da concerto o in un teatro d’opera. La marcia nuziale del Lohengrin, l’”Incantesimo del Venerdì Santo” del Parsifal, la cavalcata delle Valchirie, sono da sempre canticchiati e fischiettati ovunque, eseguiti da organetti nei circhi per lungo tempo, dai pianoforti nei caffe-concerto del ‘900.

Sulla vita e sulle opere di Wagner sono stati scritti non meno libri e trattati che su Napoleone

Richard Wagner nacque a Lipsia il 22 maggio del 1813, ultimo di nove figli. Rimasto orfano di padre a meno di un anno, trovò l’affetto paterno in Ludwing Geyer, un attore- pittore che aveva sposato sua madre. Nella città di Dresda, dove la famiglia si era trasferito, Geyer fu ingaggiato dal Teatro di Corte.

Capitava ogni tanto che il piccolo Richard si esibisse in palcoscenico. A cinque anni fece la parte di un angelo in una rappresentazione commissionata dalla casa reale e dopo lo spettacolo un servitore di palazzo consegnò alla famiglia Geyer una torta che recava scritto: “Dal re di Sassonia al piccolo Angelo!

Si può dire che Wagner abbia interpretato la sua vita come questa fosse stata un melodramma, assumendo di volta in volta un ruolo diverso: da giovane artista in lotta per affermarsi, a prestigioso direttore d’orchestra, a rivoluzionario braccato; da prodigio amante del lusso, a infaticabile raccoglitore di fondi; da dongiovanni a marito affettuoso, e poi di nuovo dongiovanni. Il suo egocentrismo e la sua insaziabile ambizione erano paragonati al suo eccezionale talento. Da giovane rifiutò di studiare la musica tradizionale e imparò da solo composizione studiando spartiti di Beethoven e di altri grandi. Uomo pieno di contraddizioni – secondo fonti – si preoccupava unicamente delle proprie esigenze : tutto il resto passava in seconda linea di fronte al suo lavoro e alla sua personale soddisfazione. Approfittò senza scrupoli dell’ospitalità degli amici, del loro denaro e persino delle mogli.

Bisogna comunque ammettere che se quest’uomo affetto da una forma di megalomania non avesse creduto con tanta fermezza in se stesso, forse non sarebbe mai riuscito a superare tutte le difficoltà che stavano fra lui e la creazione di una nuova forma d’arte.

Sognava un “Dramma lirico”

Un dramma che fosse la sintesi espressiva di trama, recitazione, canto, coro ed esecuzione strumentale, il tutto creato da un unico artista. Abbondonati gli studi all’Università di Lipsia nel 1833, Wagner divenne maestro dei cori del teatro di Wurzburg. Il teatro musicale dell’Ottocento in Germania versava in condizioni pietose : musicisti mal pagati e impreparati facevano scempio degli spartiti, mentre ballerine e cantanti capricciosi si servivano del palcoscenico soprattutto per fare sfoggio del proprio talento. L’opera tedesca, dopo aver dato nomi famosi come Waber, che all’inizio aveva suscitato l’entusiasmo di Wagner, era scaduta assorbendo antiquate mode importate dall’Italia e dalla Francia.

Wagner rifiutò di accettare questa condizione, per lui l’integrità artistica veniva al primo posto. Trovò ispirazione nelle antiche saghe e leggende, che per lui costituivano una forma espressiva più genuina dei moti dell’animo, e lesse molti libri, fra cui la Mitologia germanica di Jakob Grimm. Scelto dapprima il tema, Wagner delineava la trama, scriveva la storia in versi, componeva la musica al pianoforte e infine ne elaborava l’orchestrazione.

Dei grandi compositori è stato l’unico a scrivere personalmente i libretti di tutte le sue opere

Il primo capolavoro di Wagner è del 1839. Il giovane compositore e sua moglie Minna, attrice, stavano fuggendo dai creditori di Riga, la città del Baltico nella quale Wagner aveva lavorato come direttore d’orchestra. La loro nave, una vecchia imbarcazione alquanto sgangherata, fu investita da una violenta tempesta e scampò per poco al naufragio. Quando il cielo finalmente si rischiarò, l’equipaggio eruppe in un canto di gratitudine che fece una profonda impressione su Wagner. Ricordò allora un’antica leggenda ripresa dal poeta Heinrich Heine, e l’esperienza gli ispirò l’opera “Il vascello fantasma”. Vi si narra l’amore di un olandese (L’ olandese volante), condannato a navigare in eterno per una fanciulla mortale, un amore destinato a finire nella rinuncia e nel sacrificio. Compose l’opera in sette settimane su un pianoforte preso in affitto, durante un periodo di esilio e di miseria a Parigi.

