Non sono rari gli anni in cui il mese di Agosto presenta sorprese. Anche quest’anno il mese ha presentato un andamento a dir poco movimentato, che come vedremo ha sparigliato alcune carte e rotto correlazioni consolidate. Esaminiamo via via i vari mercati e comparti cercando di dare un ordine e una interpretazione a quanto successo.
Tutto ha avuto inizio dalla Cina, quando i mercati a Giugno hanno iniziato a rendersi conto che la crescita del 65% della Borsa da inizio anno era incompatibile con i tassi di crescita in rallentamento dell’economia cinese, e in gran parte frutto dell’apertura ai privati dei mercati azionari, secondo meccanismi perversi già analizzati nella precedente newsletter 136 del 18/7.
L’indice di Shanghai venerdì ha chiuso a 3232 punti, ritornando esattamente da dove era partito il 1/1 di quest’anno. Questa parabola ha ridotto in parte gli eccessi e spazzato via una buona parte dei risparmi dei privati che si erano avventurati in Borsa. La volatilità giornaliera che è veramente impressionante: sono frequenti i movimenti al rialzo o al ribasso attorno ai 200 punti (oltre il 6% giornaliero).
Nel corso del mese le autorità monetarie cinesi hanno usato diversi “armamenti” sempre più pesanti per contrastare sia il rallentamento dell’economia sia il calo delle Borse, a volte le misure sono apparse in parziale contraddizione, e in sintesi si possono così riassumere:
1. Svalutazione dello yuan
L’11 agosto la Banca del popolo cinese (Pboc) ha annunciato un deprezzamento “tecnico” dello yuan, e una modifica delle modalità di ca lcolo del cambio ufficiale. La manovra sembrava l’inizio di una brusca svalutazione, e si è tornati a parlare di “guerra delle valute”. La Banca del popolo ha tentato di smorzare le aspettative ed è poi intervenuta ridimensionando la flessione dello yuan c he ieri appariva contenuto al 4,1%.
2. Taglio dei tassi di interesse
Il 24 agosto la PBOC h a tagliato i tassi di interesse sui depositi e sui prestiti, per la quarta volta in un anno. I tassi sui prestiti, in particolare, sono scesi al 4,60%. La mossa era il settimo taglio effettuato dalla banca centrale in questo ciclo espansivo della politica monetaria che è iniziato a giug no 2012, ma che ha avuto una lunga pausa tra il luglio di quell’anno e il novembre del 2014.
3. Tagli alle riserve
Oltre al taglio dei tassi, la PBOC ha deciso il 24 agosto, per la terza volta in un anno, di ridurre la riserva obbligatoria delle grandi banche, passat a dal 18,5% al 18% dei depositi). Le riserve obbligatorie sono lo strumento principale della politica monetaria cinese e appaiono ancora piuttosto elevate . Ana logamente sono state abbassate di 0,50 punti anche le riserve delle banche specializzate in aziend e piccole, medie e agricole, e di tre punti quelle delle società di leasing finanziario e automobilistico.
4. I Fondi Pensione locali
Le autorità cinesi sono anche intervenute su alcuni settori specifici a sostegno dell’econom ia e dei mercati. Il 23 agosto è stato permesso per la prima volta ai fondi pensione locali di acquistare titoli azionari. Questi fondi si aggiungono a quello che è stato chiamato il “national team”, o team nazionale di inve stitori pubblici – principalmente banche – che nelle ultime settimane hanno acquistato azioni per sostenere il mercato. La decisione è apparsa in contrasto con l’annuncio della Csrc, la Commissione di controllo sui mercati, che il 14 agosto aveva espresso la volontà di lasciare alla domanda e all’offerta la determinazione dei prezzi.
Difficile ora dire come si muoverà la Borsa cinese. Gli eccessi della prima parte dell’anno si sono ora riassorbiti anche se non va dimenticato che nel 2014 già la borsa era cresciuta del 50%.
Azionario USA
Nonostante il rimbalzone degli ultimi giorni è necessario un pronto recupero ancora nelle prossime d ue settimane per evitare una configurazione nettamente ribassista:
Che la situazione sia particolarmente nervosa è rappresentato anche dall’indice VIX che misura la volatilità media delle opzioni quotate al CBOE. L’indice ha toccato quota 52 lunedì scors o in intraday per poi rientrare e chiudere a 26, un valore comunque sostenuto nonostante la chiusura di venerdì sia stata positiva.
Il dibattito in USA è ormai da settimane se e quando la Fed alzerà il costo del dena ro, e a questo proposito riportiamo un parere di Mark Haefele, Chief Investment Officer di UBS: Nemmeno Janet Yellen sa quando e a quale ritmo la Fed alzerà il costo del denaro. Più che la data del primo intervento, ciò che conta è la continua rassicurazione da parte della Fed che la decisione «dipenderà dai dati»: è il modo della banca centrale di dire «vi copriamo le spalle».
