Quando si parla di architettura italiana è il primo pensiero che gli addetti ai lavori e non solo loro hanno. Renzo Piano è espressione internazionale dell’arte italiana e sarà in mostra presso la Royal Academy di Londra dal 15 settembre al 20 gennaio 2019: «Quello dell’architetto è un mestiere d’avventura: un mestiere di frontiera, in bilico tra arte e scienza. Al confine tra invenzione e memoria, sospeso tra il coraggio della modernità e la prudenza della tradizione. L’architetto fa il mestiere più bello del mondo perché su un piccolo pianeta dove tutto è già stato scoperto, progettare è ancora una delle più grandi avventure possibili», ha detto Piano.
Dopo il Centre Georges Pompidou di Parigi del 1971 e il suo rinnovamento, la realizzazione dell’Auditorium Parco della Musica a Roma tra il 1994 e il 2002, la sede del prestigioso New York Times nella città di New York edificato tra il 2000 e il 2007, The Shard of Glass a Londra del 2012 l’iconico grattacielo a punta che reinterpreta la città con le guglie di Cristopher Wren, arricchendo lo skyline della capitale britannica di un altro gioiello, oggi Renzo Piano torna nella capitale britannica per essere celebrato dalla Royal Academy of Arts con la mostra Renzo Piano: The Art of Making Buildings. La rassegna su Piano – membro onorario della Royal Academy dal 2007 – è ospitata nelle nuove Gabrielle Jungels-Winkler Galleries, progettate da David Chipperfield Architects e inaugurate quest’anno in occasione dei 250 anni della Royal Academy.
L’ esposizione illustra il lavoro di Renzo Piano e del suo Building Workshop in ordine cronologico, passando in rassegna sedici dei suoi progetti più significativi attraverso materiali d’archivio, disegni, schizzi, modelli e fotografie che si propongono di indagare e svelare il metodo di lavoro dell’architetto. Tra questi sedici progetti, scelti dallo stesso Piano, si trovano il Jean-Marie Tjibaou Cultural Centre di Nouméa (1998), il Whitney Museum of American Art di New York (2007 e 2015) e, ancora, lo Shard di Londra. Ognuno di questi progetti occupa un tavolo diverso e intorno a esso ci sono quattro sedie: l’intenzione, come ha spiegato l’architetto, è quella di creare uno spazio che ricordi lo studio di un architetto e di incoraggiare i visitatori a sedersi e avviare un dialogo sul progetto.
“Mi piace molto essere chiamato costruttore, – ha detto Renzo Piano alla Royal Academy. – Mi piace soprattutto costruire edifici pubblici, lavorare per la gente. Gli architetti non cambiano il mondo, il mondo cambia da solo e noi riflettiamo questi cambiamenti con l’aiuto dei materiali e della tecnologia.”
Il cuore della mostra è costituito da un’installazione – progettata per l’occasione dallo staff di RPBW – che mette insieme cento progetti dell’architetto su un’isola immaginaria e intorno un approfondimento sullo stesso Piano attraverso trentadue fotografie in bianco e nero di Gianni Berengo Gardin e un film-documentario realizzato appositamente e diretto da Thomas Riedelsheimer.
La mostra è accompagnata da un catalogo a colori, con un’introduzione della curatrice Kate Goodwin e un’intervista inedita all’architetto a cura del giornalista Sir John Tusa, oltre a una serie di saggi scritti da esponenti importanti del mondo della cultura, dell’architettura e della politica che esplorano diversi aspetti dell’opera di Piano e del suo approccio alla progettazione.
A proposito dell’esposizione Renzo Piano ha affermato che “La mostra intende mostrare come la costruzione di edifici sia un gesto civico e di responsabilità sociale. Credo appassionatamente che l’architettura sia un luogo di incontro e di condivisione di valori”.