La prima rappresentazione del Vascello ebbe luogo nel 1843, l’anno in cui Wagner fu nominato direttore d’orchestra al Teatro di Corte di Dresda – la prima carica prestigiosa in uno dei principali centri culturali della Germania. Ma anche qui il suo spirito polemico e il suo eccentrico modo di vivere lo portarono a continui scontri.

La febbre rivoluzionaria che di lì a qualche anno scosse tutta l’Europa contagiò anche la capitale della Sassonia. Senza preoccuparsi della sua posizione di dipendente nei confronti del sovrano, Wagner si mise a fare e a scrivere discorsi contro il vecchio regime e contro gli ebrei. Dopo il fallimento degli ideali rivoluzionari Wagner abbandonò i suoi compagni e riparò in svizzera; appena in tempo perché il 16 maggio 1849 a Dresda fu spiccato contro di lui un mandato di cattura. Finì così la sua militanza politica mentre iniziavano gli anni di esilio.

Ciononostante, questo non fu, per Wagner, un periodo troppo difficile, riuscendo egli a trovare il modo, tra il 1849 e il 1861, di scrivere e dirigere.

Nell’agosto del 1858, costretto a lasciare la Svizzera, si trasferisce a Venezia

Qui dove prese alloggio in un appartamento di Palazzo Giustinian. Nella città lagunare il musicista scrisse il secondo atto di Tristano e Isotta, e avrebbe potuto completarvi anche il terzo se l’anno dopo le autorità venete, obbedendo alle professioni austriache, non lo avessero invitato ad andarsene e tornando così nella confederazione elvetica.

Durante questi anni di continue peregrinazioni, Wagner potè sempre contare su amici influenti come il compositore ungherese Franz Liszt, perché mettessero una buona parola con le autorità e gli prestassero denaro. A Zurigo i Wagner trovarono ospitalità presso un ricco commerciante di seta tedesco, Otto Wesendock, e la sua bella moglie Mathilde, che accese di passione il compositore. Nonostante il naufragio del suo matrimonio con Minna, Wagner portò a termine il Tristano e Isotta, la sua opera più densa di sentimenti d’amore.

Nel 1861 Wagner era a Vienna, acclamato da tutti come un grande direttore d’orchestra, e incominciò a lavorare sull’opera I maestri cantori di Norimberga. Poiché non aveva mai smesso di vivere al di sopra dei suoi mezzi, a 51 anni ricominciò a fuggire dai creditori e si trovò a Stoccarda senza denaro e anche senza speranza.

Ma proprio allora gli giunse un soccorso miracoloso

Senza che Wagner l’avesse mai saputo il giovane sovrano Luigi II di Baviera, a 16 anni aveva assistito a una rappresentazione del Lohengrin a Monaco. Era salito da poco al trono quando decise di portare Wagner nella sua capitale e di offrirgli tutto l’aiuto che gli serviva. Il giovane sovrano non negava nulla al suo idolo, garantendogli un generoso stipendio e una massima libertà artistica. Ma Wagner, fedele alle sue consuetudini, suscitò l’indignazione degli abitanti di Monaco con il suo modo di vivere.

La situazione peggiorò quando Wagner chiamò in città uno dei suoi discepoli più bravi, il maestro Hans von Bülow, il quale nutriva un profondo disprezzo per i musicisti e il pubblico di Monaco e non ne faceva mistero. Ma non bastava : lo scandalo intorno a Wagner fu ancora peggiore quando questi si immischiò in una tresca con Cosima, figlia del suo vecchio amico Liszt e moglie di von Bülow.

Fra il 1864 e il 187, comunque, a Monaco vennero rappresentate con successo tutte le opere di Wagner, dirette da von Bülow, che come artista rimase fedele al compositore.

Cosima intanto era entrata da padrona nella vita di Wagner, dandogli tre figli con i nomi dei protagonisti delle sue opere, Isotta, Eva, Sigfrido. Nel 1866, quattro anni dopo l morte di Minna, Cosima divorziò dal marito per sposare Wagner.

