Gli abitanti del Palazzo lo hanno accolto con freddezza tanto da far capire che la navigazione parlamentare del nuovo governo non sarà semplice anche perché le cose da fare sono molte e bisogna farle con urgenza.
Al di là della questione puramente politica sulla riforma della legge elettorale e sui tempi delle riforme costituzionali che cela le speranze di qualcuno ed i timori di altri di quando si potrà tornare al voto, quello che non viene messo a fuoco con chiarezza nel discorso programmatico è il senso profondo delle proposte di politica economica che Renzi ha avanzato. Sfrondando il discorso dai molti aspetti retorici ( forse troppi ), sembra di capire che il progetto del nuovo Governo è in primo luogo quello di ridare liquidità alla imprese attraverso il pagamento integrale dei debiti della PA verso le imprese e la creazione di un fondo di garanzia per il credito alle piccole e medie imprese. In questo campo esistono già due progetti concreti della Cassa DDPP e di Luigi Abete che consentono, senza allargare il deficit ed il debito dello Stato, potrebbero mettere a disposizione delle imprese una ingente massa di risorse finanziarie. E questo è sicuramente un problema fondamentale da affrontare con urgenza.
Il secondo punto è quello di una riduzione del cuneo fiscale a doppia cifra già nel primo semestre del 2014. Su questo Renzi è stato vago non indicando da dove pensa di reperire le risorse per fare una manovra che occhio e croce non costerebbe meno di 10 miliardi. Infatti il neo presidente del Consiglio, non ha nominato la spending review, nè ha parlato di vendita dei beni pubblici o di risanamento delle tante aziende pubbliche che perdono soldi. Se poi si considera che Renzi ha promesso un grande piano per l’edilizia scolastica ed ancora di più l’avvio di una riforma del mercato del lavoro che si basa su un sostegno generalizzato ai disoccupati ( a fronte di un sistema più stringente di riavvio al lavoro) allora davvero non si capisce da dove possono arrivare tante risorse in tempi così brevi. Forse in questi campi andrebbero ben calibrate delle priorità.
Poco spazio è stato dedicato al tema della competitività delle imprese, a parte un accenno, non certo convincente ad una politica dei settori, che non è la ricetta giusta in una fase in cui è la competitività generale di sistema che rappresenta un ostacolo formidabile alla crescita dell’intera economia.
Chiara per contro è stata la posizione sull’Europa e sull’Euro. Non si deve uscire dall’ Europa e dall”Euro ma, come ha detto Renzi, occorre fare da subito una serie di riforme sia economiche che istituzionali per poter avere la credibilità di poter giocare nel semestre di nostra presidenza la carta per cambiare un po’ la politica economica europea, aggiungendo al rigore azioni concrete sulla crescita.
Due altri punti sono stati ampiamente trattati da Renzi e cioè la riforma della Giustizia e quella della PA. Si tratta di riforme che hanno oltre che un valore sociale e politico anche una forte valenza economica proprio perché si tratta di due ostacoli formidabili per gli investimenti sia degli imprenditori italiani che di quelli internazionali. Sulla PA non sono stati enunciati dettagli tranne l’inserimento di un concetto nuovo e molto importante e cioè che i dirigenti della PA devono poter essere valutati in base ai “risultati”.
Infine è particolarmente importante l’enfasi posta sulla ” credibilità” e sulla necessità di riconquistare la” fiducia” dei cittadini e delle cancellerie internazionali che non capiscono la politica italiana, i nostri ritardi, i nostri bizantinismi. E per farlo bisogna avviare le riforme istituzionali incrociandole con provvedimenti capaci di sostenere la congiuntura. La strada è impervia. E’ positivo però che di questo Renzi sembra perfettamente consapevole. E questo è sicuramente un buon punto di partenza. Ma il traguardo è lontano.