Domenica 22 ottobre i cittadini di Lombardia e Veneto sono chiamati alle urne per i referendum sull’autonomia regionale.
Dati gli ultimi casi di cronaca politica provenienti dalla Catalogna, meglio specificare subito: si tratta in entrambi i casi di consultazioni legali, indette in accordo con il Governo, il cui scopo non è ottenere l’indipendenza dall’Italia, ma dare avvio ad una procedura prevista dall’articolo 116 della Costituzione, attraverso la quale le Regioni possono chiedere più autonomia per gestire le proprie risorse.
Essendo referendum consultivi, il risultato non sarà vincolante né per l’Esecutivo centrale né per Lombardia e Veneto, ma ma il loro peso sarà più che altro politico. Non scatterà dunque nessuna autonomia, però in caso di vittoria del Sì i due governatori potranno presentarsi al tavolo delle trattative da intavolare con il Governo forti del supporto dei cittadini.
Referendum sull’autonomia: chi, come e quando si vota
Possono recarsi alle urne tutti i cittadini residenti in Lombardia e in Veneto regolarmente iscritti alle liste elettorali. Il seggio corrisponderà a quello indicato sulla propria tessera elettorale. Si potrà votare per tutta la giornata di domenica 22 ottobre, dalle 7 del mattino alle 23 di sera.
In Veneto si userà la scheda cartacea mentre in Lombardia si inaugurerà una nuova era. Non a caso, a Milano si parla già di “referendum del tablet”. Il voto sarà espresso tramite un sistema di E-voting (si voterà cioè tramite dispositivi elettronici) gestito dalla piattaforma digitale della società Usa Diebold-Nixdorf.
L’agenzia interinale Manpower si è occupata invece di formare e assumere 7mila “digital assistant” da impiegare nelle varie province lombarde allo scopo di assistere presidenti di seggio e scrutatori.
Da sottolineare che in Lombardia non c’è quorum (così come previsto dalla legge per i referendum consultivi), mentre per quanto riguarda il Veneto, la normativa regionale stabilisce che per considerare valido il risultato, dovranno andare a votare almeno il 50 per cento più uno dei votanti.
Referendum sull’autonomia, per cosa si vota? I quesiti
Come detto in precedenza, i referendum hanno lo scopo di chiedere ai cittadini di Veneto e Lombardia se vogliono che le loro rispettive giunte richiedano allo Stato una maggiore autonomia.
In Lombardia il quesito sarà il seguente:
“Volete voi che la Regione Lombardia, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma della Costituzione?”.
In Veneto invece gli elettori dovranno rispondere a questa domanda?
“Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”.
Referendum sull’autonomia: cosa prevede la Costituzione?
In base a quanto previsto dalla carta costituzionale e più precisamente dall’articolo 116 del Titolo V (quello che coordina il rapporto tra Stato e Regioni), gli enti locali con i bilanci in ordine hanno la possibilità di richiedere al Governo una maggiore autonomia consistente in un ampliamento delle proprie materie di competenza.
Da sottolineare che per ottenere più autonomia non è necessario un referendum, ma le Regioni possono attivare la procedura prevista anche senza passare dalle urne. Nel caso in cui Stato ed enti richiedenti raggiungano un accordo, quest’ultimo dovrà passare al vaglio delle due camere parlamentari che dovranno dare il via libera a maggioranza assoluta.
Cosa succede se vince il Sì? E se vince il No? L’autonomia non va confusa con lo statuto speciale. Sempre l’articolo 116 della Costituzione stabilisce infatti che le Regioni a statuto speciale siano cinque: Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige/Südtirol, Valle d’Aosta.
Per ottenere gli stessi diritti dei territori sopra indicati occorrerebbe dunque una modifica della Carta.
Lo scopo di questi referendum è ottenere una maggiore forza politica nella procedura. Anche in caso di vittoria del Sì dunque il risultato sarà solo ed unicamente questo. Nessuna autonomia e nemmeno la trattenuta di 27 miliardi di euro di imposte paventata da alcuni politici.
In caso di vittoria del No invece Maroni e Zaia potranno comunque portare avanti le trattative per l’autonomia, ma con una minor forza politica derivante dal mancato appoggio popolare.
A pesare però in questo caso sarà l’affluenza: la vittoria del Sì sembra infatti essere scontata, ma bisognerà vedere quanti cittadini andranno a votare e quanti decideranno di astenersi. In caso di alta astensione il percorso verso l’autonomia riceverebbe comunque un pesante contraccolpo.
Referendum sull’autonomia: quanto costano?
Il costo di questi referendum non è da sottovalutare. Per quanto riguarda la Lombardia, la spesa prevista è di quasi 50 milioni di euro, di cui:
- 24,6 milioni di euro per coprire le spese dei Comuni e pagare il personale di seggio,
- 11,1 milioni per l’acquisto delle macchine per il voto elettronico,
- 4,4 milioni per il software di Diebold-Nixdorf,
- 4,4 milioni per il servizio di assistenza tecnica e per la formazione del personale addetto ai tablet.
- 3,3 milioni per attività di comunicazione e promozionali
Non solo, negli ultimi giorni le cifre sono ulteriormente lievitate dato che il ministero dell’Interno ha chiesto ad entrambe le Regioni di rimborsare le spese dello Stato Centrale per gli straordinari delle forze dell’ordine chiamate a vigilare sui seggi. Per la Lombardia il conto è di 3,5 milioni di euro, per il Veneto di 2.