Per anni Wagner aveva accarezzato il sogno di un Festival dedicato solo alla sua musica

E per realizzare questo sogno nell’aprile del 1871 si stabilì a Bayreuth. Per raccogliere i fondi necessari, nonostante l’età avanzata, cominciò a fare tourée in tutta la Germania, tenendo concerti e soprattutto incoraggiando la formazione di Società wagneriane. Poi tornò a Bayreuth, in una villa donata da Ludwing, che lui battezzò Wahnfriend, nome che significa libertà della follia e delle preoccupazioni.

In questo ambiente abbastanza stabile e sereno, Wagner portò a termine una grande opera musicale, L’Anello di Nibelurgo : un ciclo di quattro opere (Tetralogia) che hanno per scenario antri e foreste bagnate dalle acque del padre Reno, e popolate di titani, mostri, gnomi, e altre divinità pagane.

Durante le prove impersonava tutte le parti per mostrare agli interpreti come intendeva rappresentare le sue opere. Per incoraggiare le figlie del Reno a fluttuare in modo naturale mentre stavano in precario equilibrio su carri in movimento, saliva lui stesso su quei veicoli. Una volta un baritono non si decideva a gettarsi da un dirupo in una scena dell’Oro del Reno, e allora Wagner gridò : “Non si vergogna?”. E, dopo avere scalato all’istante quel precipizio di cartapesta, si buttò deciso sul palcoscenico.

“Dio ha negato a noi tedeschi la voce degli italiani” diceva il maestro esagerando come sempre “ma in compenso ci ha concesso la facoltà di esprimerci con la musica strumentale.”

L’orchestra che prima di Wagner era servita principalmente a offrire l’accompagnamento musicale ai cantanti, nelle mani di Wagner si trasformò in un unico possente strumento, che dominava la scena pur senza mai sommergere le voci dei cantanti.

Fra le innovazioni di Wagner per il teatro di Bayreuth c’era il cosiddetto “golfo mistico” nel quale era disposta l’orchestra che restava invisibile al pubblico : l’effetto era un perfetto equilibrio acustico fra gli strumenti e le voci. Per non togliere nulla allo spettacolo che si svolgeva sul palcoscenico, eliminò tutti i palchi disposti a ferro di cavallo e volle solo una platea a gradinate digradanti. Privilegiando il suono rispetto alla comodità, fece fare sedili di legno senza imbottiture.

Il primo festival si tenne il 13 agosto del 1876 e a partire dal 1882 venne allestito regolarmente ogni anno

Proprio nel 1882 ci fu la prima del Parsifal, l’ultima grande fatica dell’ormai anziano compositore, condotta a termine dopo un breve soggiorno a Palermo, per la quale il musicista si era ispirato alla leggenda del Santo Graal. La sera dell’ultima rappresentazione Wagner scivolò inosservato nel “golfo mistico” per dirigere lui stesso l’ultimo atto.

Concluso il Festival, il 14 settembre partì con la famiglia per Venezia, dove aveva preso in affitto un appartamento all’ultimo piano del palazzo Vendramin-Calergi. Qui Wagner riprese a lavorare attorno ad un vecchio progetto per il quale si era ispirato alla tradizione buddista, Die Sieger (I vincitori), ma il pomeriggio del 13 febbraio, il maestrò morì per un improvviso collasso cardiaco.Il suo corpo fu trasportato in Germania per essere inumato nella sua diletta Wahnfield. Scompariva così un grande talento, un uomo pieno di contraddizioni, talvolta però, dopo di lui, non sarebbe stato più lo stesso.

E in questo contesto veneziano che voglio ricordare un’ opera del carissimo amico Gianni Di Capua con il quale ho condiviso diversi momenti professionali e progetti forse troppo spesso illuminati, come lui stesso diceva, scomparso esattamente quattro anni fa, a fine estate del 2018. Egli dedicò a Wagner l’ultima parte della sua vita, ideando il documentario-film, progettando e realizzando “Richard Wagner. Diario veneziano della sinfonia ritrovata” prodotto da Kublai Film in occasione del 205° compleanno di Richard Wagner. Il fascino di questa opera ripercorre la vicenda storica legata all’ultima esecuzione della “Sinfonia in do maggiore”, scritta da Wagner nel 1832 e rieseguita cinquant’anni dopo per il compleanno della moglie Cosima. Il documentario è stato trasmesso dalla RAI solo dopo la morte di Gianni Di Capua, che più volte negli ultimi mesi di vita si recò a Roma nella speranza che fosse accolta la sua richiesta. Un docu-film che ricorda Gianni perfettamente come era e come resterà per sempre per chi lo ha conosciuto. Ciao Gianni.

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