Una serie di interventi nelle regole dell’Iva come base di un’ampia manovra di recupero di gettito da evasione fiscale, che possa consentire di ridurre significativamente, fino a 59 miliardi di euro l’anno, i livelli di imposizione tributaria. E’ questa la ricetta elaborata dalla Fondazione Nens. Alla base degli interventi, l’estensione del reverse charge.
Le cifre in gioco sono consistenti: secondo uno studio della Fondazione Nens (nuova economia, nuova società), animata da Pierluigi Bersani e Vincenzo Visco, nel solo settore dell’Iva l’evasione fiscale ammonterebbe a circa 40 miliardi di euro l’anno, se si mette a confronto, utilizzando i dati della contabilità nazionale, l’Iva teorica con l’Iva dichiarata. Non solo, ma le numerose forme di evasione del tributo ripercuotono i loro effetti anche sulle basi imponibili dell’Irap e delle imposte dirette. Un’efficace azione di contrasto all’evasione Iva, quindi, potrebbe produrre un recupero di gettito complessivo, considerando anche gli altri tributi, che la Fondazione Nens stima in quasi 59 miliardi di euro l’anno. Un recupero di entrata di queste dimensioni, si afferma nello studio della Fondazione Nens, rischierebbe, paradossalmente, di avere un impatto negativo sull’economia nazionale, se non fosse accompagnato dall’immediata redistribuzione delle imposte recuperate, con un’altrettanto drastica riduzione della pressione fiscale, per ridare linfa al sistema economico e sociale del Paese.
Il fenomeno dell’evasione fiscale è troppo complesso e profondo per essere debellato esclusivamente con l’attività di controllo e accertamento, ma necessita di una strategia di contrasto più articolata. L’evasione fiscale va prevenuta, più che combattuta, agendo prima di tutto sulle regole del gioco attraverso misure di carattere legislativo e procedurale, che vadano a interferire in modo mirato con i meccanismi stessi dell’evasione; nonché utilizzando strumenti tecnologici che la rendono più difficile da attuare e più facile da individuare, senza che questo comporti alcun aggravio per chi già paga regolarmente le tasse.
La Fondazione Nens indica quali sono i canali principali attraverso i quali si opera l’evasione del tributo: l’omessa dichiarazione dell’Iva al consumo, l’omessa dichiarazione di cessioni intermedie fatturate, l’omessa fatturazione/dichiarazione di cessioni intermedie di beni non detraibili, la falsa fatturazione, l’uso strumentale delle aliquote. Ecco, allora, quali sarebbero le misure utili per contrastare questi fenomeni e ottenere il maggiore gettito considerato recuperabile.
Adozione di un’aliquota Iva unica. L’aliquota unica può essere stabilita in modo da lasciare invariato il carico fiscale complessivo, ma con il vantaggio di recuperare l’evasione dovuta all’uso strumentale delle aliquote. Una via intermedia consisterebbe nel lasciare in vigore l’aliquota ridotta solo per i prodotti alimentari o le abitazioni principali.
Applicazione dell’aliquota ordinaria agli scambi intermedi. Poiché la percentuale di evasione sulle cessioni al consumo finale è molto maggiore di quella sugli scambi intermedi, spostando la tassazione verso questi ultimi, attraverso l’innalzamento dell’aliquota intermedia, si ottiene una riduzione dell’evasione complessiva. In alternativa, si potrebbe applicare il metodo “base da base analitico” alle cessioni al consumo finale del commercio; il metodo è già utilizzato nel nostro ordinamento, seppur limitatamente a pochi casi specifici (es. beni di antiquariato e pacchetti di viaggio). Oltre al recupero di gettito, questa misura comporterebbe una riduzione dei crediti e l’abbattimento delle false compensazioni orizzontali.
Introduzione dello scontrino telematico. La trasmissione per via telematica al Fisco degli importi relativi alle vendite per le quali viene rilasciato lo scontrino fiscale dovrebbe determinare un incremento dell’Iva dichiarata.
Pagamento con carta elettronica delle prestazioni professionali. L’obiettivo è simile a quello degli scontrini telematici: fare sì che gli importi incassati a fronte delle ricevute emesse siano tutti dichiarati dai professionisti. Il meccanismo potrebbe funzionare così: la banca riversa i pagamenti effettuati con carta elettronica su un apposito conto corrente intestato al professionista (così come avviene nel commercio per i pagamenti tramite POS; al conto è abbinata una “carta elettronica di servizio” con la quale il professionista è tenuto a simulare il pagamento quando il cliente paga con altri strumenti (contanti, assegno, bonifico); in tal caso la banca registra il pagamento, senza effettuare alcun versamento (entrate=uscite); la banca fornisce una ricevuta del pagamento (lo scontrino rilasciato dal POS), che diventa parte integrante della ricevuta fiscale rilasciata dal professionista.
Applicazione del “reverse charge” alle operazioni intermedie. In questo caso l’operazione imponibile è l’acquisto, anziché la cessione: l’acquirente emette la fattura e si addebita l’Iva dovuta allo Stato. Il recupero di gettito è frutto di due diversi fattori: la scomparsa dell’evasione intermedia, dovuta al fatto che non circola più Iva; l’incremento delle cessioni dichiarate per mantenere alto il margine di guadagno esposto, non essendo più possibile alterarlo con l’omessa dichiarazione degli acquisti. Ma soprattutto, il regime di reverse charge produrrebbe effetti positivi sulle cessioni al consumo finale. L’omessa dichiarazione di parte degli acquisti autofatturati, al fine di esporre un margine di guadagno maggiormente credibile, sarebbe accertabile d’ufficio partendo dagli “Elenchi clienti e fornitori”.
Per potere applicare il reverse charge in modo generalizzato, però, serve l’autorizzazione della Ue, per la quale già la Germania ha presentato analoga richiesta. Questa circostanza potrebbe comportare la necessità di limitare inizialmente l’applicazione del nuovo regime solo ad alcuni settori specifici, quali il commercio al minuto e all’ingrosso.
Introduzione della fatturazione telematica. Produrrebbe risultati simili al reverse charge, anche se di minore entità. Si tratterebbe di introdurre l’obbligo di fatturazione delle operazioni intermedie attraverso l’utilizzo di una procedura informatizzata, che preveda la trasmissione in via telematica al Fisco delle informazioni contenute nelle fatture, al fine di evitare l’omessa dichiarazione delle operazioni intermedie, tanto in vendita quanto in acquisto.
Accredito diretto sul bilancio dello Stato dell’Iva a carico delle PA. Si tratterebbe di fare versare dalle Pubbliche amministrazioni l’Iva dovuta per acquisti e investimenti direttamente su uno specifico capitolo d’entrata del bilancio dello Stato anziché ai propri fornitori. Di conseguenza, scomparirebbe l’obbligo per i fornitori di anticipare (per competenza) l’Iva non ancora incassata (per cassa) e potrebbero essere cancellate tutte le norme agevolative introdotte per differire il versamento al momento del pagamento.
Secondo la Fondazione Nens, se attuate completamente queste misure potrebbero fare crescere il gettito Iva, a regime, di circa 27 miliardi di euro. Però produrrebbero conseguenze positive anche sul gettito dei tributi diretti e dell’Irap, calcolate in ulteriori 32 miliardi di gettito Irpef, Ires e Irap, a regime. La Fondazione Nens rileva, peraltro, come per l’applicazione di queste innovazioni siano necessarie alcune autorizzazioni dell’Unione europea.