Il colpo di scena dell’ultimo minuto in cui molti credevano (o speravano) non c’è stato: Donald Trump è ufficialmente il candidato del Partito Repubblicano alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti del prossimo 8 novembre.
L’investitura formale è arrivata ieri nel corso della convention repubblicana a Cleveland. Il magnate ha raggiunto la fatidica soglia dei 1.237 delegati grazie alla delegazione della sua New York.
“È un grande onere essere nominato per la candidatura repubblicana alla presidenza degli Stati Uniti – ha scritto Trump su Twitter –. Lavorerò sodo e non vi deluderò mai”.
E così il tycoon newyorkese, contro ogni previsione, è diventato il vero protagonista di questa stagione politica americana, con i suoi modi decisi e anche i suoi eccessi verbali contro l’Islam, contro gli immigrati messicani e sudamericani, contro i rifugiati siriani. Senza contare le controverse prese di posizione sessiste e maschiliste, che hanno fatto infuriare molte donne, e le sue posizioni anti-establishment che hanno messo in seria difficoltà il Partito repubblicano, aprendo di fatto una profonda crisi nella formazione storica della destra politica americana.
A questo punto, manca solo l’ufficializzazione della nomination democratica di Hillary Clinton, attesa nella convention democratica di Filadelfia la prossima settimana. Poi inizierà la corsa per la sfida finale.