La conoscono bene i turisti che hanno scoperto la bellissima città ritrovata per la 32° America’s Cup o quelli che annualmente attendono in porto di imbarcarsi per Pantelleria, Ustica, Favignana, Levanzo o Marettimo: nelle poche ore di sosta in città ci si aggira per il suggestivo dedalo di viuzze, dove si viene inondati da un profumo unico di pizza che emana dai forni e dalle panetterie.
A Trapani la “Rianata” non è una semplice pizza, è un orgoglio cittadino, espressione dell’Italia dei campanili, al pari della Caponata di Melanzane rigorosamente antitetica a quella catanese e palermitana, alle Busiate al Pesto, al Cous Cous, al cannolo di Dattilo che ci tiene a distinguersi da quello tradizionale palermitano.
Strettamente imparentata con lo Sfincione siciliano, ‘u spinciuni, tipico delle feste natalizie, cibo di povera gente, alternativo al “pani schittu” (pane senza alcun condimento), a metà strada fra la pizza e la focaccia, a base di acciuga, cipolla, pangrattato, e per i più “ricchi”, anche del formaggio, la Rianata trapanese è un vero e proprio trionfo di origano ( riano, in dialetto siciliano), da cui prende il nome. Tradotto in italiano Rianata equivale a Origanata.
La pizza trapanese, al pari della cugina palermitana, trae origine dalla povera gente: nasce dall’esigenza di recuperare gli avanzi della pasta, per l’esattezza delle busiate al pesto trapanese, piatto antico nato nel porto di Trapani dove si fermavano le navi genovesi, provenienti dall’Oriente, che portavano la tradizione dell’agliata ligure, a base d’aglio e noci, elaborato in seguito dai marinai trapanesi con i prodotti della propria terra, il pomodoro e le mandorle.
E anche l’impasto della pizza era il riciclo di quello che restava dalla preparazione del pane che veniva infornato una sola volta la settimana e doveva durare per più giorni.
Da questi due “poveri” avanzi è uscita fuori, come un coniglio dal cilindro di un prestigiatore, una golosità di cui i trapanesi oggi vanno orgogliosi dai sapori e dai profumi molto intensi.
L’impasto, a base di farina di grano duro, (ma le interpretazioni sono varie, c’è chi predilige la 00, chi la 0, chi la farina di semola) acqua, lievito, sale con un pizzico di zucchero, viene lasciato lievitare per un paio d’ore. Poi si arricchisce con sarde o acciughe dissalate, pomodori pelati sminuzzati, aglio di Nubia pestato, prodotto tipico locale, presidio Slow Food usato anche per il cous cous di pesce, e il pesto alla trapanese (la “pasta cull’agghia“, pasta all’aglio), prezzemolo tritato, pecorino siciliano e olio extravergine d’oliva.
Ciò che la caratterizza soprattutto è l’abbondante uso di origano, che in Sicilia nasce spontaneo in ogni dove e che conferisce alla Rianata un gusto particolare molto mediterraneo, quel sapore che accomunano le cucine del Sud della francia, spagnole e greche, ma soprattutto in Italia protagonista di ricette calabresi, siciliane, napoletane, abruzzesi molisane.
Solo che nella Rianata l’origano da condimento diventa protagonista e irrora questa pizza del suo inconfondibile aroma.
Per la cronaca il suo nome deriva dal greco oros-ganos, gioia della montagna ed era uso come simbolo di prosperità ornare le teste degli sposi durante le cerimonie per il suo valore beneaugurante.
Mangiarsi una bella fetta di Rianata non dà solo piacere dal punto di vista gastronomico ma apporta anche i benefici dell’origano al nostro organismo che sono molti. Questa pianta svolge un’importante funzione nella secrezione dei succhi gastrici ha proprietà digestive, impiegata per decotti e infusi. È anche antispasmodica, antisettica, vermifuga, calmante, analgesica ed espettorante.
Nella medicina popolare è stata, infatti, sempre utilizzata come rimedio per le affezioni delle vie respiratorie, la tosse, per curare le infiammazioni bronchiali e le affezioni catarrali.
Una curiosità: nel Medioevo l’origano è stato utilizzato come antidoto contro il morso della vipera.
Per andare a colpo sicuro chi vuole assaggiare una buona Rianata a Trapani pub scegliere fra due pizzerie di vecchia tradizione Calvino e Aleci, il panificio Bernnardo e la pizzeria Pipitone.
La ricetta per farla in casa:
Ingredienti per 4 persone
500 gr di farina
25 gr di lievito di birra
500 gr di pomodori maturi
8 spicchi d’aglio di Nubia
100 gr di pecorino grattugiato
prezzemolo
100 gr di sarde o acciughe sotto sale (anche qui le versioni differiscono per alcuni infatti a rianata senza sarde unn’è rianata
zucchero
origano
olio extravergine d’oliva
sale
Procedimento
Per prima cosa sciogliere il lievito in una tazza d’acqua tiepida con l’aggiunta di un pizzico di zucchero quindi unire alla farina setacciata con una presa di sale e un filo d’olio, impastare per una ventina di minuti. In questa fase incorporare all’occorrenza altra acqua procedendo a fasi alterne, sbattendo energicamente la pasta. Formare l’impasto a palla, riporlo in una ciotola infarinata praticandovi in superficie un taglio a croce e lasciare lievitare in luogo tiepido per due ore coperto da un canovaccio. Trascorso questo tempo manipolare ancora brevemente l’impasto; e farne delle palline dalle quali ricavare una sfoglia sottile, che va quindi adagiata in una teglia rotonda unta d’olio. Distribuirvi sopra le sarde o le acciughe dissalate, spezzettate affondandole leggermente nella pasta, aggiungere i pomodori pelati e sminuzzati e l’aglio di Nubia a fettine. Cospargere di prezzemolo tritato, pecorino e origano a gran volontà ( non limitatevi) e irrorate con un filo d’olio; poi, lasciare riposare per 15 minuti. Infornare le pizze a 250 °C e cuocere per circa 25-30 minuti.
E chiudendo gli occhi avrete l’impressione di trovarvi di fronte al bel litorale del litorale trapanese!
Un ultimo consiglio la Rianata del giorno dopo è ancora più buona e soffice.