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Relazioni industriali, la prima sfida del dopo-Squinzi

Un imprenditore del Sud emblematico dell’esistenza di un Mezzogiorno diverso, non clientelare, ma proiettato sui mercati internazionali. Vincenzo Boccia ha battuto sul filo di lana l’emiliano Alberto Vacchi, che pure rappresenta il meglio della media impresa italiana capace di crescere attraverso l’innovazione tecnologica e l’export. La battaglia per la presidenza della Confindustria, se da un lato ha portato a confrontarsi due personalità eccellenti, dall’altro ha messo in mostra alcune carenze del sistema elettorale che non hanno consentito un confronto aperto ed approfondito sui programmi dei vari candidati, e che probabilmente andrebbero riviste anche per impedire padrinaggi o promesse di incarichi in cambio di voti.

La carica innovativa di Boccia si potrà valutare nelle prossime settimane, quando sarà presentato il programma e la squadra che dovrà affiancarlo nella gestione dell’associazione. Molti sostengono che l’imprenditore salernitano per la sua lunga frequentazione dei vertici di Confindustria rappresenti una linea di continuità con l’attuale presidenza di Giorgio Squinzi e con quella di Emma Marcegaglia, oggi presidente dell’Eni e della Luiss. Ma le passate vicende confindustriali hanno spesso dato poche soddisfazioni ai veri o presunti padrini dei nuovi presidenti che, una volta insediati, hanno preso a ragionare con la propria testa.

Al di là dei giochi di palazzo che alimentano il gossip, ma in realtà hanno poi un peso limitato sulle scelte politiche, Boccia si trova di fronte a tre grandi problemi che dovrà affrontare subito con metodi e determinazione nuovi rispetto al passato.

Il primo riguarda le nuove regole delle relazioni industriali. Se gli ultimi tre presidenti, Montezemolo, Marcegaglia e Squinzi, su questo terreno non hanno fatto decisivi passi in avanti è a causa non solo dell’opposizione del sindacato, ma anche per le divisioni all’interno del mondo confindustriale. Sono proprio i piccoli imprenditori che vedono nel contratto nazionale un baluardo contro l’ingerenza dei sindacati in fabbrica e sono stati finora dei sostenitori dell’attuale sistema. Boccia in campagna elettorale è apparso molto deciso sulla necessità di favorire in tutti i modi la contrattazione aziendale dove l’aumento delle retribuzioni può essere meglio correlato alla produttività.

Ora, proprio perché è un piccolo imprenditore, dovrà convincere i suoi colleghi ad abbracciare un nuovo sistema di relazioni con i propri dipendenti basate molto di più sul merito individuale e meno sul collettivo classista. I metalmeccanici stanno aprendo una strada nuova, ma subito dopo la Confindustria dovrà negoziare nuove regole per tutte le categorie e se non riuscirà aprire la strada ad un intervento del Governo che attraverso nuove leggi sulla rappresentanza e sulla preminenza della contrattazione aziendale punta a completare la rivoluzione del lavoro iniziata con il Jobs Act.

Ma questo passaggio richiede un profondo cambiamento culturale e questa è la seconda grande sfida del nuovo presidente. Gli imprenditori se vogliono veramente essere una parte importante della nuova classe dirigente, dovranno non solo cambiare se stessi, ma dovranno anche contribuire ad arrestare la deriva anti mercato che sta conquistando larghe masse di popolazione che pensa che ai tanti diritti reclamati a gran voce non corrispondano altrettanti doveri verso il resto della comunità. In questi campi è necessaria una associazione degli imprenditori assai più attiva nei vari campi della scuola, dei beni culturali e nel contrasto delle illusorie violazioni dei principi basilari dell’economia.

Infine la nuova squadra di Confindustria dovrà misurarsi di più con i grandi temi politici che alimentano le paure della gente. Non si tratta di essere più o meno filo governativi, ma occorre impegnarsi di più sui problemi della sicurezza, su quelli europei (non solo economici ma anche riguardanti l’immigrazione), sullo spiegare i problemi ma anche i vantaggi della globalizzazione. Ancora più in generale non può mancare una decisa presa di posizione dei rappresentanti delle imprese su temi cruciali come il ritorno di fiamma dei “nazionalismi” che tanti danni hanno fatto in passato quando si sono affermati anche grazie alla connivenza degli industriali.

La rinascita della Confindustria , man mano che diminuirà il ruolo centrale di gestione dei contratti sindacali nazionali, non passa attraverso il potenziamento del ruolo d lobby come molti pensano, né per l’aumento dei servizi da rendere agli associati. Infatti la lobby centrale è impossibile per i contrasti di interessi che esistono tra le categorie, mentre i servizi, quando servono, verranno forniti dalle associazioni territoriali. Quello che occorrerà potenziare è la rappresentanza politica e culturale, la capacità di elaborare studi e proposte per andare a discutere nelle sedi internazionali e per sostenere le corrette riforme del nostro sistema economico ed istituzionale. Boccia ha spesso affermato di essere “ossessionato dalla crescita “. Giustissimo. Ma oggi la ripresa dello sviluppo passa soprattutto per il cambiamento della mentalità del paese e per l’innalzamento del suo livello di efficienza. Ci vorrà tempo? Forse, ma l’importante è imboccare da subito la strada giusta.

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