Boutade, dibattito estivo o progetto politico per il futuro? E’ difficile inquadrare la proposta lanciata in questi giorni da diversi esponenti politici tedeschi per un referendum popolare sull’Europa. L’idea non è nuova e risale ai tempi dell’introduzione dell’Euro, quando larghe fette dell’establishment teutonico proposero una consultazione popolare per entrare nella moneta unica. Da un anno a questa parte, lo strumento referendario era diventato la bandiera degli euroscettici di ogni partito, convinti di poter mettere i bastoni fra le ruote al Governo, se fossero riusciti ad indire un referendum sulle politiche di salvataggio.
Ora la promozione di una simile iniziativa pare servire interessi opposti o almeno non del tutto contraddittori rispetto alle scelte dell’esecutivo cristiano-liberale di Angela Merkel. Parlando con il quotidiano di Amburgo Hamburger Abendblatt, Rainer Brüderle, ex Ministro dell’Economia e attualmente capogruppo liberale al Bundestag si è detto convinto che «potremmo arrivare ad un punto in cui una consultazione popolare sull’Europa si renderà necessaria». Non diverso il ragionamento del governatore bavarese e leader dei cristianosociali alleati della Cancelliera, Horst Seehofer, secondo il quale vi sarebbero tre settori dove avrebbe senso chiedere il parere dei cittadini: il trasferimento di competenze a Bruxelles, l’ingresso di nuovi Stati membri nell’Unione Europea e gli aiuti finanziari tedeschi ad altri Stati dell’Unione. Un’idea che aveva promosso per primo il Ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, poco prima del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno scorsi. Tale consultazione andrebbe indetta una volta aver modificato la Legge Fondamentale nel senso di ammettere esplicitamente una responsabilità collettiva per i debiti pubblici. La reazione della democrazia cristiana fu tiepida. Secondo diversi esponenti della CDU, non vi sarebbero ancora i presupposti per un referendum, visto che i limiti all’integrazione europea posti dalla Costituzione non sarebbero ancora stati raggiunti. Così si espresse anche la signora Merkel tramite il suo portavoce.
Ora però la questione torna d’attualità. Secondo il settimanale Der Spiegel, anche il Governo starebbe per prendere in considerazione l’ipotesi. Si tratterebbe comunque di un iter lungo, di medio periodo. Il progetto potrebbe peraltro finire nel dimenticatoio, se il prossimo 12 settembre la Corte Costituzionale di Karlsruhe consentisse all’ESM e al Fiscal Compact di entrare in vigore. Il dibattito pare insomma condizionato dall’appuntamento più importante al rientro dalla pausa estiva: la sentenza proveniente da Karlsruhe. E’ possibile infatti che i giudici dalla toga rossa posticipino ancora una volta l’entrata in vigore dei due trattati, avanzando dubbi sulla legittimità costituzionale. Il nocciolo della questione è la sovranità parlamentare sul bilancio. Meccanismi finanziari che la compromettano o rendano imprevedibile la sua approvazione da parte del Bundestag rischiano di una bocciatura. L’ESM potrebbe essere un meccanismo di questo tipo. E’ possibile quindi che sia la Corte stessa, come fece al paragrafo 228 della sentenza sul Trattato di Lisbona del 2009, a suggerire l’indizione di un referendum, qualora la classe politica ritenesse imprescindibile il passo verso una responsabilità collettiva per i debiti pubblici degli Stati membri.