Questo messaggio è stato nuovamente ribadito a inizio mese da Dennis Lockhart, presidente della Fed di Atlanta, che ha sottolineato come la priorità della Fed sia assicurare il lieto fine della storia dell’economia statunitense. Un punto di vista ampiamente condiviso: David Miles, esponente della Bank of England, ha recentemente dichiarato che la data del primo rialzo dei tassi è molto meno importante del percorso che porterà l’economia britannica verso la stretta monetaria.
Secondo la Fed, i dati economici statunitensi sono abbastanza solidi da giustificare l’avvio dell’inasprimento monetario, ma i bassi livelli d’inflazione consenton o di non prendere decisioni affrettate. Nel corso del prossimo anno la crescita del PIL dovrebbe mantenersi intorno al 2 – 3%, mentre l’inflazione strutturale è prevista in graduale aumento fino all’1,5 – 2,0%. In questo quadro, ci aspettiamo che la Fed alzi i tassi d’interesse all’1% circa entro fine 2016, in linea con le attese del mercato.
L’inflazione al di sotto del tasso obiettivo del 2% della Fed consentirà alla banca centrale di innalzare il costo del denaro in modo «paziente e a un ritmo ponderato», pe r usare le parole di Lockhart. Il primo intervento restrittivo giungerà a nostro avviso a settembre. È vero però che probabilmente la Fed agirà con prudenza e, in caso di dubbi, potrebbe aspettare ancora.
Ovviamente, in presenza di una marcata accelerazione degli indicatori economici, una politica monetaria della Fed che «dipende dai dati» deve assumere un orientamento più aggressivo: ad esempio, una crescita del PIL superiore al 3,5%, un calo della disoccupazione sotto il 5% e/o un rapido aumento dell’infl azione verso quota 2% costringerebbero la banca centrale ad attuare rialzi ravvicinati.
Ma se l’annuncio di un inasprimento monetario meno graduale del previsto venisse inserito nel contesto di una ripresa più robusta, il mercato dovrebbe reagire favorevolmente. Storicamente, i rialzi dei tassi d’interesse accompagnati da una crescita dell’economia hanno sostenuto i mercati azionari.
Negli ultimi 60 anni le azioni statunitensi hanno guadagnato in media il 9,4% nei 12 mesi successivi al primo intervento operato dalla Fed nell’ambito di un nuovo ciclo restrittivo.
Petrolio
L’andamento del prezzo del petrolio negli ultimi 12 mesi è stato pessimo. E’ particolarmente interessante il dato statistico che fa rilevare Chris Kimble di Kimble Charting Solutions.
La performance a 12 mesi del prezzo del petrolio è fra le quattro peggiori di sempre. Curiosamente in tutti e quattro i casi il petrolio ha perso sempre il 60% in 12 mesi, qui di seguito il dettaglio: L’osservazione interessante di Kimble è che nei successivi 12 mesi, la performance nei precedenti tre casi è stata dell’ordine del 100%: E’ evidente che non sempre la storia si ripete, tuttavia l’osservazione statistica è curiosa e porta a stimare un prezzo obiettivo di 76 dollari al barile di qui a 12 mesi.
Cambio EUR/USD
Anche il cambio EUR/USD nel cor s o della settimana è stato soggetto ad una volatilità giornaliera raramente riscontrata in passato, il massimo e il minimo della settimana sono stati rispettivamente 1,1714 e 1,1154. Per la prima volta da inizio anno il cross ha superato l’importante resistenza di 1,1480 dove si era fermato altre volte per poi ritracciare velocemente: Da segnalare che ad Agosto si è persa (almeno temporaneamente) la correlazione fra cambio EUR/USD e prezzo del petrolio avviatasi a inizio 2013. Si percepisce bene la correlazione fra le due grandezze, che ad agosto è andata in divergenza con il petrolio che ha continuato a scendere di prezzo mentre il dollaro si è indebolito anziché rafforzarsi.
Un ritardo nell’aumento dei tassi della Fed potrebbe portare il cambio a rompere la resistenza e portarsi verso area 1,20; viceversa un aumento anticipato a settembre potrebbe far ritornare il cambio verso i minimi del primo trimestre in area 1,05.
Governativi area Euro
Nulla di particolare da segnalare, il QE di Draghi contribuisce a mantenere la situazione molto tranquilla, la speculazione si sta sfogando su altri lidi. Il decennale tedesco rende circa 0,75: Situazione tranquilla anche per il BTP Italiano a 10 anni nei dintorni del 2% di rendimento-
Obbligazioni High Yield
Maggiore movimento sul fronte delle obbligazioni High – Yield, più vicine nella loro dinamica all’azionario. C’è stato un certo calo dei prezzi che ha portato i rendi menti di questa categoria di obbligazioni su livelli nuovamente i nteressanti per un acquisto, sia in valuta Euro che in valuta dollaro. La correzione degli ultimi tre mesi è tale da giustificare qualche ingresso o incremento di posizioni.